Giusi Fasano per il “Corriere della sera”
È la legge del contrappasso. I ragazzi delle angherie ad Antonio Stano - quelli che lo bullizzavano e che l'hanno terrorizzato finché lui si è chiuso in casa per giorni - adesso provano sulla loro pelle l'isolamento che quell'uomo ha provato per anni. Adesso sono loro i segregati: i 14 bulli (due maggiorenni e 12 minorenni) finiti sotto accusa dopo la morte del povero Antonio che l'inchiesta ipotizza sia legata alle incursioni, ai tormenti e alle botte subite, filmate e condivise via WhatsApp.
antonio stano 1
La gran parte degli adolescenti indagati non esce più di casa, ovviamente niente telefonino o computer, nessuna voglia di fare un giro in piazza nemmeno ieri, giornata magnifica di sole. E non è soltanto la punizione dei genitori, è la consapevolezza crescente di una responsabilità che soltanto adesso cominciano a vedere per quella che è. Solo ora sanno che è gravissima anche la più marginale delle posizioni, e cioè aver ricevuto quel video e averlo tenuto lì, nella memoria del cellulare, senza usarlo per denunciare ciò che stava succedendo a quel pover'uomo depresso e dalla mente confusa.
aggressione ad antonio stano a manduria
«Mi vergogno tantissimo. Non mi sembrava che fosse una cosa così grave guardare quel video arrivato su whatsapp» ha detto al suo avvocato uno dei minori. «Lo facevamo un po' per ridere, lo prendevamo in giro ma io non avevo capito che lui ci stava così male», si è giustificato un altro.
«Me ne sono accorto adesso che ho sbagliato, non pensavo di fare niente di male» riassume un altro ancora. «Mi dispiace essermi comportato così» ha giurato ai genitori uno degli indagati, «non avevo mai pensato a quanto stava soffrendo il pazzo». E ancora: «Giuro che non volevamo fargli del male», «non volevamo che morisse».
aggressione ad antonio stano a manduria 1
Al fianco dei loro genitori, negli studi degli avvocati che li difendono, quei ragazzi hanno ascoltato a testa bassa le ipotesi degli scenari giuridici che verranno: lunghi procedimenti penali anche se dovessero ridursi i reati contestati, l'inevitabile gogna che già impera sui social e per le vie di Manduria (per loro e per i loro genitori) e, soprattutto, la possibilità che scattino degli arresti, date le accuse per omicidio preterintenzionale e rapina. Insomma: un orizzonte abbastanza scuro.
Che il procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo non smentisce: «Il carcere - dice - è ben più di una ipotesi nel momento in cui le responsabilità saranno accertate. Ma al di là degli episodi di cui parliamo va detto che quel poveretto sarebbe ancora vivo se ciascuno avesse fatto il proprio dovere, evidentemente non è stato così e noi questo aspetto non lo trascureremo.
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Cercheremo di capire come mai nessuno ha segnalato le condizioni disagiate di quell'uomo e cercheremo di sapere anche cosa è successo nei suoi ultimi 15 giorni in ospedale». Stamane alle dieci «lu Pacciu», il pazzo, come lo chiamavano tutti nel quartiere, avrà con la cerimonia funebre un onore che mai ha avuto in vita: l' attenzione e il saluto di tanta gente che finora, nella migliore delle ipotesi, lo aveva ignorato.