Estratto dell’articolo di Alessandra Arachi per il “Corriere della Sera”
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Giancarlo De Cataldo, cosa voleva fare da grande?
«Il pilota di Formula 1. Poi, diventato grande, a momenti non prendevo nemmeno la patente. Non ho mai imparato bene a guidare».
Alla fine ha fatto il magistrato, lo scrittore, lo sceneggiatore.
«Sono state tutte scelte adulte. Da ragazzo invece avevo la mania delle esplorazioni planetarie».
La passione per i pianeti però le è rimasta: è vero che crede agli oroscopi?
«Da buon meridionale...».
[…]
Una angoscia che ricorda di aver vissuto?
«Quella per via di Goffredo Fofi».
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Che le ha fatto Fofi?
«Cosa non mi ha fatto. Non ha detto una parola alla rappresentazione della mia prima pièce teatrale. Mi era seduto accanto e per tutto lo spettacolo ha continuato a scuotere la testa. Non un commento, solo sguardi di commiserazione. Era il 2001, ancora lo ricordo».
Romanzo criminale: un libro, un film, una serie. Un brand, praticamente. Come è nato?
«Quando l’ho scritto ero in una specie di trance».
Che vuol dire?
GIANCARLO DE CATALDO- ROMANZO CRIMINALE
«Non capivo cosa stessi scrivendo. Credevo un romanzo che raccontava quindici anni di storia italiana, sulla falsa riga del romanzo francese dell’Ottocento».
E invece?
«Dopo mi sono reso conto che la forza di “Romanzo criminale” stava tutto nei personaggi. Non erano agiti dalla storia, ma determinavano la Storia».
[…] Zio Giancarlo: è in contatto con quella banda di attori?
«Non che si va a mangiare la pizza la sera, ma ci sentiamo. Con Pierfrancesco Favino quando ci incontriamo facciamo le finte radiocronache della Roma».
Cioè?
«Lui fa il tifoso lamentoso della Roma che telefona alla radio. Io gli faccio da spalla. Ridiamo molto».
Che ricordi ha del set di quel film? Oltre a Favino c’erano Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria...
«Sono i primi giorni delle riprese: Kim Rossi Stuart si sta preparando a entrare in scena, siamo alla Madonna del Pellegrino. Mi avvicino, avevo avuto dei dubbi sulla parte che gli era stata data. Mi presento: “Sono De Cataldo”. Mi gela con uno sguardo ieratico. Dubbi fugati: era lui il Freddo».
GIANCARLO DE CATALDO
Se dovesse scrivere oggi «Romanzo criminale» cosa ne verrebbe fuori?
«Non potrei scriverlo. Sono passati più di vent’anni, la criminalità è cambiata. Un gruppo che cerca di affermarsi come la banda della Magliana oggi non c’è. L’unica strategia per affermarsi oggi sembra lo scontro frontale».
La banda della Magliana di «Romanzo criminale», il delitto di via Poma, l’omicidio di Marta Russo: c’è un caso tra quelli eclatanti della storia di Roma che come magistrato non ha seguito?
«Mafia capitale».
Però poi l’ha raccontata in «Suburra».
«Già. Anche se alla fine l’indagine ha deciso che tutta la vicenda non aveva a che vedere con la mafia».
E la vicenda di Simonetta Cesaroni? Chi l’ha uccisa?
romanzo criminale il film
«So dire con certezza chi non l’ha uccisa: Raniero Busco, il fidanzato».
Sono passati trentatré anni da quel delitto, per la cronaca il delitto di via Poma. Sapremo mai chi ha ucciso Simonetta?
«No. Perlomeno dalle carte che ho visto io è impossibile stabilirlo». […]
Suona qualche strumento?
«Lasciamo perdere».
Perché?
«Tra i progetti della mia vita adulta c’era quello di suonare il sax».
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E non le è riuscito?
«Ho dirottato sulla chitarra. Ma la suono molto male. Ed è bene che non mi faccia vedere da mia moglie con la chitarra in mano».
Ha un mito?
«Leonard Cohen».
Autori contemporanei che le piacciono?
«È una scelta diabolica. Io sono onnivoro e sono capace di trovare cose buone anche in chi è molto lontano da me. Leggo tutti i miei amici e amiche del noir italiano ma non voglio dire chi mi piace di più».
giancarlo de cataldo con alberto mattioli foto di bacco
Qualcuno che non le piace?
«È una scelta diabolica».
Crede ai miracoli?
«Credo agli eventi sorprendenti. Chi ha la fede li qualifica come miracoli. Ma il concetto non cambia».
Cosa la rende felice?
«Avere in mano materialmente una cosa che ho fatto io. Un film, un libro, persino un articolo sul giornale. Mi dà un senso di salvezza».
E una cosa che le dà fastidio?
«L’estremismo del politicamente corretto. Lo trovo insopportabile».
Cosa intende dire?
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«Ho il terrore delle polizie morali. In Italia non siamo ai livelli di isterismo del woke americano, però troppi di noi che scriviamo ci ritroviamo a pattinare su lastre di ghiaccio nella paura di dire qualcosa che possa spaventare o terrorizzare».
Un grande amico del mondo del cinema con cui ha lavorato?
«Mario Martone, “Noi credevamo”, il film sul Risorgimento è stata un’esperienza profondamente coinvolgente che ancora oggi ci accompagna. Ci salutiamo ancora come faceva Mazzini con gli altri cospiratori».
Che saluto è?
«Uno dice “Martirio”. L’altro risponde: “Resurrezione”. Ci salutiamo sempre così anche se sono passati tredici anni dal film».
giancarlo de cataldo La svedese CARLO BONINI GIANCARLO DE CATALDO - SUBURRA giancarlo de cataldo foto di bacco
giancarlo de cataldo. foto di bacco