Massimo Sideri per il “Corriere della Sera”
stazione spaziale
È difficile guardare alla Stazione Spaziale Internazionale come a uno dei tanti scenari dell'escalation della tensione tra Russia e Occidente, senza caricarla di un pericoloso valore indiziario.
Non solo perché la conquista dello spazio - dalla beffa della prima bandiera sovietica fatta letteralmente schiantare sulla Luna nel 1959 a Gagarin, primo «comunista» nello Spazio nel 1961, fino all'allunaggio Usa nel 1969 - è stato lo strumento di comunicazione più potente dello scontro tecnologico tra Usa e Urss durante la Guerra Fredda.
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Ma anche perché l'annuncio oggi non arriva da un uomo qualunque della nomenclatura putiniana, ma dall'ex vicepremier della Federazione Dmitry Rogozin, capo della Roscosmos (l'agenzia spaziale russa), loquace e aggressivo falco dell'ala più estrema che rivorrebbe una nuova deriva dei continenti geopolitici, dopo una pangea faticosamente messa insieme dal 1991.
Rogozin, spesso davanti alle telecamere russe, può sembrare un consumato uomo da talk show, sempre pronto a spararla grossa, ma è in realtà un calcolatore sottile: anticipa come battuta iperbolica quella che è un'idea che si sta sviluppando come una muffa nel suo laboratorio politico.
Usa la tv e i social per fare dei carotaggi mediatici. Era stato lui a dire che, a causa delle sanzioni occidentali, la Iss sarebbe potuta cadere sulla Terra (aggiungendo divertito che l'orbita della Stazione è tale per cui non sarebbe potuta cadere sulla madre Russia).
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Inoltre fin dall'inizio dell'aggressione russa all'Ucraina aveva fatto preparare dalla Roscosmos un filmato digitale in cui i moduli russi della Iss si staccavano da quelli occidentali (cosa peraltro impossibile).
Per questo motivo, per quanto non se ne conosca la data, l'abbandono della Stazione Spaziale Internazionale da parte dei russi è come un diamante che trasmette in tutte le direzioni indizi: sui tempi lunghi della guerra. Sul superamento di un punto di non ritorno verso una nuova «globalizzazione fredda» tra blocco asiatico e occidentale.
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Sul fallimento della diplomazia scientifica, un meccanismo che ha funzionato anche durante la Guerra Fredda e che solo un mese fa, con l'abbraccio tra i nuovi cosmonauti e gli americani, sembrava lasciare lo Spazio affrancato dalla forza di gravità della guerra.
E un ultimo indizio su una specie di trappola economica per topi occidentali: Rogozin sa bene che la Iss è vecchia. Ha già la data di scadenza: 2030. Precipiterà in maniera programmata sul Point Nemo, nel Pacifico, il luogo più distante da tutte le terre emerse, il cimitero dei satelliti dove è annegata anche la Mir, la stazione russa.
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Non dicendo quando, ma preannunciando che la collaborazione ha anch'essa una data di scadenza, Rogozin sta sibilando tra le righe che la Russia vuole lasciare il salato conto di dismissione da pagare. Non certo un bel clima da gestire per Samantha Cristoforetti che, prima del 24 febbraio, sarebbe dovuta partire per prendere il comando dell'intera Stazione (parla anche russo). E che comunque è la leader del gruppo occidentale. Al suo arrivo ha scoperto che i cosmonauti Oleg Artemyev e Denis Matveev, giovedì, avevano approfittato dell'attività extraveicolare per far sventolare nel vuoto cosmico la replica dello Stendardo della Vittoria, issato sul Reichstag il 1 maggio 1945. Lo stesso che le truppe russe lasciano in Ucraina.
La stazione spaziale internazionale
L'annuncio è anche una cartina di tornasole dei tempi del conflitto: lunghi, più di quanto ci si aspettasse. A questo punto con la rottura della pangea costruita faticosamente già dai tempi di Ronald Reagan e Michail Gorbaciov (la Iss era in origine lo scudo stellare Usa, riconvertito grazie allo scongelamento della Guerra Fredda), è probabile che la Russia si metta in scia con una emergente forza spaziale, la Cina, che ha da poco riportato dalla Luna delle pietre.
L'Europa ne risentirà pesantemente. Con la Russia dovevamo portare il primo Rover Esa, con tecnologia italiana, su Marte. Ora è parcheggiato a Torino. Ed è difficile che da lì si potrà spostare.