Silvia Bizio per “la Repubblica”
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Lo scorso aprile l' irriverente comico inglese Sacha Baron Cohen fece irruzione - sotto mentite spoglie - in una manifestazione ultra-repubblicana a Olympia, nello stato di Washington. Si fece passare per un cantante country stile "Maga" (Make America Great Again) che invitava il pubblico - trumpiani irriducibili senza mascherina - a un coro contro Obama sul tema del "virus di Wuhan". Gli organizzatori, una volta capito la beffa, tentarono di intervenire: ma il danno era fatto. Cohen aveva colpito ancora.
Quell' irruzione era una scena di Borat - Seguito di film cinema (il primo Borat nel 2006), dal lungo sottotitolo - "Consegna di una prodigiosa tangente al regime americano a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan" arrivato su Amazon Prime Video.
L' eccentrico, folle giornalista kazako Borat Sangdiyev (Cohen), dopo 14 anni di lavori forzati, è costretto dal presidente del suo paese a tornare in America e far dono di una scimmia dalle alte capacità sessuali all' attuale vicepresidente Mike Pence.
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Ma una volta arrivato scopre che invece della scimmia nella gabbia è arrivata la figlia di 15 anni, Sandra Jessica Parker Sangdiyev (l' attrice bulgara Maria Bakalova), e decide di regalare lei: se non a Pence a Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York, inscenando una finta intervista con Giuliani in un hotel dove Cohen, questa volta nella veste di un microfonista e poi di un travestito, entra nella camera d'albergo dove telecamere nascoste rivelavano un Giuliani in imbarazzante posa con le mani letteralmente nei pantaloni. Cohen continua a beffare i potenti.
Qual è il suo metodo?
«Affronto un personaggio partendo dal suo linguaggio. Che sia Borat, Ali G, Bruno o Abbie Hoffman la chiave per entrare nel mio personaggio è il modo in cui usano le parole, le pause, l' accento, il ritmo. Poi c' è il guardaroba e la parrucca, ma prima il linguaggio».
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Ha avuto molti problemi a girare questo film?
«Ho capito che per fare un sequel di Borat mi dovevo mettere in situazioni scomode. Una delle prime scene che abbiamo girato è stata alla manifestazione pro National Rifle Association, dove i suprematisti bianchi avevano minacciato una sparatoria di massa.
Lo sapeva anche l' Fbi, e io ero andato con una T-shirt che non era esattamente a favore delle armi, quindi per la prima volta nella mia carriera mi sono messo un giubbotto antiproiettile; l' ho usato anche durante le scene del concerto a Olympia.
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C' erano tanti di quei mitragliatori che se pure non fossi stato l' obiettivo avrei potuto comunque essere ammazzato. Ho temuto per la mia vita. Quando hanno capito chi ero si sono buttati sulla macchina cercando di trascinarmi fuori e non sarebbe finita bene. Sono stato fortunato. Bisogna vedere ora se l' America sarà altrettanto fortunata fra due settimane».
L' ha sorpresa la dose di antisemitismo e intolleranza?
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«Il primo Borat voleva mostrare questa dimensione semi-nascosta in America. Questa volta ho capito che quella dimensione è palese, abbracciata dal presidente Usa. Ho passato cinque giorni sotto copertura con due di questi fanatici che sotto sotto erano brave persone che si sono bevute le bugie che gli vengono imposte da internet e dal Presidente. C' è umanità anche in loro».
Come è andata con Rudolph Giuliani?
«Non voglio rovinare la sorpresa, ma dirò che come produttore non avrei mai lasciato un' attrice in una situazione pericolosa, quindi l' idea è sempre stata quella di intervenire. L' unico responsabile di quello che è successo con Rudy Giuliani è Rudy Giuliani stesso».
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Non hanno cercato di fermarla?
«Ha chiamato la polizia, che ha fatto irruzione nell' albergo in cui eravamo. Generalmente serve un mandato di perquisizione per entrare. Non so cosa Giuliani abbia detto alla polizia. Ha rilasciato interviste dopo, ha detto che non ha fatto niente di inappropriato, e penso che sia un esempio di quello che il regime Trump ritiene un giusto comportamento con le donne».
Come riesce a girare certe scene?
«È il film più difficile che io abbia fatto perché usavo il mio personaggio più famoso, noto in tutto il mondo. Io stesso pensavo sarebbe stato impossibile. Poi due anni fa per lo show di Jimmy Kimmel avrei dovuto fare uno sketch con Kanye West in cui avremmo dovuto infiltrarci alla Casa Bianca e sorprendere Trump.
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All' ultimo Kanye si è tirato indietro e ho dovuto trovare in meno di 24 ore uno sketch alternativo. E così mi è venuta l' idea di rimettere in piedi Borat e portarlo in mezzo alla gente. Ho capito che è il personaggio perfetto per Trump, appena più estremo di lui: entrambi misogini, razzisti, con visioni antiquate del mondo e ridicoli. E ho capito parlando nei panni di Borat con i suoi sostenitori che avrei potuto vedere fino a che punto si sarebbero spinti».
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