1 – I CANI DEL SATIRISTA
Estratto dell'articolo di Mattia Feltri per “La Stampa”
LA VIGNETTA RIPARATORIA DI NATANGELO SU LOLLOBRIGIDA E ARIANNA MELONI - IL FATTO QUOTIDIANO
La vignetta pubblicata ieri dal Fatto raffigura la sorella di Giorgia Meloni e moglie di Francesco Lollobrigida a letto con un nero, e lo rassicura: il marito è fuori tutto il giorno a scongiurare la sostituzione etnica.
[…] ho preso dalla libreria le raccolte di Cuore, giornale satirico fondato e diretto da Michele Serra una trentina d'anni fa, e che noi divoravamo, fossimo comunisti o leghisti o democristiani. È un florilegio di testicoli, chiappe, donne con enormi tette e uomini con piselli minuscoli, e per dire: ho trovato una Sandra Milo debordante di carni e coperta d'uno straccetto lapidata per la colpa d'essere socialista.
MATTIA FELTRI
La satira fa ridere e il problema è se non fa ridere, fine, per il resto fa cassazione Ronald Knox, che pure era teologo: l'umorista corre con la lepre, il satirista insegue coi cani.
[…] mi sembra più interessante il declino di una società quando è indisposta a ridere, o a sorridere, o a cambiare pagina se non gli viene né da ridere né da sorridere, perché troppo impegnata a coltivare depressione e rabbia.
Ma una società del genere è destinata a produrre un'autosatira involontaria: il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha salutato gli studenti ferraresi dell'istituto Vittorio Bachelet, che ha pronunciato Bàkelet. Una sola parola, Bàkelet, ha squadernato un intero mondo come non avrebbe potuto la più magnifica delle vignette.
2 – È LA SATIRA BELLEZZA, ANCHE QUANDO È VOLGARE
Estratto dell'articolo di Luca Bottura per “La Stampa”
arianna meloni francesco lollobrigida
La politica che spiega alla satira cos'è la satira non è mai un bello spettacolo. Anche in presenza di satira disgustosa. Forse soprattutto: altrimenti si è Charlie solo quando qualcuno arma il Kalashnikov. […]
È che in democrazia ciò che non è diffamatorio, è permesso. Anche al netto del nitore artistico o persino morale della vignetta. E cosa sia diffamatorio lo stabilisce un giudice, non la seconda carica dello Stato coram populo.
Così, il disegno contro la sorella di Giorgia Meloni, anzi: soprattutto contro suo marito, apparso ieri sul Fatto Quotidiano, può legittimamente apparire greve, irricevibile, sessista, eccetera. Ma non è il Parlamento il luogo per discuterne. Non è la sede di partito il posto giusto per indignarsi. Non è, l'opposizione, il Malaussène virtuale che deve scusarsi per ciò che non ha commesso, facendosi schiacciare come sempre nella narrazione che la vede colpevole delle guerre puniche, del terrorismo, forse anche dei 15 punti restituiti alla Juve.
charlie hebdo 1
[…]
Fratelli d'Italia, la Lega, la Destra italiana tutta, compresi, per primi, i Cinque Stelle a trazione Casaleggio, utilizzano nei confronti degli avversari politici una logica di fideismo Qanonista che prevede lo strepitio contro qualcuno, categoria o persona: basta che non possa difendersi, come volàno del consenso. Per quella discutibile vignetta prendono cappello gli stessi che hanno crocifisso "la Boldrina", chi ne esibiva la bambola gonfiabile sui palchi, quelli che davano degli oranghi agli avversari di colore, quelli per due voti parlano per anni di sostituzione etnica e poi dicono che non sapevano e che si riferivano al ristorante indiano sotto casa.
cuore culturismo craxi michele serra
Di più: Arianna Meloni è comprensibilmente risentita per l'improntitudine grossier applicata alle cose di famiglia, ma oltre che dell'agguato satirico è vittima di una società dello spettacolo che le è toccato cavalcare "autodenunciandosi" per smentire gossip conosciuti solo nell'inner circle del generone romano.
E da quell'informazione che ha accompagnato il populismo con gli stessi toni, la maggioranza berciante che ciancia di "giornaloni" e intanto canta in un coro in cerca di allodole cui spacciare informazione per satira, e viceversa. In una sorta di cortocircuito in cui vale tutto e per questo non vale niente.
LUCA BOTTURA
[…] Casomai bisognerebbe chiedersi cosa siano gli organi di partito camuffati, persino quelli pagati con fondi pubblici, persino quelli che lo Stato ce l'hanno come editore, che usano la pernacchia – senza l'utopia moralista di chi rischia facendo battute – per nascondere la loro contabilità del consenso.
Ma se così fosse, gli indignati di Palazzo dovrebbero chiedersi come sono arrivati fin lì. Con quale modello culturale. E chi li ha sospinti. Vasto programma, praticamente infinito.
il post di giorgia meloni sulla vignetta del fatto quotidiano sulla sorella arianna CHARLIE HEBDO SULLA VALANGA DI RIGOPIANO