Andrea Sereni per www.corriere.it
andrea carnevale in nazionale
«Da piccolo mangiavo poco, avevo sempre fame. Eravamo sette fratelli, senza genitori: dovevo portare il pane a casa e mi inventavo di tutto. Nel calcio questa fame è stata una fortuna: volevo cambiare la mia vita». Ce l’ha fatta. Andrea Carnevale taglia il traguardo dei 60 anni con la serenità che solo uno che ha combattuto e vinto tante battaglie può avere.
È arrivato in alto con il pallone sotto braccio, salvagente nel mare in tempesta. È caduto, anche rumorosamente, ma si è rialzato. Ha sofferto, come lo scorso novembre, quando è morto l’amico Diego Armando Maradona: «Quel pomeriggio mi sono arrivate telefonate, poi messaggi. Non ci volevo credere». Balbetta leggermente, la voce è un po’ incrinata. Cerca le parole giuste: «Ancora oggi mi sembra strano che non ci sia più. Non lo nascondo, ho pianto per Diego».
diego armando maradona andrea carnevale
Eravate insieme nel Napoli che ha vinto gli scudetti del 1987 e del 1990. Come ricorda quel periodo?
«Un sogno divenuto realtà. Il popolo napoletano ci trascinava, volevano vincere come e più di noi. Due campionati, una Coppa Italia e una Coppa Uefa, che trionfi. Da uomo del sud per me è stato un orgoglio. Uno scudetto a Napoli ne vale dieci a Milano o Torino. Nell’87 festeggiammo per più di due mesi, mai visto da nessuna parte nulla del genere».
andrea carnevale oggi
Che ruolo aveva in quella squadra?
«A me toccava correre (ride, ndr). Giocavo con Maradona, Careca, i primi anni anche Giordano, dovevo lavorare anche per loro. Bianchi mi faceva partire a sinistra, poi spettava a me capire come muovermi guardando gli altri. Mi sacrificavo, ma lo facevo con piacere. Venivo da una piccola realtà, mi sono ritrovato come capitano il più grande di tutti i tempi. È stata una fortuna».
Che rapporto aveva con Maradona?
«Bellissimo. Siamo sempre rimasti in contatto. Quando veniva in Italia mi chiamava e lo andavo a salutare. Solo una volta non ho potuto, per lavoro. Me lo ricordo ancora. Quante serate abbiamo passato insieme, mi voleva al suo fianco. Nel 1999 sono stato con lui anche in Brasile, siamo andati al carnevale di Rio».
andrea carnevale paola perego
Quando vi siete sentiti l’ultima volta?
«Recentemente era più difficile parlargli. Quando ho saputo dell’operazione al cervello chiedevo di lui a Stefano Ceci (l’uomo che ne curava i rapporti in Italia, ndr). Una settimana prima della sua morte ho saputo che Guillermo Coppola, il suo vecchio manager, lo sarebbe andato presto a trovare. L’ho chiamato e gli ho detto: ‘Abbracciami il grande Diego, digli che gli voglio sempre bene’. Pochi giorni dopo è finito. Il dolore è stato forte».
andrea carnevale diego armando maradona
Che idea si è fatto della sua morte? In Argentina hanno aperto un’inchiesta per presunte responsabilità dei medici che lo avevano in cura.
«Mi è dispiaciuto sapere che era solo. Sul resto non posso esprimermi. Mi faccia però dire che ho trovato squallidi e disgustosi alcuni commenti che ho sentito su di lui. Nella vita a tutti capita di commettere degli errori. Prima del Maradona calciatore per me c’era Diego, un uomo meraviglioso. Al di là del campione io amavo la persona. Appena sarà possibile andrò in Argentina a dargli un ultimo saluto».
Se le dico Maradona, quale è il primo aneddoto che le viene in mente?
