Estratto dell’articolo di Micol Flammini per “il Foglio”
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[…] A Kfar Etzion, che si trova tra Betlemme e Hebron, si arriva alla fine e il suo cancello giallo non è diverso dagli altri, ma oggi si apre spesso e lascia entrare tutti coloro che vogliono partecipare al funerale di un soldato. Il cimitero è diviso in due, c’è la parte civile e quella militare, quest’ultima, dall’inizio della guerra a Gaza, è stata ingrandita. Due ragazzi che hanno appena iniziato il servizio militare non tolgono gli occhi da quei metri di terreno in più che si è conquistata la morte in breve tempo.
[…] Eliaz Cohen ha due figli in guerra, uno nella Striscia l’altro sul confine settentrionale. Il terzo è tornato da poco per una ferita. Diluvia a Kfar Etzion, la notte è arrivata presto preceduta dai fulmini, e Cohen dice che c’è tanto bisogno di acqua, perché qui si lavora la terra e prima del sionismo non c’era nulla.
la fermata dell autobus di kfar etzion foto di micol flammini
E’ un poeta, è nato e vissuto negli insediamenti israeliani, detesta i coloni estremisti: “Non è un problema di immagine, è un problema di morale e di ebraismo. Non puoi comportarti così, non puoi far male ai tuoi vicini palestinesi. Anche noi subiamo atti di vandalismo da parte degli estremisti, ma loro sono soltanto una minoranza, negli insediamenti si lavora per la pace”. Ha un suono stonato la parola pace detta qui, un suono stridulo che non ci si aspetta di sentire e che si confonde fra i tuoni del temporale.
Sembra un ossimoro se accostata al mondo, all’universo degli insediamenti che la comunità internazionale non riconosce, anche se tutto qui è inconfondibilmente israeliano. Bisogna andare a fondo, capirla meglio la pace vista da qui.
Eliaz Cohen da anni fa parte di un’associazione dal nome esplicito: “Una terra per tutti”, che fa incontrare israeliani e palestinesi per pensare a come rendere la convivenza sicura. “Noi dobbiamo garantire la nostra sicurezza e quella dei palestinesi, abbiamo avuto un’idea nuova, va oltre la soluzione dei due stati, che non ha funzionato. Pensiamo a una confederazione sul modello dell’Unione europea, che tenga dentro tutti i popoli che vivono in quest’area. Uno spazio dai confini aperti, è inutile continuare a parlare di due stati divisi, non può funzionare su una terra che, passata la linea verde, è così mista”. […]
Eliaz Cohen
[…] “[…] Non pensiamo a una federazione sul modello tedesco o americano, ma a stati separati. Ciascuno con le proprie istituzioni, i propri primi ministri e presidenti, ma con una struttura per dialogare. Certo, tutto questo prima di sconfiggere Hamas non è possibile”. Eliaz dice che il sostegno per i terroristi della Striscia in Cisgiordania non è alto, e anche dentro Gaza è poca cosa.
Dopo il 7 ottobre, Eliaz Cohen ha parlato con persone vicine ad Abu Mazen […] e […] ha cercato di convincere il presidente dell’Autorità nazionale palestinese che era arrivato il momento non soltanto di una condanna dell’attacco, ma di dire che il 7 ottobre era stato un atto contrario all’islam. “Stava per farlo, lo so per certo. Poi il Jihad islamico ha lanciato il razzo che è finito davanti all’ospedale, tutto il mondo ha accusato Israele, in Cisgiordania ci sono state forti proteste e Abu Mazen non l’ha più fatto”.
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Dall’insediamento di Kfar Etzion sembra chiaro che il futuro della Striscia non può essere israeliano, è un’opportunità per l’Autorità nazionale palestinese, ma almeno all’inizio dovrà esserci Israele a garantire la sicurezza, sul modello della zona b della Cisgiordania. E Gaza sarà una delle parti della confederazione che, confessa Eliaz, sarebbe stato bello intitolare ad Abramo, ma sono arrivati prima gli accordi, l’idea è sfumata e bisognerà ricominciare a pensare anche al nome.
