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    HAITI È OSTAGGIO DELLE GANG – GI OLTRE 200 CLAN CRIMINALI ORMAI SONO PADRONI DELL’80% DELL'ISOLA CARAIBICA. A CAPO DELLA RIVOLTA C'È L'EX POLIZIOTTO JIMMY CHERIZIER, DETTO “BARBECUE”, CHE HA LANCIATO UN’OFFENSIVA ARMATA PER ARRESTARE I MINISTRI DEL GOVERNO PROVVISORIO E IL CAPO DELLA POLIZIA – IL PREMIER, ARIEL HENRY, NON È RIUSCITO AD ATTERRARE ALL’AEROPORTO DI PORT-AU-PRINCE, PRESO D'ASSALTO DAI RIBELLI, ED È SCAPPATO A PORTO RICO...


     
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    1 - AEREO CON A BORDO IL PREMIER DI HAITI ATTERRA A PORTO RICO ++

    Ariel Henry Ariel Henry

    (ANSA) - Un aereo con a bordo il primo ministro haitiano Ariel Henry ha cercato oggi di rientrare ad Haiti, ma ha dovuto rinunciare per il caos negli aeroporti haitiani e per un divieto ad atterrare opposto dalle autorità della Repubblica dominicana. Il velivolo privato, che era partito dall'aeroporto statunitense di Teterboro, nel New Jersey, riferiscono i media dominicani, ha scelto alla fine di dirigersi verso Porto Rico dover è potuto atterrare nello scalo della capitale.

     

    Da alcuni giorni negli ambienti politici haitiani ci si chiedeva che fine avesse fatto Henry dopo aver firmato l'1 marzo a Nairobi, in Kenya, un accordo per la costituzione della Missione multinazionale di sostegno alla sicurezza (Mmas), e nelle reti sociali si supponeva che si fosse trasferito per colloqui negli Stati Uniti.

     

    RIVOLTE A HAITI RIVOLTE A HAITI

    In effetti così è stato perché oggi, a bordo di un aereo privato, Henry ha cercato di far ritorno, se non proprio ad Haiti a causa dell'ondata di violenze scatenata dalle gang criminali a Port au Prince, almeno nella Repubblica Dominicana. Ma le autorità dominicane hanno negato l'autorizzazione all'atterraggio del velivolo del premier haitiano, annunciando addirittura una chiusura dello spazio aereo sull'isola Hispaniola che Santo Domingo divide con Haiti.

     

    A questo punto, anche probabilmente per problemi di carburante, l'aereo si è diretto verso Porto Rico dove è atterrato nell'aeroporto Luis Muñoz Marin della capitale. Dal 29 febbraio le bande criminali haitiane hanno organizzato manifestazioni, assalti a edifici pubblici e alle prigioni, attaccando ripetutamente i due scali aerei di Port au Prince, con l'evidente obiettivo di rendere difficile il ritorno del premier, a cui chiedono da tempo di dimettersi.

     

    2 – HAITI, L’EX POLIZIOTTO “BARBECUE” GUIDA IL COMPLOTTO GOLPISTA

    Estratto dell’articolo di Daniele Mastrogiacomo per “la Repubblica”

     

    jimmy barbecue cherizier jimmy barbecue cherizier

    Haiti brucia ancora, nonostante lo stato di emergenza proclamato dal governo e il coprifuoco imposto per 72 ore. Ci sono scontri sporadici in tutta Port-au-Prince e si sentono raffiche di fucili automatici insieme ai colpi sordi delle esplosioni. La gente resta tappata in casa ma molti, a centinaia, sono fuggiti dai quartieri dove le bande scorrazzano scatenando il terrore.

     

    […]  Le oltre 200 gang sono padrone dell’80 per cento di Haiti. Nella capitale ci sono posti di blocco dove i miliziani taglieggiano e spesso rapiscono chi è costretto a passare. La situazione è fuori controllo. Lo ammettono le stesse autorità, spiazzate dagli assalti che le due principali bande, da sempre nemiche e adesso unite, hanno lanciato da giovedì scorso in quello che appare come un tentativo di golpe.

     

    RIVOLTE A HAITI RIVOLTE A HAITI

    Guidate dall’ex poliziotto Jimmy Cherizier, detto “Barbecue”, le gang hanno lanciato un’offensiva armata che puntava ad arrestare i ministri del governo provvisorio e lo stesso capo della polizia. Hanno prima raggiunto l’aeroporto dove era in partenza il primo ministro Ariel Henry, diretto a Nairobi, e qui hanno tentato di bloccarlo ingaggiando una sparatoria con la sicurezza. Si è scatenato subito il panico e lo scalo è stato sbarrato per impedire che venisse occupato.

     

    jimmy cherizier detto barbecue jimmy cherizier detto barbecue

    Henry è riuscito a partire. I miliziani, oltre 400, si sono diretti di nuovo verso Port-au-Prince decisi ad assaltare i palazzi del potere. Divisi in piccoli gruppi, hanno iniziato ad assediare e poi attaccare le stazioni di polizia. Volevano neutralizzare gli agenti in servizio e impedire che scattasse il piano di emergenza.

     

    […]  Il grosso dei miliziani ha proseguito il suo raid ma ha cambiato il piano, scegliendo di assaltare due carceri. Hanno assediato il penitenziario principale di Haiti mentre un gruppo più piccolo riusciva a sfondare il cancello d’ingresso di quello di Croix-des-Bouquets. Le guardie sono state disarmate, le celle aperte: 3.696 detenuti si sono ritrovati di colpo liberi. Tra i fuggiaschi ci sono tutti i capi delle gang. Il carcere è stato svuotato al 90 per cento.

     

    haiti - persone in fuga da port-au-prince haiti - persone in fuga da port-au-prince

    […] L’ambasciata Usa ha chiesto a tutti i connazionali di lasciare Haiti. A migliaia si sono diretti verso la frontiera con la Repubblica Dominicana. Ma il presidente Luis Abinader ha lanciato un disperato appello chiedendo un intervento internazionale.

     

    Sull’isola l’anno scorso ci sono stati 8.400 morti e migliaia di feriti. Il doppio del 2022. Solo a gennaio le vittime sono state oltre 500. Il primo ministro Ariel Henry aveva giurato di lasciare il potere lo scorso 7 febbraio. Ma poi ha deciso di restare. Si è impegnato a indire le elezioni per il 2025 (Haiti non ha un presidente dal giorno dell’omicidio di Moïse: Henry è la più alta autorità politica). Prende tempo. Con 4mila criminali liberi di agire e ingrossare le fila delle gang, è quasi assurdo pensare a una campagna elettorale per le presidenziali.

     

    jimmy cherizier detto barbecue jimmy cherizier detto barbecue

    Henry punta sul Kenya, l’unico Paese ad aver raccolto l’appello dell’Onu per l’invio di una forza di contrapposizione che aiuti a rimettere ordine. Nairobi ha accettato di inviare 1.000 tra soldati e agenti di polizia. Ma la Corte Suprema ha bocciato la missione dicendo che era incostituzionale. Il premier di Haiti ha firmato un protocollo d’intesa con il presidente kenyano, un piccolo sotterfugio per dare ancora una certa parvenza di legittimità a un governo che nei fatti non esiste. [...]

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