Danilo D’Anna e Tommaso Fregatti per “La Stampa”
IL POST DI ALBERTO SCAGNI PER IL MATRIMONIO DELLA SORELLA ALICE
Ha ucciso la sorella con diciassette coltellate alla schiena e tre all’addome. Un delitto, quello che si è consumato la sera del 1° Maggio in un quartiere residenziale nel levante genovese, probabilmente premeditato, come sospetta la procura di Genova. E solo un'ipotesi che però potrebbe essere confermata nelle prossime ore, quando verrà chiesta la convalida dell'arresto di Alberto Scagni, 42 anni disoccupato, al giudice per le indagini preliminari.
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L'uomo è accusato di omicidio volontario aggravato: quando è stato fermato dagli agenti delle Volanti, a poco più di un chilometro dal punto dove giaceva la sorella Alice senza vita, era ancora sporco di sangue e aveva un coltello in mano. Il killer davanti alla polizia si è lasciato andare a una sorta di confessione: «Sono stato io. La mia famiglia non mi dava più soldi, non potevo più vivere in quel modo».
Parole pronunciate senza un legale accanto, e quindi per il momento senza valore. Sono le 21 di domenica quando Alice Scagni, 34 anni, giovane mamma, contabile, ex ballerina di danza classica e campionessa di sci, esce di casa per portare fuori il suo cane, un bracco Weimaraner, lasciando nell'abitazione il figlioletto di un anno e mezzo a giocare con il marito Gianluca Calzona, 35 anni, commercialista nello studio Torazza Papone, uno dei più noti in città della Lanterna.
ALBERTO SCAGNI
Siamo in via Fabrizi, quartiere di Quinto al mare. Sotto casa ad aspettarla, in quello che per la polizia, nel contestare la premeditazione dell'omicidio, catalogherà come «agguato in piena regola», c'è il fratello Alberto.
Una personalità problematica, ma mai certificata dal servizio di igiene mentale, che dopo aver perso il posto di lavoro come segretario in uno studio legale e prima nella grande distribuzione alimentare si è tuffato nell'alcol e nelLe droghe leggere. E che, lo racconteranno gli stessi genitori, taglieggia sistematicamente i familiari per avere i soldi per vivere.
La madre della vittima e del killer, dirigente di una filiale della Carige, accorsa sul luogo del delitto, agli agenti ha urlato tutta la sua rabbia mentre il medico del 118 diceva che per la figlia non c'era più niente da fare: «Dovevate fermarlo, dovevate prenderlo prima che facesse tutto questo. Ho chiamato, vi ho chiesto aiuto, ma non avete fatto nulla».
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Pure i vicini di casa di Alberto, nel quartiere popolare di Sampierdarena, volevano fermarlo. Per i suoi continui dispetti al condominio: porte blindate colpite con una mazza o un martello, citofoni bloccati con gli stuzzicadenti nel cuore della notte. Anche la porta della nonna di Alberto, che abita nello stesso pianerottolo del nipote, è stata danneggiata.
Qualcuno le ha dato fuoco, non si sa chi. È successo 24 ore prima dell'omicidio di Quinto. Per sicurezza l'anziana è stata portata in campagna ed è all'oscuro del delitto. Alberto nei mesi scorsi alla sorella aveva mandato dei messaggi per chiederle come andava, poi era diventato aggressivo. Domenica sera la sua rabbia è esplosa.
«È stato così insistente nel suonare a casa della sorella che ha rotto addirittura il campanello», racconta un vicino che vive nella palazzina dove, a pochi passi, la trentenne è stata straziata dai fendenti. Il fratello, nascosto dietro a un motorino, è lì che raggiunge la sorella. Tra i due nasce una discussione accesa. Certificata da altri vicini che, allarmati per le urla, telefonano alla centrale operativa della polizia descrivendo «una lite in famiglia». È qualcosa di più, purtroppo. Il marito della donna si affaccia al balcone, intuisce quel che sta avvenendo ma non scende perché, come racconterà la madre Roberta, suocera della vittima, «aveva paura che volesse uccidere anche il figlio di un anno e mezzo».
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Scenderà poco dopo, ma ormai c'è più nulla da fare. Il commercialista, però, comunque non avrebbe avuto il tempo di salvare la moglie. Alberto ha colpito Alice con un coltello che aveva fotografato e postato su Facebook. La sua azione è stata violenta, determinata. Diciassette fendenti alla schiena, tre all'addome, come certifica il sopralluogo del medico legale. Per Alice, non c'è scampo.
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