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    HOLLANDE A PEZZI, L’EX MINISTRO SPARABALLE IN FUGA E DORME IN MACCHINA


     
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    Alberto Mattioli per "La Stampa"

    J R ME CAHUZAC LOTTA CONTRO LA FRODE FISCALEJ R ME CAHUZAC LOTTA CONTRO LA FRODE FISCALE

    È diventato il paria della Repubblica, l'intoccabile, il reietto. Braccato dalla stampa, è costretto a «traslocare ogni due giorni», come ha detto a un giornalista della «Dépêche du Midi», Jean-Louis Amella, l'unico finora che sia riuscito a parlargli.

    Jérôme Cahuzac l'ha fatta grossa e lo sa. Per mesi ha negato davanti a tutti, da François Hollande ai giornali passando per il Parlamento, di avere un conto in Svizzera come aveva rivelato il temibile sito d'informazione «Mediapart».

    jerome cahuzac ministro del bilancio francesejerome cahuzac ministro del bilancio francese

    Poi ha confessato, scatenando una specie di Mani pulite francese e mettendo Hollande nell'imbarazzo. Adesso l'ex potentissimo ministro del Bilancio è diventato uno zingaro che tutti cercano per intervistarlo e nessuno vuole aiutare.

    Due giorni in Normandia, due in Bretagna, adesso pare - dalle parti di Arcachon, perennemente «on the road» per sfuggire ai fotografi scatenati, che fanno la posta davanti a tutti i suoi indirizzi conosciuti. Anche con umiliazioni tremende: il farmacista che si rifiuta di servirlo, l'amico che gli sbatte la porta in faccia gridandogli «Menteur!» e lo obbliga a passare una notte in macchina. L'uomo del rigore ha almeno provato quelli del freddo.

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    Ad Amella ha confessato: «Non immagino niente. Ho almeno qualche amico fedele». E anche, se decidesse di parlare, una notevole possibilità di nuocere. I suoi ex compagni socialisti si sono affrettati a espellerlo dal partito.

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    La linea l'ha data l'Eliseo: lo scandalo è colpa di un uomo, non del sistema. Cahuzac intanto seminava il panico nella maggioranza annunciando che forse («Ma non ho ancora deciso, è troppo presto») recupererà, come gli consente la legge, il seggio alla Camera che aveva dovuto lasciare diventando ministro.

    Secondo il «Canard enchaîné», si sarebbe sfogato così: «Mi rimproverano di aver mentito sulla mia situazione personale. Ma che vuol dire? Che ci sono delle menzogne indegne e altre no? Quando si mente su ordine e per ragioni politiche, questo è degno? A questo proposito, ho mentito all'Assemblée sulla possibilità di realizzare il 3% di deficit nel 2013».

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    Insomma, era un'irrealizzabile bufala anche l'obbiettivo principale della politica economica di Hollande, per il quale ha chiesto ai francesi dei pesanti sacrifici. E il suo ministro ha mentito «su ordine», chissà di chi. Lo scandalo non si placa. Un settimanale di destra, «Valeurs actuelles», accusa il ministro dell'Economia, Pierre Moscovici, di aver coperto il suo sottoposto del Bilancio e di aver spedito una missione segreta in Svizzera per indagare. «Mosco» nega e querela, ma la sua poltrona è la più traballante di un governo nel pallone.

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    I socialisti, al solito, sono divisi. Il presidente dell'Assemblée, Claude Bartolone, critica l'idea di Hollande di obbligare tutti i parlamentari a pubblicare i loro patrimoni perché, sostiene, induce al sospetto e fa da propellente ai populismi. E il «Nouvel Obs» riassume il senso di impunità della classe dirigente sotto un titolo che suona sinistramente familiare: «La casta».

     

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