«Dopo la finale di Italia 90 mi dovevo sposare. Il matrimonio era già fissato per il 12 luglio, Diego ovviamente doveva venire. Ma dopo la sconfitta con la Germania era disperato. Provai a chiamarlo, ma non mi rispose. L’ho compreso, sapevo bene come era fatto. Era una persona a cui non potevi voler male».
paola perego andrea carnevale
Che idea si è fatto della sua morte? In Argentina hanno aperto un’inchiesta per presunte responsabilità dei medici che lo avevano in cura.
«Mi è dispiaciuto sapere che era solo. Sul resto non posso esprimermi. Mi faccia però dire che ho trovato squallidi e disgustosi alcuni commenti che ho sentito su di lui. Nella vita a tutti capita di commettere degli errori. Prima del Maradona calciatore per me c’era Diego, un uomo meraviglioso. Al di là del campione io amavo la persona. Appena sarà possibile andrò in Argentina a dargli un ultimo saluto».
Se le dico Maradona, quale è il primo aneddoto che le viene in mente?
andrea carnevale alla roma
«Dopo la finale di Italia 90 mi dovevo sposare. Il matrimonio era già fissato per il 12 luglio, Diego ovviamente doveva venire. Ma dopo la sconfitta con la Germania era disperato. Provai a chiamarlo, ma non mi rispose. L’ho compreso, sapevo bene come era fatto. Era una persona a cui non potevi voler male».
Ecco, quel Mondiale. Ci racconta perché, da titolare annunciato, giocò solo due partite?
«Italia 90 era il mio Mondiale. Arrivavo dal secondo scudetto con il Napoli, mi ero allenato alla grande. Stavo bene sia fisicamente che psicologicamente. Non ho giocato male la prima gara, con l’Austria, ma ho sbagliato due gol facili. In quei casi un attaccante è subito bollato come somaro. Schillaci entrò al mio posto e segnò il gol vittoria dopo quattro minuti. Contro gli Stati Uniti non demeritai, ma Vicini mi sostituì di nuovo e io lo mandai a quel paese. Non meritavo di uscire».
andrea carnevale
Chiese scusa? Riusciste a chiarire?
«Certo, subito gli dissi che mi dispiaceva. Non è bastato. Da titolare fisso, con Vialli, dopo quel “vaffa” mi sono ritrovato in tribuna. Così è finito il mio Mondiale. Poi Schillaci e Baggio hanno fatto grandi cose, ma per me Italia 90 è stato un fallimento».
Subito dopo però si è sposato con Paola Perego. Una delle prime storie da copertina tra calciatori e donne dello spettacolo. Come è nata?
«L’ho conosciuta a Venezia. Era il 1987, o forse il 1988: dovevamo entrambi ritirare un premio. Prima della cerimonia salgo su un battello e lei era lì, seduta di fronte a me. Incredibile, si vede che era destino. Le ho rotto le scatole per tre, quattro mesi. Poi ci siamo fidanzati. Una bella storia».
diego armando maradona fernando signorini
E il matrimonio?
«A Monte San Biagio, dove sono nato, il 12 luglio del 1990. Eravamo giovani e popolari: il Mondiale per me non era andato bene, ma avevo poco prima vinto il secondo scudetto con il Napoli, e Paola anche era sulla cresta dell’onda. Il paese era pieno di persone, c’era gente anche sui tetti per vederci. Pure tanti tifosi, napoletani e romanisti insieme. È stato bellissimo».
diego armando maradona con due ballerine in una trasmissione tv in messico nel 2002
Siete stati sposati fino al 1997, poi avete divorziato. Cosa è successo?
«Abbiamo avuto un rapporto con alti e bassi. C’è stata qualche incomprensione, poi alla fine un po’ di rabbia, da parte di entrambi. Ma è anche normale quando un amore finisce e due persone si lasciano».
Insieme avete avuto due figli.
«Sì, Giulia nel 1992 e Riccardo nel 1996».
Che rapporto ha oggi con loro?
andrea carnevale paola perego 2
«Bellissimo. Guai a chi li tocca. Riccardo tifa Roma: si è tatuato una mia foto sulla coscia, tiene molto a me. Giulia due anni fa mi ha fatto diventare nonno di Pietruccio. È stato un regalo. Poi, è chiaro, all’inizio la separazione dalla mamma ci ha allontanato. Ma oggi siamo molto uniti».