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E la bandiera? Si penserà anche alla bandiera, perché dovrà pur esserci un vessillo comune come esiste quello europeo. Ma Cohen frena e ricorda che “prima bisogna sconfiggere Hamas, poi si penserà a tutto. Non esiste un accordo, ma c’è un piano. Noi – intende israeliani e palestinesi – sappiamo come farlo”.
L’ambizione è tanto estesa che secondo Eliaz arriverà anche il momento di un esercito comune: “E’ ovvio che il nostro, Tsahal, ha già le capacità e l’esperienza e prima o poi anche i palestinesi saranno ammessi, ci vuole fiducia e capiranno che la minaccia nella regione è rivolta contro tutti noi e viene da Teheran”.
la fermata dell autobus di kfar etzion foto di micol flammini
Ma “prima bisogna sconfiggere Hamas”, che Eliaz definisce “una combinazione di sunniti che hanno preso i metodi dell’Iran”. E come si sconfigge Hamas? La risposta che viene in questo insediamento che come gran parte di Israele ha mandato i suoi figli a combattere è inattesa: “Mettendo al sicuro i civili”.
[…] “E’ una questione morale e di strategia. Dal primo giorno ho pensato che fosse il momento di fare qualcosa in grado di cambiare le cose a Gaza. E non è facile non maledire una guerra per un padre che ha mandato i suoi figli, che ogni giorno riesce a mantenere delle comunicazioni in modi sporadici, che ogni volta che la comunicazione si interrompe pensa che se fino a un secondo prima suo figlio stava bene, l’istante dopo potrebbe essere successo di tutto”, il pensiero va a quelle cinque tombe in più al cimitero di Kfar Etzion, che ogni genitore guarda con paura e rispetto.
NETANYAHU E ABU MAZEN
“Ma come tutti gli israeliani so che la guerra è l’unico modo per eliminare il demonio Hamas e bisogna prendersi cura degli abitanti di Gaza. Dallo Shabak mi hanno detto che hanno identificato circa centomila terroristi, gli altri sono civili e aiutarli è nostra responsabilità”.
[…] Ancora un tuono, ancora una sorpresa, ancora un’idea che sembra arrivare sommersa da un cigolio di “impossibile”, “irrealizzabile”, “impensabile”. “Possiamo farcela, invece”, dice Eliaz probabilmente senza sapere che è la stessa frase che disse Angela Merkel quando decise di aprire le porte della Germania a un milione di rifugiati siriani. Eliaz vuole aprire le porte di Israele ai cittadini di Gaza […].
MICOL FLAMMINI
“Nelle prime settimane della guerra, ero tra coloro che premevano affinché il presidente egiziano al Sisi si prendesse un milione e mezzo di civili. Lui ci ha risposto: prendeteveli voi. E io ho pensato: possiamo farcela” […] “David Ben Gurion avrebbe voluto che il Negev venisse popolato, era andato lui a viverci per primo, ma in pochi lo hanno seguito. Lì c’è posto per portare la popolazione di Gaza. E non va scordato che, senza i civili, per l’esercito israeliano sarà più semplice eliminare Hamas. Le prime volte che ho parlato con alcuni funzionari del governo e della sicurezza di questa idea, mi hanno detto che sarebbe stato impossibile. Qualcuno inizia a cambiare idea”.
la fermata dell autobus di kfar etzion foto di micol flammini
[…] L’unica fermata dell’autobus di Kfar Etzion è un migunit, un rifugio pubblico, dentro aspettano due soldati, sono giovanissimi, hanno appena iniziato il servizio militare, se la guerra sarà breve non andranno a Gaza, se con il Libano non inizierà un conflitto, non andranno neppure lì. Eliaz Cohen li osserva. “Qui abbiamo deciso di non aspettare il Messia, ma di diventare ognuno di noi un Messia che redime se stesso. E c’è soltanto un modo per far finire la guerra […] eliminando Hamas”.
attacco hamas in israele
IL MANUALE DI HAMAS PER L ATTACCO DEL 7 OTTOBRE DIFFUSO DALL IDF fotoreporter durante l attacco di hamas del 7 ottobre 2
ABU MAZEN E NETANYAHU insediamenti nell area di kfar etzion 4