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    GOODBYE HONG KONG – I CINESI ALLA FINE HANNO VINTO E HANNO MESSO LA PIETRA TOMBALE SULL’AUTONOMIA DI HONG KONG. COSA RESTERÀ DEI MOVIMENTI DEMOCRATICI? POCO O NULLA. ORMAI IN PIAZZA VA SEMPRE MENO GENTE, MOLTI VOGLIONO SCAPPARE ALL’ESTERO E HANNO CAPITO CHE RESISTERE AL REGIME COMUNISTA È INUTILE. COME FA CAPIRE ANCHE L’AMBASCIATORE CINESE IN ITALIA LI JUNHUA: “HONG KONG È DELLA CINA. NESSUNO DOVREBBE SOTTOVALUTARE LA NOSTRA DETERMINAZIONE...”


     
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    1 – DOPO LA LEGGE SULLA SICUREZZA APPROVATA DA PECHINO IN PIAZZA RIMANGONO SOLO GLI IRRIDUCIBILI

    Cecilia Attanasio Ghezzi per “la Stampa”

     

    Michael Mo 1 Michael Mo 1

    «È l' inizio della fine». Così Michael Mo sintetizza al «New York Times» la situazione di Hong Kong. Lui, un funzionario locale che fa parte della rete di studenti, insegnanti, politici e attivisti che da un anno coordina le proteste, sembra non abbia quasi null' altro da dire. E non è il solo. La ricerca «come emigrare» su Google è decuplicata dalla sera alla mattina, e chi si dice ancora convinto di voler combattere lo fa a costo di «morire con il proprio nemico» perché, come si legge su Lihkg, un sito molto popolare tra i manifestanti, «non ci facciamo illusioni sul nostro margine di vittoria, ma rifiutiamo categoricamente che Hong Kong soccomba alla tirannia: non molleremo!».

     

    proteste a hong kong per la legge sulla sicurezza nazionale 8 proteste a hong kong per la legge sulla sicurezza nazionale 8

    La paura di come verrà applicata sul suolo hongkonghese la nuova legge sulla sicurezza approvata a Pechino la scorsa settimana, fa improvvisamente sentire tutti più vulnerabili e disperati. C' è chi cancella i propri account dai social media per paura che le opinioni espresse possano essere usate come aggravanti in un (non troppo) ipotetico processo, e chi rinuncia a manifestazioni e sit-in all' ultimo momento.

     

    xi jinping vota la nuova legge sulla sicurezza nazionale di hong kong xi jinping vota la nuova legge sulla sicurezza nazionale di hong kong

    La protesta che dura da un anno e che è arrivata a portare in piazza un abitante su tre dell' ex colonia britannica, si è sfilacciata. Oggi sono appena qualche migliaio quelli che aderiscono ai cortei, e i boicottaggi e gli scioperi sono più frequenti degli scontri. Inoltre, anche se difendere l' autonomia di Hong Kong dalla terraferma si riconferma l' obiettivo principale, è in crescita il numero di chi si è radicalizzato e non vede altra strada che rompere quello che è sempre stato considerato un tabù: chiedere la completa indipendenza. Il banco di prova del movimento e della sua forza sarà il 4 giugno, quando si celebra il 31° anniversario di piazza Tiananmen. La veglia è stata, per la prima volta, vietata dalle autorità.

    Michael Mo Michael Mo

     

    «Non abbiamo altre carte da giocare», dichiara al «Guardian» un architetto trentenne.

    proteste a hong kong per la legge sulla sicurezza nazionale 1 proteste a hong kong per la legge sulla sicurezza nazionale 1

    E spiega: «In mancanza di un' altra via d' uscita, sarà meglio morire assieme alla Cina». E sì che di tentativi ne hanno fatti. Già nel 2012 gli studenti cominciarono a protestare perché il governo centrale aveva imposto che a scuola si studiasse su libri di storia che esaltassero i successi del Partito comunista cinese e il suo modello politico.

     

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    Nel 2014 il cosiddetto «movimento degli ombrelli» bloccò la città per 79 giorni per opporsi alla decisione del governo cinese sul fatto che Hong Kong avrebbe potuto votare il proprio leader solo scegliendolo da una lista di nomi approvati da Pechino. Nove dei suoi attivisti più agguerriti finirono in carcere, ma per la prima volta entrarono nel mini parlamento locale due giovani politici dichiaratamente pro indipendenza.

     

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    Poi c' è stato il caso dei cinque librai, misteriosamente scomparsi poco prima che venisse dato alle stampe un libro sugli amori prematrimoniali del presidente Xi Jinping e riapparsi qualche tempo dopo sulla terraferma solo per essere incriminati di altri reati.

     

    Stessa sorte capitata a uomini d' affari cinesi intrappolati nelle maglie della campagna anticorruzione e prelevati, illegalmente, dal territorio dell' ex colonia britannica.

    Infine le manifestazioni oceaniche dell' ultimo anno contro l' estradizione e, ultime solo in ordine di tempo, le immagini della settimana scorsa: ragazzini messi al muro e perquisiti dalla polizia all' uscita da scuola, ancora con lo zainetto sulle spalle.

