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    ''HO UCCISO JOHN BELUSHI''. È MORTA LA CORISTA CHE CONFESSÒ DI AVER INIETTATO LA DOSE LETALE AL GRANDE ATTORE COMICO, IL 5 MARZO DEL 1982. LO RIVELò (BEN PAGATA) AL TABLOID ''NATIONAL ENQUIRER'', E IL RACCONTO DI QUELLA ''SPEEDBALL'' DI EROINA E COCAINA LE VALSE LA GALERA - L'ULTIMA NOTTE DI BELUSHI, CON ROBIN WILLIAMS E ROBERT DE NIRO, IL REHAB RIFIUTATO E QUEL PATTO FUNEBRE CON DAN AYKROYD


     
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    1. LA CORISTA CHE CONFESSÒ DI AVER UCCISO JOHN BELUSHI «GLI INIETTAI IO LA DROGA»

    cathy smith cathy smith

    Laura Zangarini per il ''Corriere della Sera''

     

    «Ho ucciso John Belushi». Trentotto anni, 5 mesi, 23 giorni dopo la morte dell' attore americano, avvenuta il 5 marzo 1982 allo Chateau Marmont Hotel, a Los Angeles, California, Cathy Smith si è spenta a Maple Ridge, Canada. Aveva 73 anni. A cambiare per sempre la sua vita di corista e cantante nata il 25 aprile 1947 a Burlington, Ontario, era stata la copertina di The National Enquirer del giugno 1982 in cui rivelò di avere iniettato a Belushi la dose fatale di droga.

    «Non volevo ucciderlo, ma sono responsabile» si leggeva nel titolo, accanto a una foto dell' attore. Sotto l' immagine, un altro titolo aggiungeva: «Esclusiva mondiale - La donna misteriosa confessa».

     

    Prima dello scoop dell'«Enquirer», la morte della star di Animal House (1978) e The Blues Brothers (1980), film culto diretti da John Landis, era stata archiviata come «overdose accidentale di droga». Non era un mistero per nessuno che Belushi facesse uso pesante di stupefacenti.

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    La sera di giovedì 4 marzo, dal bungalow dove si era sistemato per lavorare alla sceneggiatura del suo nuovo film, Noble Rot , chiamò Cathy Smith, ex groupie passata dal folk al più «pericoloso» mondo del rock' n'roll, attraverso cui era arrivata nella dorata Hollywood. Erano completamente ubriachi quando, come lei ammise nell' intervista, che le fruttò 15mila dollari, iniettò a Belushi una combinazione di eroina e cocaina - la micidiale «speedball» - che ne causò la morte.

     

    L' articolo portò a una nuova indagine e, nel 1983, Smith venne incriminata per omicidio di secondo grado. Accettò di patteggiare: ammise l' omicidio colposo. Condannata a 15 mesi, scontò la pena presso la prigione di Chino, in California.

    Dopo il rilascio si trasferì a Toronto, dove lavorò come segretaria legale e si dedicò a parlare con gli adolescenti dei pericoli della droga.

    Fece di tutto per sfuggire a quel titolo dell' Enquirer .

     

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    Compreso discolparsi in un memoir ( Chasing The Dragon , inseguendo il drago) pubblicato nel 1984, mentre il suo caso era ancora aperto. «Non ho ucciso John Belushi - scrisse -. Mi sento in colpa, ma è il senso di colpa che deriva dal non essere consapevole di ciò che stava realmente accadendo».

    Nel suo libro Chi tocca muore - La breve delirante vita di John Belushi , 1984, il giornalista del «Watergate» due volte premio Pulitzer Bob Woodward, raccontò che, ben prima della morte del divo, Smith era nota nella scena rock come la pusher a tempo pieno di Ron Wood, Keith Richards e altri del mondo dello spettacolo.

     

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    L' articolo riportava che Smith era conosciuta come «Cathy Silverbag» perché portava una borsa argentata piena di droga - o «veleno», come lo definì il giudice che la condannò nel 1986, David A. Horowitz, della Corte Superiore di Los Angeles: «Lei - disse rivolto a Smith - era il collegamento, la fonte di quel veleno. Sapeva come usare l' ago».

