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    HERR PATACCA - SI CHIAMA SEROP SIMONIAN, FA IL MERCANTE D’ARTE AD AMBURGO E HA FREGATO 2 MILIONI E 750MILA EURO ALLA COMPAGNIA SAN PAOLO DI TORINO VENDENDO UN FALSO DEL “PAPIRO DI ARTEMIDORO” – “HERR PATACCA” HA 80 ANNI ED ENTRA ED ESCE DA MUSEI DI TUTTO IL MONDO DA UNA VITA INSEGUITO DALLA FAMA DI CHI PORTA REPERTI UNICI. MA ORA UN GIUDICE A PARIGI POTREBBE METTERE IL NASO NEI SUOI AFFARI SCOPERCHIANDO IL VASO DI PANDORA - VIDEO


     
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    Lodovico Poletto per “La Stampa”

     

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    Il luogo è Oberstrasse, viale alberato e case milionarie nella Amburgo più prestigiosa. E riservata. Qui lavora e vive herr Serop Simonian: di mestiere fa il mercante d'arte. Ma, prima di tutto, è il custode di un'infilata di segreti che non svelerà mai a nessuno. Chi compra lo sa: la riservatezza, su certe questioni, è garanzia di ottimi affari.

     

    A Oberstrasse, però, da qualche tempo c'è nervosismo. A Parigi lavora un giudice - tal Jean-Michel Gentil - che vuole arrestare e chiedere l'estradizione per herr Serop Simonian, due suoi figli, e l'uomo che dirigeva la sua galleria privata. Sono tutti - così si sospetta in Francia - coinvolti in un traffico di reperti mediorientali.

     

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    Una storia che da Il Cairo arriva ad Amburgo e poi vola a New York, dove sono stati sequestrati il mitico sarcofago d'oro e altre quattro opere, tutte esposte al Metropolitan Museum of Art. Herr Serop Simonian, 80 anni, portati benissimo, per ora non parla: l'uomo al centro di quello che appare un enorme scandalo e che ha fatto finire nei guai anche l'ex presidente del Louvre di Parigi, Jean-Luc Martinez, sceglie - manco a dubitarlo per un attimo - la strada del silenzio.

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    Perché questa storia ha i contorni del giallo. Soldi e arte. Pezzi millenari usciti illegalmente dall'Egitto. Ed altri per i quali viene tirata in ballo una collezione privata, di sui esiste però solo un inventario dattiloscritto del 1931 con 168 opere catalogate e 408 fotografie.

     

    Ecco, Serop Simonian è il gran commis di tutto questo. È l'uomo che è entrato ed uscito per qualche decennio dai musei di mezzo mondo, inseguito dal mito di chi portava e vendeva reperti unici. Soltanto che qualcuno era falso.

     

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    Il più famoso di tutti è il «Papiro di Artemidoro», il papiro più costoso al mondo: era stato pagato 2 milioni e 750 mila euro dalla Fondazione per l'Arte della Compagnia di SanPaolo di Torino. Due metri di reperto. Nei quali spiccava quella che doveva essere la più antica carta geografica pervenuta fino a noi. Su sollecitazione dell'allora ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani, e sulla scorta di una perizia affidata al papirologo milanese Claudio Gallazzi e alla tedesca Bärbel Kramer, la Fondazione torinese lo fa suo. È il 2004. Torino sta progettando le Olimpiadi Invernali del 2006, evento che dovrebbe farla conoscere al mondo, per le sue bellezze e non soltanto montane.

     

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    Il papiro attribuito ad Artemidoro di Efeso finisce in esposizione a Palazzo Bricherasio. Ma poi accade che Luciano Canfora, storico e filologo, vada a vederlo. E si accorga di alcune incongruenze tutt' altro che banali. Ne denuncia il falso. L'Iradiddio è dietro l'angolo. Esperti divisi.

     

    Polemiche. Gran dibattito sui denari spesi per un'opera dall'origine incerta. E un gran rifiuto, quello della coraggiosa direttrice dell'Egizio di Torino, Eleni Vassilika, già rimasta scottata dall'antiquario di Amburgo, quando ancora curava il «Roemer und Pelizaeus Museum» di Hildesheim. Vassilika e i suoi esperti dicono no ad una esposizione permanente di Artemidoro all'Egizio.

     

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    Canfora intanto polemizza. Spiega. Scrive in ogni modo e in ogni lingua che le incongruenze sono enormi. Che ci sono riferimenti impossibili. Spunta anche il nome di un falsario, vissuto nell'800. Il Papiro diventa un caso. Anzi, «il caso». Diventa un giallo. Ci saranno (anni dopo) perizie e controperizie. Parlano tutti. Solo herr Sirop Simonian non parla mai. E da Amburgo continua a vendere, presentare e prestare antichità egizie a mezzo mondo. Artemidoro, invece, si trasforma nella rappresentazione di una beffa. Mestamente viene ritirato.

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    La procura della Repubblica di Torino - dopo l'ennesima perizia - sentenzia che si tratta di un falso. Canfora esulta per la verità finalmente scritta nero su bianco. Ma la giustizia stabilisce anche che procedere contro Simonian è impossibile. Quei soldi sono stati spesi e bon. Passano gli anni. L'ipotesi di esporre il papiro in un museo tramonta. L'opera finisce in una teca climatizzata in un magazzino d'arte. Ora la giustizia francese chiama in causa il venditore: altre storie, altri misteri, altri soldi. Di quel papiro si sentirà ancora parlare.

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