Estratto dell'articolo di Brooke Anderson per il Venerdì di Repubblica
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Tutti a intenerirsi per i bambini, tranne Big Tech, a ben vedere. Perché tra darsi da fare a beccare i pedopornografi e tutelare la privacy dei clienti tende a vincere la seconda. In alcuni casi più di altri. «Quando avevo 14 anni, un ragazzo più grande mi ha costretta a mandargli delle foto di me nuda. Gliele ho passate su Facebook Messenger. Lui le ha poi condivise su vari social media, utilizzando dispositivi Apple.
Quelle foto sono ancora in qualche iCloud e continuano ad essere condivise. L'uomo che ha abusato di me 13 anni fa, oggi è in carcere. Ma quelli che lasciano che l'abuso si ripeta siedono tranquilli nei loro uffici» ha raccontato la 27enne Leah Juliett alla Commissione giustizia del Senato americano durante quattro ore di testimonianze delle vittime, accuse dei politici e scuse dei magnati del web.
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Con i primi due che chiedono agli ultimi di fare di più per trovare ed eliminare il materiale pedopornografico dalla frazione di internet che ognuno controlla. […] Ad oggi, negli Stati Uniti, le compagnie che forniscono servizi elettronici hanno l'obbligo di denunciare le immagini di abusi su minori che trovano sulle proprie piattaforme.
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Ma non hanno l'obbligo di cercarle. Non hanno l'obbligo di attivare filtri per individuare foto o video sospette. L'ente governativo cui presentare le segnalazioni si chiama National Center for Missing and Exploited Children.
Nel 2023, […] ha ricevuto quasi 36 milioni di denunce, per un totale di oltre 100 milioni di file incriminanti. Google (che possiede Android, il sistema operativo usato, tra gli altri, da Samsung) ha presentato 1 milione 471 mila esposti, Facebook 17,8 milioni, Instagram 11 milioni, Microsoft 149 mila. Apple, 267.
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Questo non vuol dire che i due miliardi di iPhone in uso nel mondo siano in mano a moltissimi stinchi di santo e a duecento mele marce.
Vuol dire che Cupertino, sommo protettore della privacy dei propri utenti, cerca peggio delle altre. «Siamo chiari: nessuna compagnia fa abbastanza per proteggere i minori. Però Apple è l'ultima della classe. Non fa praticamente nulla»: è categorica Sarah Gardner, fondatrice e ceo del gruppo Heat Initiative, nato per fare pressione sulla casa di Cupertino.
«Si giustificano dicendo: noi facciamo telefoni, non siamo un social network. Ma non possiamo ignorare che Apple fornisce uno dei sistemi operativi più diffusi al mondo. Che attraverso iMessage i ragazzi scambiano video e foto e che tutto resta in qualche angolo dell'iCloud». […]
UN ALGORITMO COME DETECTIVE
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Nell'agosto del 2021, Apple ha annunciato di lavorare a un sistema crittografico per scovare le immagini pedopornografiche nel suo cloud. […] Si tratta di creare un algoritmo in grado di assegnare una sorta di impronta digitale unica alle immagini che contengono violenze o abusi già noti. In questo modo, il sistema diventa capace di individuare le corrispondenze e le invia a un gruppo di revisori in carne ed ossa.
Questi sventurati visionano il materiale, rimandano indietro i granchi presi dall'algoritmo e inviano invece il materiale pericoloso all'ufficio federale di cui sopra. Che a sua volta fa un'ulteriore cernita e infine segnala i file che restano alla polizia. […] Questo setaccio agli esperti della privacy è sembrato comunque una chiave d'accesso ai dati degli utenti. […] il programma è stato abbandonato nel dicembre 2022.
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DUE MILIONI DI DOLLARI
«Quando è successo, mi trovavo a una conferenza» racconta Gardner, che già da dieci anni si occupava di rintracciare abusi online «Ho incontrato una dipendente di Apple e le ho chiesto: Non credi che vi si ritorcerà contro? Non credi che la gente vi chiederà conto di questa decisione?. "No" mi ha risposto sprezzante "nessuno dirà niente". In quel momento, ho deciso che quella sarebbe stata la mia battaglia. Avrei provato a metterli davanti alle loro responsabilità» dice questa mamma-attivista dalla voce bambina e lo sguardo sicuro.
Heat Initiative ha raccolto 2 milioni di dollari da investire in pubblicità su siti web frequentati dai politici a Washington e per le strade adiacenti al quartier generale di Cupertino o agli Apple store di New York e San Francisco. Apple non ha risposto alla nostra richiesta di intervista, ma ha risposto a una email personale che Gardner ha mandato a Tim Cook nell'estate del 2023, poi pubblicata da Wired.com.
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Dicendo, in buona sostanza, che dopo aver consultato tutti gli esperti del settore avevano «concluso che non era possibile implementare questa tecnologia senza aprire la porta alla sorveglianza di massa». Mail in cui Apple spiegava di aver creato una nuova protezione per gli account dei minorenni che avvisa se questi ricevono o tentano di inviare immagini di nudo. Che però è un'altra cosa. […]