Anche con Paola e il suo nuovo marito?
«Assolutamente, anche con loro. Siamo come una grande famiglia. Spesso ci vediamo, loro sono venuti anche a cena a Monte San Biagio. Finisce l’amore ma restano l’affetto e i nostri figli e nipoti».
Lei anche si è risposato.
«Sì, dopo Paola ho conosciuto Beatrice e l’ho sposata nel 2005. Insieme abbiamo avuto Arianna, che oggi ha 18 anni. Viviamo a Udine da vent’anni. Lavoro per l’Udinese, sono il capo degli osservatori. Nel tempo abbiamo scovato gente come Muriel, Sanchez, Handanovic, Allan. Alle spalle abbiamo una grande società, non potrei chiedere di più».
Quali sono i talenti di questa Udinese?
«De Paul è un fuoriclasse. Poi ci sono Musso, Becao, Mandragora, Lasagna. Ottimi giocatori, due o tre presto spiccheranno il volo. Ne sono sicuro».
diego armando maradona fa festa in cina nel 2003
Lei lavora per il club friulano, suo figlio Riccardo ci ha detto che è romanista. I suoi anni alla Roma però non sono stati facili.
«Ci sono arrivato dopo il Napoli, nel mio momento migliore. Ho segnato quattro gol nelle prime cinque partite giocate in giallorosso, poi però ho commesso una leggerezza. Ho assunto un farmaco dimagrante che credevo essere legale. Non lo era, risultava come doping. Mi hanno sospeso per un anno».
Come ha vissuto quel periodo?
«Malissimo. All’inizio sembrava una sciocchezza, mi avevano detto che avrei perso al massimo due mesi. Stare fermo un anno è stato durissimo, anche dal punto di vista psicologico. La condanna mi spinse verso il ritiro. Al rientro dalla squalifica giocai un paio d’anni alla Roma, poi tornai a Udine. A quei tempi a 33 anni eri già vecchio per il mondo del calcio, adesso se ne hai 39 continuano a rinnovarti il contratto».
andrea carnevale 3
Altro scoglio: l’arresto con l’accusa di detenzione di cocaina nel 2002.
«Io uno spacciatore internazionale, mi veniva quasi da ridere. Una vicenda dalla quale sono stato pienamente assolto, ne sono uscito pulito. Ma è stato tutto massacrante. Vivi con un’ombra d’ansia, solo dopo anni riacquisti serenità. Bisogna essere solidi, ben strutturati, sennò rischi di cadere in depressione. Davvero una brutta esperienza, ma ne sono uscito fortificato. Me ne possono dire tante, ma davanti alle difficoltà reagisco bene».
andrea carnevale 2
Proprio come ha fatto da bambino, quando ha perso in pochi anni la madre e il padre.
«Sono cresciuto senza genitori. Avevo 13 anni quando mamma è morta. Ma non ho mai avuto paura. In casa eravamo in sette, serviva che qualcuno portasse da mangiare. Mi svegliavo la mattina presto e andavo a lavorare. Ho fatto il muratore, aiutavo il falegname. Poi la sera andavo ad allenarmi. Mia sorella si arrabbiava, mi dava gli schiaffi. Secondo lei avrei dovuto solo lavorare. Ma io ero sicuro: ”Farò il calciatore, tranquilla. Un giorno diventerò famoso”. E così è stato».
Come è riuscito, da adolescente quale era, a superare un dolore così grande come la morte dei propri genitori?
«Con la testa. Ho costruito un muro per proteggermi, e ho chiuso il dolore in una cassaforte. Sono un capricorno, sono uno tosto. Fissavo obiettivi e lottavo per centrarli. Anche da calciatore, quando scendevo in campo pensavo solo a vincere, lasciavo fuori da quella sfera i problemi personali. Gliel’ho detto, avevo fame di arrivare, volevo cambiare la mia vita. Niente poteva fermarmi».