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    Sembra che il futuro distopico raccontato in «Ten Years», un film cult prodotto a basso costo da cinque giovani registi locali nel 2015, sia improvvisamente diventato realtà. Con cinque anni di anticipo. A complicare la situazione, c' è l' essersi trovati in mezzo al contrasto sempre più acceso tra le prime due economie mondiali. Se per il presidente cinese Xi Jinping la nuova legge sulla sicurezza rappresenta l' unico strumento che conosce per preservare la sua sovranità sul «Porto profumato», per quello statunitense Donald Trump fa decadere l' autonomia e i privilegi dell' ex colonia britannica e, di conseguenza, mette in discussione la sua identità di hub finanziario globale.

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    Non è un caso che se Pechino censura le immagini delle proteste pacifiche di Hong Kong oscura persino un canale internazionale come la Bbc quando le trasmette, negli ultimi giorni ha lasciato che i suoi cittadini fruissero liberamente di quelle delle rivolte che sono dilagate negli Usa.

     

    hong kong hong kong

    George Floyd è diventato un trend topic anche sui social cinesi e l' immagine dell' afroamericano schiacciato, forse soffocato, dal ginocchio di un agente è ampiamente condivisa e commentata: «Sono questi i diritti umani che difendete?».

     

    li junhua sergio mattarella li junhua sergio mattarella

    2 – L'AMBASCIATORE CINESE "NESSUNO SOTTOVALUTI LA NOSTRA DETERMINAZIONE"

    Lettera di Li Junhua* a “la Stampa”

    *Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese

     

    La sessione dell' Assemblea Nazionale del Popolo Cinese (ANP) appena conclusasi ha approvato una decisione per avviare l' attività legislativa nei confronti di Hong Kong per tutelare la sicurezza nazionale. Vorrei condividere con voi alcune riflessioni.

     

    hong kong gas lacrimogeno sui manifestanti hong kong gas lacrimogeno sui manifestanti

    Prima di tutto, la legislazione non è opzionale, ma obbligatoria. Hong Kong è tornata sotto la sovranità della Cina da 23 anni e il mantenimento della prosperità e stabilità della città è indissolubilmente legato alla «Basic Law» di Hong Kong e al sostegno e alla tutela da parte del governo centrale cinese.

    Beppe Grillo con l ambasciatore cinese Li Junhua Beppe Grillo con l ambasciatore cinese Li Junhua

     

    La «Basic Law» è un unicum e nella sua attuazione esistono ancora delle evidenti falle. In base all' articolo 23 della «Basic Law», la Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong deve legiferare, al fine di proibire ogni attività volta alla secessione nazionale o alla sedizione.

     

    li junhua maria elisabetta alberti casellati li junhua maria elisabetta alberti casellati

    Trascorsi 23 anni, tale legislazione non è stata completata. Per quasi un anno, ad Hong Kong le proteste - trasformatesi gradualmente in una «rivoluzione colorata» - hanno innescato violenza e terrore. Spostando lo sguardo sul panorama internazionale, non c' è Paese che di fronte ad azioni che ne danneggiano la sicurezza interna resterebbe fermo a guardare.

     

    In secondo luogo, il decreto legge non mira a limitare l' alto grado di autonomia di Hong Kong, ma punta a garantire maggiore sicurezza e libertà per i suoi abitanti.

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    Attualmente, una minoranza di forze provocatrici ad Hong Kong ha riattivato le violenze, bloccando la circolazione, mettendo tutto a ferro e fuoco. I violenti picchiano addirittura i cittadini, uomini e donne, con idee diverse dalle loro. I separatisti promuovono «autodeterminazione», «referendum», gridando «indipendenza per Hong Kong».

     

    Il disegno di legge per la sicurezza nazionale è mirato proprio a quelle persone e organizzazioni che vogliono dividere il Paese e sovvertirne l' ordine politico e che organizzano attività terroristiche.

     

    li junhua li junhua

    In terzo luogo, il progetto di legge non è la conclusione del principio «un Paese, due Sistemi», ma un modo per rendere quest' ultimo più stabile e duraturo. «Un Paese» è la premessa e la base per l' attuazione dei «due Sistemi». I «due Sistemi» appartengono e nascono da «un Paese» e sono uniti all' interno di esso. Se il principio «un Paese» vacilla, non c' è più modo di parlare di «due Sistemi».

     

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    Oggi, La famosa e splendente «Perla d' Oriente» si è trasformata nella «Macchia d' Oriente» con violenza e rivolte, ordine sociale e stato di diritto sovvertito.

    Nel 2019 l' economia di Hong Kong ha visto per la prima volta in 10 anni una crescita in negativo. Il disegno di legge consoliderà le basi del concetto «un Paese» per sviluppare al meglio i vantaggi dei «due Sistemi» e promuovere uno sviluppo sano e una gestione duratura e pacifica di Hong Kong.

     

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    Da ultimo, vorrei sottolineare che nessun Paese, Italia compresa, permetterebbe lo sviluppo, sul proprio territorio nazionale, di attività che minacciano la sicurezza nazionale.

    Ci sono Paesi che hanno emanato decine di leggi in materia di sicurezza nazionale, eppure si intromettono sulla decisione dell' Assemblea Nazionale Cinese di legiferare in tale ambito, mi chiedo, questo non è un esempio nudo e crudo di fare «due pesi e due misure»?

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    Qual è la ragione di tale atteggiamento? Hong Kong è Hong Kong della Cina e gli affari della città sono pura politica interna cinese. La Cina è ferma nel voler tutelare la propria sovranità nazionale, sicurezza e il proprio sviluppo, è risoluta nel voler implementare «un Paese, due sistemi» e nel tutelare la prosperità e la stabilità di Hong Kong. Nessuno dovrebbe sottovalutare la determinazione della Cina in questo senso.

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