    Il cantautore canadese Gordon Lightfoot, di cui Cathy Smith era stata amante e musa nei primi anni Settanta, aveva raccontato la loro relazione tumultuosa nella canzone «Sundown» (1974). È stato l' unico a ricordarla dopo la morte. «Era una gran signora - ha detto al quotidiano The Globe and Mail -. Attraeva gli uomini, mi rendeva geloso. Ma non ho niente di negativo da dire su di lei».

     

    willie nelson john belushi willie nelson john belushi

     

    2. JOHN BELUSHI E LA SUA MORTE A SOLI 33 ANNI: LA RICOSTRUZIONE DELL’ULTIMA NOTTE

    Arianna Ascione per www.corriere.it

     

    Aveva rifiutato il rehab

    Un’overdose di cocaina ed eroina il 5 marzo 1982 metteva fine alla vita di uno dei comici più promettenti di Hollywood, John Belushi. «Scervellato, sferico attore comico, noto per le sue imitazioni al Saturday Night Live, trovato senza vita in un bungalow a Hollywood»: così sintetizzò in un trafiletto il giorno successivo il New York Times nel dare la notizia della scomparsa improvvisa — a soli 33 anni — dell’attore di «The Blues Brothers» e «Animal House», che gettò nello sconforto i tanti amici e colleghi. Che, a dire il vero, da tempo erano preoccupati per la sua salute e per il suo smodato consumo di sostanza stupefacenti (che consumasse droga fin dai tempi del SNL non era un mistero per nessuno). Più volte gli avevano consigliato di andare in rehab, ma lui si era sempre rifiutato.

    john belushi steve martin john belushi steve martin

     

    L’ultima notte

    Il 4 marzo 1982 John era riuscito ad ottenere dal suo manager Bernie Brillstein 1500 dollari, ufficialmente per acquistare una chitarra. Temendo che potesse spenderli in droga inizialmente quest’ultimo glieli rifiutò. Poi, quando Belushi si ripresentò nel suo ufficio, Brillstein — che era nel bel mezzo di un incontro di lavoro — glieli concesse. L’attore decise di investire parte della cifra in un pedale per la sua batteria e il resto in cocaina ed eroina. Decise di passare la serata insieme all’ex autore del Saturday Night Live Nelson Lyon e alla groupie e cantante Cathy Evelyn Smith (morta il 18 agosto scorso a 73 anni). I tre, tra feste e locali, bevvero molto e assunsero una grande quantità di droga.

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    La visita di Robin Williams e Robert De Niro

    Nel bel mezzo dei festeggiamenti Belushi accusò un po’ di nausea, e chiese a Smith di riaccompagnarlo al suo bungalow allo Chateau Marmont. Come avrebbe poi raccontato lei a distanza di qualche mese l’attore — che aveva il terrore degli aghi — le chiese di iniettagli più volte dosi di speedball (così è chiamato in gergo il mix di eroina e cocaina). Durante la notte fecero un salto al bungalow anche due amici, il comico Robin Williams — che prima di andarsene sniffò alcune righe di cocaina — e Robert De Niro che, sconcertato dallo stato in cui versava la stanza, decise di non trattenersi. Più tardi John andò a dormire.

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    Trovato morto dal personal trainer

    John Belushi fu ritrovato privo di vita nella tarda mattinata del 5 marzo dal suo personal trainer di allora, Bill Wallace, che tentò di rianimarlo praticandogli il massaggio cardiaco, prima di chiamare l’ambulanza e il manager. Fu tutto inutile: dopo mezz’ora il medico legale Thomas T. Noguchi, intervenuto sulla scena, ufficializzò il decesso.

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    Il patto (funebre) con Dan Aykroyd

    Ai funerali di Belushi, che si tennero con rito ortodosso, parteciparono i familiari e molte persone che avevano lavorato con lui a partire dal suo grande amico Dan Aykroyd che suonò la canzone «The 2000 Pound Bee» per rispettare un patto scherzoso fatto anni prima. L’attore fu poi sepolto all’Abel’s Hill Cemetery a Martha’s Vineyard, nel Massachusetts.

     

     

    I progetti interrotti

    In seguito alla morte di Belushi Dan Aykroyd affrontò una pesante crisi depressiva, che fece ritardare tutti i progetti cinematografici che i due avevano in cantiere. Tra questi «Una poltrona per due» (John avrebbe dovuto interpretare Valentine, parte poi andata ad Eddie Murphy) e «Ghostbusters», che fu realizzato soltanto nel 1984 con Bill Murray nei panni di Peter Venkman al posto dell’attore scomparso.

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