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    “HO FATTO SOLO IL MIO LAVORO” – PARLA IL POMPIERE CHE HA TENTATO DI SALVARE UN RAGAZZO SUICIDA ED E’ STATO TRASCINATO DALL’ADIGE IN PIENA PER 16 KM – IL VIGILE DEL FUOCO SI È SALVATO, GRAZIE ANCHE AL SUO ADDESTRAMENTO: HA AVUTO ABBASTANZA LUCIDITÀ DA TAGLIARE L’IDROTUTA… - LA MOGLIE: “PER FORTUNA HO SAPUTO TUTTO SOLO DOPO AVERLO VISTO SANO E SALVO” - VIDEO


     
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    Davide Orsato per corriere.it

     

    «Ho fatto solo il mio lavoro, stavo pensando solo a quello, e al dispiacere di non aver salvato una vita». Cinque ore nelle acque, gelide, dell’Adige, con la forza della piena che lo trascinava costantemente a valle.

     

    Trasportato dalla corrente per sedici chilometri, tra il rumore assordante dei flutti e il buio della notte più profonda, circondato solo dai boschi e poche luci con cui orientarsi: quelle di qualche casa isolata, quelle dell’impianto di illuminazione delle dighe.

     

    Ne ha attraversate due, quella del Pestrino, che a Verona ha una brutta fama: è a questo sbarramento che, spesso, si trovano i corpi di chi finisce in acqua nel territorio cittadino. Poi, quella di Zevio, seguita da pericolose rapide.

     

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    Ai colleghi che lo hanno tratto in salvo, alle 2.15, ha detto quelle parole. Loro non riuscivano a crederci che fosse incolume e gli hanno chiesto come stava e se si fosse reso conto di quanto che era successo.

     

     

    La storia di Danilo Marino, 39 anni, vigile del fuoco originario di Formia, in servizio a Verona, ha dell’incredibile. Domenica notte ha rischiato la propria vita per un salvataggio, riuscendo quasi a portare a riva quel giovane di 24 anni che aveva deciso, poco prima, di farla finita.

     

    Finché il ramo a cui si erano appigliati non ha ceduto sotto la potenza dell’acqua ed entrambi non sono stati visti scomparire in lontananza. Lui si è salvato, grazie anche al suo addestramento: ha avuto abbastanza lucidità da tagliare l’idrotuta, parte dell’equipaggiamento con cui i pompieri sommozzatori si calano in acqua, più versatile delle mute ma che si riempie più facilmente di liquidi. In questo modo l’ha alleggerita ed è riuscito a rimanere sempre con la testa in superficie.

     

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    Il disperato tentativo di salvataggio ha avuto inizio alle 21,30, quando un medico della Croce Rossa, in servizio al Teatro Romano per uno dei pochi spettacoli della stagione estiva, si è accorto che sul vicino Ponte Pietra c’era un ragazzo appoggiato al parapetto. «Non voglio più vivere», ripeteva urlando. E con queste parole si è gettato.

     

    Sono stati due agenti della Polizia a tentare, per primi, di soccorrerlo. Poco più a valle, si sono aggrappati a un ramo, cercando di riportarlo a riva. Nel frattempo, era arrivata anche una squadra dei Vigili del fuoco. Tra di loro c’era Danilo: si è calato nel fiume, ha avvicinato il ragazzo, lo ha portato verso quell’approdo. Sembrava fatta. Ma il ramo si è spezzato e sia il giovane, sia il sommozzatore, sia uno dei due poliziotti, sono stati portati via dalla corrente.

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    Il poliziotto è riuscito a mettersi in salvo qualche centinaio di metri dopo. Il sommozzatore e il ragazzo no. Del giovane, cittadino moldavo, non c’è ancora traccia. Ieri lo hanno cercato per l’intera giornata, con l’aiuto di droni ed elicotteri.

     

    A complicare il tutto un secondo allarme, arrivato attorno alle 23.30: qualcuno ha chiamato la polizia dicendo di aver visto una seconda persona finire in Adige, proprio nel tratto in cui, in quel momento, poteva trovarsi Danilo o il ragazzo. Un’altra squadra dei Vigili del fuoco è intervenuta con i gommoni, ma le ricerche sono rimaste senza esito.

     

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    Danilo è stato individuato, invece ancora qualche chilometro più in là, all’altezza del ponte che attraversa Zevio, cittadina a sudest del capoluogo. Lì è riuscito ad ancorarsi, permettendo così ai colleghi di recuperarlo. È stato ricoverato nell’ospedale cittadino di Borgo Trento, in ipotermia: ieri mattina la sua temperatura corporea non superava i 34 gradi.

     

    Poi le dimissioni e la sobrie parole ai colleghi. Già in mattinata ha potuto riabbracciare i suoi due figli e la moglie, Nadia. «Sono molta fiera di lui - afferma la compagna di vita - per fortuna ho sentito dell’accaduto solo dopo averlo visto sano e salvo». Sollievo, ma anche amarezza per il mancato salvataggio, anche al comando di Verona, da oltre una settimana impegnato sul fronte maltempo, tra allagamenti e trombe d’aria. Ma quella di ieri è stata la notte peggiore.

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