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    HASTA LA PORCHETTA, SIEMPRE! - QUELLA D'ARICCIA È LA PIÙ FAMOSA D'ITALIA, MA LE BUONE PORCHETTE SI TROVANO IN MOLTE ZONE D'ITALIA - LE DIFFERENZE TRA LE PREPARAZIONI REGIONALI? LA SCELTA DEI MAIALI, LE SPEZIE IMPIEGATE, IL FORNO E IL TIPO DI LEGNA USATO PER LA COTTURA - IL "FIL ROUGE" CHE ACCOMUNA TUTTE LE PREPARAZIONI È IL FINOCCHIETTO, IMMANCABILE SIA NEI PIATTI PIÙ "DA STRADA" CHE QUELLI DEGLI CHEF STELLATI…


     
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    Giacomo A. Dente per “il Messaggero”

     

    Montegiove è un borgo di poche anime dell'Alto Orvietano dominato dalla mole del castello medioevale dei marchesi Misciattelli, impegnati da tempo in una colta opera di tutela del territorio e delle sue qualità, anche con vini, premiatissimi come Elicius, godibile uvaggio di Montepulciano e Sagrantino. Ma non è il vino la sola eccellenza, perché ai piedi del borgo si apre la macelleria laboratorio di Franco Zazzarini, Franchino per tutti, norcino come il nonno Napoleone, ma soprattutto porchettaro supremo.

     

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     Per trovarlo conviene prendere un appuntamento, ma è molto più divertente coglierlo col suo furgone mobile in giro per fiere e sagre dell'Umbria. Leader irresistibile, cantante e chitarrista dilettante, bisogna sentire Franchino quando con fare complice declama lo facciamo col mucchio?, dove il mucchio sta per una notevole mole di porchetta che affianca il pane col quale sarà accompagnata.

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    COME DISOSSARE

    «Da noi il segreto sta nella scelta rigorosa dei maiali - spiega Zazzarini - nella cottura dolce in forno a legna (così la porchetta esce morbida e croccante), nella scelta della legna giusta. Si disossa a mano, fegato, stomaco, zampe e orecchie vanno bollite prima di essere impiegate nel ripieno. Ma soprattutto non deve mancare il finocchietto selvatico, che io vado a raccogliermi per campi e che è il profumo che fa la differenza».

     

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    Una differenza che è in qualche modo anche un marcatore culturale che separa la porchetta della Tuscia e dell'Umbria dalla classica porchetta romana, quella che parte dal rosmarino. Basti ricordare l'ambulante evocato da Gadda nel Pasticciaccio: Ciavemo la porchetta signori! La bella porca de l'Ariccia co' un bosco de rosmarino in de la panza! Co' le patatine de staggione! Carne fine e delicata pe' li signori proprio. In questo pensiero gaddiano c'è tutto: il rosmarino, tanto, l'idea del cibo di strada, ma soprattutto la paternità di Ariccia come capitale di questa specialità.

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     E se Ovidio Cioli, sindaco di Ariccia, fu l'inventore della prima sagra, nel 1950, non va dimenticato anche che, dal giugno 2011, la porchetta di Ariccia può vantare la tutela dell'Igp. Chioschi, ambulanti, fraschette, davvero ad Ariccia non c'è che l'imbarazzo della scelta.

     

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    LE COTTURE

    Ma altre porchette buone si possono trovare in giro per l'Italia, specie al Centro, dal Chianti a Campli nel teramano, fino alle Marche o ancora, a Nord, il coscio cotto intero con l'osso, tipico del trevigiano. «Non dimentichiamo però che l'anno scorso il Ny Times ha citato una porchetta siciliana come una delle cinque eccellenze gastronomiche top del mondo - sorride Stefania Agnello, aristocratica siciliana e raffinata trend setter legata al mondo del cibo e dell'ospitalità.

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     «La preparano nel messinese al Vecchio Carro nel parco dei Nebrodi. La concia è ecumenica: rosmarino, finocchietto, cannella, timo e salvia. Ma io trovo tutte da provare anche le cotture cosiddette in porchetta. Vale il coniglio a Rimini, oppure una chicca come la carpa sul lago Trasimeno».

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    La porchetta, street food per eccellenza, non poteva non suggestionare i grandi chef. Su tutti, Mario Uliassi, tre stelle a Senigallia, che propone un panino a tre strati fatto con acqua affumicata (per dare il senso dei vecchi forni) nell'impasto: sopra lardo croccante al forno, in mezzo la porchetta (36 ore di cottura a bassa temperatura con scorza di arancia) e poi cotenna bollita e quindi fritta.

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