stazione di piscinola, napoli, in cui è stato aggredito il vigilante
Conchita Sannino per la Repubblica
Un uomo massacrato solo per riempire con qualcosa la notte.
Tutto è avvenuto perché «volevamo farci un cornetto, ma trovammo il locale chiuso». Luci spente, periferia riconsegnata al vuoto delle tre, niente sotto i denti. «E quindi decidemmo di fare l' agguato al vigilante». È l' agghiacciante punto di partenza, nelle confessioni dei tre adolescenti accusati, a Napoli, dell' efferato omicidio della guardia giurata Franco Della Corte, 51 anni, avvenuto il 3 marzo.
Nel decreto di fermo, due versioni che si differenziano di poco. L. C., più giovane e più violento, 15 anni appena, racconta che non sa neanche lui per quale motivo ha sfondato il cranio di un onesto lavoratore con un bastone: «Ero euforico, mi feci due spinelli».
Nella feroce scorribanda, invece, K. e C. , 16enni, confessano che c' era un movente preciso: «La rapina della pistola». È l' ultimo nodo che dovrà provare a sciogliere il gip Pietro Avallone nell' udienza di convalida prevista, oggi, al Tribunale per i minori.
Dopo, verosimilmente, si spalancheranno le porte del carcere. Ecco le loro voci.
K.: colpimmo tutti e tre K. doveva partire tra quattro giorni per la Germania, a cercare lavoro lì dove i fratelli già fanno i manovali.
carabinieri
È anche il primo a crollare di fronte a polizia e pm. «Erano le 3 di notte e volevamo andarci a comprare un cornetto alla cornetteria "Nuova Vita". Ma era chiuso». Poi quel passaggio che mette i brividi: «E allora, in considerazione dell' orario e del fatto che la cornetteria era chiusa, decidemmo che volevamo aggredire la guardia giurata di turno alla metropolitana ed impossessarci della sua pistola.
A quell' ora il vigilante è solito andare ala stazione metro per il suo giro».
Il pm: chi fu a decidere? K.: « Vi ripeto che dopo aver notato che la cornetteria era chiusa, decidemmo di impossessarci dell' arma. Ma si trattò di una decisione presa da noi tre insieme, senza premeditazione » . E ancora: « Dopo aver impugnato i bastoni (...) corremmo, tutti e tre ci avvicinammo alla guardia giurata che si stava chiudendo il cancello alle spalle: un attimo prima che entrasse in macchina, cominciammo a colpirlo brutalmente con colpi sferrati unicamente alla testa. Quando ci rendemmo conto che la guardia giurata era a terra esanime, scappammo verso via Tafuri » .
C.: io non ho ucciso, guardavo C. è figlio di un onesto operaio edile, sognava di fare il calciatore. È l' indagato che si smarca subito.
«Siamo partiti per fare un agguato alla guardia giurata per impossessarci della sua pistola.
Sentivo da lontano uno dei due miei amici dire: "Dacci la pistola". Ma io non ho colpito materialmente la guardia giurata. Anzi, appena ho visto che era a terra e che il fatto era serio, mi sono fatto prendere dal panico e sono scappato via».
omicidio vigilante
Poco dopo farà mettere a verbale: «Ribadisco che sono un bravo ragazzo, pratico lo sport del calcio a livello semiprofessionale per la squadra Brothers di Chiaiano.
Gioco nel ruolo di terzino. Io non fumo e non bevo». Anche se è quello che nei post su Fb inneggiava a Totò Riina.
L.: un bastone come arma L., classe dicembre 2002, è considerato il "capo". E come tale si comporta: assumendosi tutte le responsabilità. «Mi trovavo insieme ai miei amici, K. e C. Avevo degli spinelli con me, che fumai davanti a loro. All' improvviso, forse preso da euforia, proposi loro di picchiare una guardia giurata che da poco era passata davanti a noi e che ogni notte girava intorno alla stazione di Piscinola. Ricordo che i miei amici erano inizialmente contrari, anche perché non vi era un motivo valido per farlo Ma poi li convinsi. Presi un bastone, tipo piede di un tavolo, che era nei bidoni della spazzatura. Fui io a mantenere il bastone in mano e ad attendere insieme a loro che la guardia terminasse il giro.
Attendemmo nascosti sotto una cornetteria, che era chiusa, erano le tre di notte: appena vedemmo che lui usciva da quel cancello, mentre era intento a richiuderlo, sbucammo da un vialetto adiacente. Così cominciai a percuoterlo alla testa con il bastone. Sapevo che era armato, ma non avevo alcuna intenzione di sottrargli la pistola: che notai aveva nella tasca del giubbotto.
CARABINIERI
Preciso che io lo colpii più volte , anche quando il vigilante era caduto a terra, perché avevo timore che potesse riconoscermi».
L.: ho fatto tutto io L. «Lo sentii russare (in realtà era un rantolio, ndr) e temetti che potesse morire. Aprii una portiera della sua auto, presi una borsa sua e la lasciai nei giardinetti. Poi rimanemmo a guardare l' arrivo della polizia. Voglio ribadire che la responsabilità è solo mia: in quanto i miei amici hanno fatto da spettatori, sebbene mi abbiano assecondato».
La fidanzatina: progetti in fumo Agli atti dell' accusa, anche l' intercettazione della fidanzatina di L. La ragazza si chiama M., 15 anni anche lei. E in attesa in una stanza del commissariato, si sfoga con un' amica al telefono, rammaricandosi che abbiano confessato tutto: «(Gli inquirenti ndr) hanno detto che sono stati loro. E loro, più scemi di loro, hanno detto di sì "siamo stati noi".
Quindi ci hanno dato omicidio e pure rapina... Si parla di 16, 17 anni.. Lui mi ha distrutto.. Io gli dicevo: io non voglio che vai in carcere, mi voglio sposare, voglio fare un figlio con te. Ora, se prendi 16 anni, quando ci sposiamo? A 31 anni?».
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