Andrea Tarquini per “la Repubblica”
Philharmoniker Berliner
Si vedranno lunedì, solo loro, in un luogo segreto. Né familiari né amici né amori potranno accompagnarli, e ognuno di loro dovrà garantire il totale isolamento dall’esterno: niente cellulari, né smartphone, beeper o tablet in tasca. Solo loro possono e devono scegliere il capo in totale autonomia da eletti, solo a loro dopo il voto segreto spetta chiamare il prescelto, e se lui rifiuta tutto il rito deve ricominciare.
Philharmoniker Berliner Orchestra
Sembra che stiamo parlando degli Illuminati, o di qualche altra setta della letteratura contemporanea, invece no. I nostri eroi sono i mitici Berliner Philharmoniker. Lunedì prossimo, nessuno deve sapere dove, s’incontreranno come congiurati o carbonari da qualche parte a Berlino.
Deporranno le preferenze in un’urna custodita da fiduciari giurati e vegliata da guardie del corpo. E dal risultato del loro voto segreto e sovrano uscirà l’erede di sir Simon Rattle. Contesa segreta, e insieme scontro aperto, tra rivali che non potrebbero essere diversi l’uno dall’altro, per dati anagrafici, stile e persino presunto segno politico.
BARENBOIM DIRIGE
Lo chiamano già “il Conclave della Filarmonica”: questa tradizione di autogoverno dei Berliner, ricorda Ulrich Amling sul Tagesspiegel , è unica nel mondo della musica. Nacque il lontano primo maggio 1882, all’inizio del massimo splendore della Germania del Kaiser, quando Berlino imperiale e cosmopolita inviava archeologi e traduttori dal greco antico e dall’arabo in tutto il mondo, e solo Londra rivaleggiava con lei come location di grandi musei e centro industriale globale.
Più volte è stato duro: da quando i prescelti erano troppo deboli come Hermann Wolff, il primo di tutti, e dovettero essere sostituiti dopo pochi anni davanti a un pubblico deluso e in rivolta. Fino a quando, negli anni cupi del Reich Millenario, Goebbels, Goering, a volte Hitler in persona, vollero dire la loro, brutalmente.
Barenboim
Anni cupi, quando Wilhelm Furtwaengler s’illuse di salvare l’autonomia dei Berliner firmando dichiarazioni di fedeltà e ribattezzandoli Reichsorchester, “orchestra del Reich”. O più avanti, quando von Karajan fu il Maestro del miracolo economico, ma fin troppo segnato da memorie passate e dallo stile tremendamente autoritario.
Adesso, 70 anni dopo la disfatta hitleriana, nella Germania tornata unita, è più complesso che mai. I candidati più diversi, e di segno più incompatibile, si affrontano a duello per la successione al podio che fu di Karajan, Abbado e sir Simon. Dopo un italiano e un inglese, direbbe la logica come in Vaticano, ci rivorrebbe un tedesco. Ma Christian Thielemann più prussiano di ferro, allievo ultraortodosso di von Karajan, appare a molti troppo conservatore se non nazionalconservatore.
Christian Thielemann
Se poi stiamo a sentire i sondaggi nel pubblico, il favorito dei berlinesi è un altro: un terzo dei consensi vanno ad Andris Nelsons, baltico,appena 36enne, ora alla Boston Symphony Orchestra. Seguito a ruota dall’ancor più giovane venezuelano Gustavo Dudamel, guida attuale della Los Angeles Philarmonic Orchestra. Contro i due giovani non tedeschi, nei favori del pubblico il “teutonico” Thielemann è appena terzo.
riccardo muti corna
Seguito a ruota da Daniel Barenboim, poi dal 72enne Mariss Jansons, poi dai nostri Riccardo Chailly e Riccardo Muti. Il pubblico berlinese, linfa vitale costitutiva dell’orchestra globale migliore del mondo, è insomma molto meno conservatore di quanto Thielemann speri. Ma la lotta è aperta, e a ogni ora che s’avvicina quel voto segreto sale la tensione. Un’ipotesi di compromesso sembra prendere piede, nei corridoi del Conclave della Filarmonica: in libera scelta segreta, ma in realtà concordata prima, i Philharmoniker sceglierebbero Barenboim – cosmopolita, ebreo, pacifista e progressista, e radicato berlinese – ma per un mandato solo.
Andris Nelsons
Per poi dare intanto al giovane ma già amato Dudamel e al suo rivale Andris Nelsons un po’ di tempo per maturare, e contendersi a loro volta la bacchetta, di Furtwaengler e von Karajan. Insomma, tempi duri per i presunti nazionalconservatori come è ritenuto Thielemann. Almeno nel mondo della musica in Germania se non altrove in Europa, meglio di niente.
Herbert von Karajan Mariss Jansons Gustavo Dudamel