Benny Casadei Lucchi per “il Giornale”
leclerc ferrari
Dicono che i motori non siano vero sport. È vero. C'è il pilota, c'è il talento ma ci sono la tecnica e il soldo a togliere romanticismo al tutto. L'atletica è vero sport. È l'essenza di tutti gli sport, l'anima. Per cui l'impresa, sabato, di Marcell Jacobs ha illuminato, riempito ed emozionato rendendoci fieri nel vedere quell'omone semplice mettersi dietro l'America e prendere poi in braccio il figlioletto come avrebbe fatto ognuno di noi.
Scene di vita quotidiana trasferite vittoriose sulla pista di un mondiale d'atletica. La Ferrari, alla propria maniera, ha fatto la stessa cosa: ci ha regalato scene di vita riassunte nei suoi e nostri ultimi anni cupi di vita quotidiana.
Perché è certo che la Formula uno non sia vero sport però, oggi, il Paese tutto era soprattutto di questo che aveva bisogno: di risorgere, sorridere, dominare nel mondo con tutto ciò che ha a disposizione giorno dopo giorno: il lavoro del singolo e del gruppo, il talento e la genialità, l'industria e il dettaglio, l'investimento e il rischio culminati nella umile e silenziosa coesione che protegge nei momenti bui e diventa forza e urlo vittorioso quando il cielo si rischiara.
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La doppietta della Ferrari in Bahrein ci ha offerto questo. Perché non è stata magia. È stata caparbietà e risalita dallo sprofondo in cui la scuderia era finita da anni. Il team principal Binotto aveva ben chiara la bontà di quanto fatto, «non firmerei per un secondo posto» aveva detto alla vigilia della gara. L'estate scorsa, la nostra generosa Italia, del calcio prima e dell'atletica e dei Giochi poi, aveva meravigliosamente vinto sfoggiando gioco di squadra, talento e impegno.
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Era stato sufficiente per ridarci il sorriso nel mezzo della pandemia e farcela un po' dimenticare. Adesso non sarebbe bastato. Adesso che a rendere più cupo il cielo si sono aggiunte al virus la guerra, le restrizioni e paure più grandi che ci toccano senza far distinzione fra categorie ma unendoci e sprofondandoci assieme, questo Essere Ferrari, questa vittoria di squadra frutto dell'unione umana e tecnica, di operai e ingegneri, piloti milionari e maestranze metalmeccaniche, è proprio quello che ci serviva: uno specchio.
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