Mauro Zanon per "il Giornale"
MICHEL HOUELLEBECQ
«Tesi numero 1: nessuno ha voglia di morire. In generale, si preferisce una vita indebolita a un'assenza totale di vita; perché si può ancora beneficiare di piccole gioie. La vita, ad ogni modo, non è forse, e quasi per definizione, un processo di indebolimento? Ed esistono forse altre gioie al di fuori delle piccole gioie (questa cosa meriterebbe un approfondimento)?
Tesi numero 2: nessuno ha voglia di soffrire. Di soffrire fisicamente, intendo. La sofferenza morale ha un suo fascino, si può persino farne una materia estetica (e io non mi sono privato dal farlo). La sofferenza fisica, invece, non è altro che un vero e proprio inferno, svuotato di interesse così come di senso, da cui non si può trarre alcun insegnamento. La vita potrà anche essere stata descritta sommariamente (e ingannevolmente) come una ricerca del piacere; ma sicuramente è molto più un evitamento della sofferenza; e pressoché chiunque, posto dinanzi all'alternativa tra una sofferenza insostenibile e la morte, sceglie la morte.
Michel Houellebecq
Tesi numero 3, la più importante: la sofferenza fisica può essere eliminata. All'inizio del Diciannovesimo secolo: scoperta della morfina; da allora sono apparse un gran numero di molecole simili. Alla fine del Diciannovesimo secolo: riscoperta dell'ipnosi; continua a essere poco utilizzata in Francia. L'omissione di questi fatti può spiegare da sola i sondaggi sconcertanti in favore dell'eutanasia (96% di opinioni favorevoli, se mi ricordo bene)».
houellebecq serotonina
Inizia così l'intervento dello scrittore francese Michel Houellebecq sul tema dell'eutanasia, nella settimana in cui verrà discussa in Parlamento una proposta di legge che mira a legalizzarla. La presa di posizione di Houellebecq, apparsa ieri sulle pagine del Figaro, nasce dalla volontà di scuotere un'opinione pubblica assuefatta dal pensiero unico in materia bioetica. «I sostenitori dell'eutanasia fanno i gargarismi con parole di cui sviano il significato, a tal punto che non dovrebbero nemmeno più avere il diritto di pronunciarle.
Nel caso della compassione, la menzogna è palpabile. Nel caso della dignità, siamo di fronte a qualcosa di più insidioso. Ci siamo seriamente allontanati dalla definizione kantiana di dignità sostituendo gradualmente l'essere morale (negando la nozione stessa di essere morale?) con l'essere fisico, rimpiazzando la capacità propriamente umana di agire per obbedienza all'imperativo categorico con la concezione, più animale e più piatta, di stato di salute, che è diventato una specie di condizione di possibilità della dignità umana, fino a rappresentarne l'unico vero significato», scrive lo scrittore francese.
carla bruni fotografa houellebecq e la moglie
La litania secondo cui la Francia sarebbe «in ritardo» rispetto a «Paesi più civili» lo fa sorridere: «La motivazione del progetto di legge a favore dell'eutanasia che verrà presto depositato è comica a questo proposito: cercando i Paesi rispetto ai quali la Francia è in ritardo, si trovano il Belgio, l'Olanda e il Lussemburgo; non sono molto impressionato».
Dietro il vento che soffia verso la legalizzazione dell'eutanasia, ci sono anche le «sordide ragioni» di alcuni economisti: «È stato Jacques Attali che, in un vecchio libro, ha insistito molto sul costo per la comunità di mantenere in vita persone molto anziane; e non c'è da stupirsi che Alain Minc, più recentemente, sia andato nella stessa direzione, Attali è solo un Minc più stupido».
HOUELLEBECQ
I cattolici proveranno a resistere «ma, triste a dirsi, ci siamo più o meno abituati al fatto che i cattolici perdano ogni volta», sottolinea Houellebecq, prima di aggiungere: «Rimangono i medici, sui quali avevo riposto poche speranze, probabilmente perché li conoscevo poco, ma è innegabile che alcuni di loro resistano e rifiutino ostinatamente di dare la morte ai loro pazienti, e forse rimarranno l'ultima barriera. Non so da dove provenga questo coraggio, forse è solo il rispetto del giuramento di Ippocrate».
eutanasia
Per Houellebecq, la battaglia contro l'eutanasia non è solo una battaglia per salvare «l'onore di una civiltà» ma anche, dal punto di vista antropologico, «una questione di vita o di morte»: «Dovrò essere molto esplicito: quando un Paese una società, una civiltà arriva a legalizzare l'eutanasia, perde ai miei occhi ogni diritto al rispetto. Diventa allora non solo legittimo, ma auspicabile distruggerlo; in modo che qualcos' altro un altro Paese, un'altra società, un'altra civiltà abbia la possibilità di nascere».
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