Claudia Osmetti per "Libero quotidiano"
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C'è (per modo di dire) l'Europa. E poi ci siamo noi. Il nodo sull'immigrazione o lo si sbroglia tutti assieme, mettendoci non solo la faccia ma anche le risorse (che vuol dire strutture, centri, redistribuzione) o restiamo punto e a capo: con gli sbarchi a Lampedusa che in un anno, il 2021, sono raddoppiati e i rimpatri che, nello stesso periodo, invece si sono dimezzati. «Le cronache nazionali sono piene di episodi di violenza commessi da cittadini irregolari che in Italia non ci dovevano neanche stare», racconta l'assessore alla Sicurezza di Regione Lombardia, Riccardo De Corato (Fratelli d'Italia), «oppure peggio, fatti da persone che dovevano essere rimandate indietro, nei loro Paesi d'origine, ma che non siamo riusciti a metterle su un aereo».
espulsione
L'ultimo caso è quello del libico finito (adesso) al carcere di San Vittore per lo stupro, la rapina, l'aggressione e la minaccia di morte ai danni di una donna di quarant' anni di Segrate, nell'hinterland di Milano. Quando l'hanno pizzicato, gli uomini della procura meneghina, si sono accorti che Hamza Sara (è il suo nome), 31 anni, nordafricano, aveva una sfilza di reati sulla sua fedina penale che la metà bastavano a procurargli quel foglio di via con su stampato l'ordine di abbandonare l'Italia che pure aveva in tasca. E diciamocelo subito, generalizzare è sempre sbagliato. Son mica tutti delinquenti quelli che provano a sfidare il Mediterraneo su un gommone improvvisato. Anzi, in massima parte son solo disperati. Però non c'è solo Sara.
MADA KABOBO
C'è il ghanese Adam Kabobo, che ora, da noi, ci resterà per forza, almeno fino al 2033 quando finirà di scontare la pena di circa 23 anni di reclusione per aver ammazzato a picconate tre poveri cristi nei quali è incappato, per caso, in una mattina di maggio del 2013 a Milano. C'è il tunisino Ridha Mahmoudi, anche lui ospite delle patrie galere da quando, a metà settembre del 2020, ha accoltellato a morte il parroco don Roberto Malgesini, a Como, davanti alla chiesa di San Rocco dove gli aveva dato appuntamento col pretesto di chiedergli aiuto.
C'è il nigeriano che a giugno è entrato nella casa di un'anziana a Lomazzo, ancora in provincia di Como, con l'intento di rubare e non ha avuto pietà nemmeno per i suoi 90 anni, l'ha colpita e l'ha persino violentata. C'è l'algerino che ha fatto lo stesso, 'sta volta con una ragazza di appena vent'anni, a Milano, in pieno centro, corso Buenos Aires, una manciata di mesi fa: l'ha seguita fino all'androne del suo palazzo e le ha messo le mani addosso. C'è il marocchino che a Torino ha ucciso la piccola Fatima, 3 anni. Anche lui era irregolare.
don roberto malgesini
Tutti questi episodi hanno un filo conduttore: i loro autori dovevano essere rimpatriati, non avevano diritto di stare qui. Epperò ci stavano. Da irregolari, senza un lavoro, senza una casa, in mezzo alla delinquenza. «Gente pericolosa», aggiunge De Corato, «e la beffa è che lo sappiamo, perché hanno precedenti non solo in Italia ma anche da dove vengono. Per questo, molti di loro, i tunisini, gli egiziani, i marocchini, scelgono di venire attraverso le rotte del mare. Perché se venissero qui a bordo di un aereo, cosa per loro possibile a differenza, per esempio, degli afghani, dovrebbero mettere piede in dogana e spiegare troppe cose». La beffa, oltre al danno. «Non si riesce a rimpatriarli perché adesso han trovato la scusa del covid».
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Mettiamola così: i rimpatri si fanno con gli aerei, ma nell'epoca della pandemia per salire su un aereo serve un tampone negativo: «Ultimamente questi signori han capito che basta rifiutarsi di sottoporsi al test. D'altronde non è un obbligo, è un dato necessario. Serve quello per imbarcarsi. Chi non lo fa resta a terra. E a terra, cioè nei Cpr (i Centri di permanenza per il rimpatrio, ndr), possono rimanerci per 90 giorni, terminati quelli non li puoi neanche trattenere», chiosa l'esponente di Fdi. Il risultato è che siamo in mezzo a una morsa: da una parte l'Ue che si sgola (giustamente) sul rispetto dei diritti umani e alla prova dei fatti (un po' meno giustamente) fa quel che le conviene, con la Slovenia che scarica i migranti oltre il confine di Gorizia, l'Austria che idem, la Francia che non ne parliamo.
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E dall'altra parte i numeri, i nostri numeri: nel 2019 abbiamo rimpatriato 9.862 persone, nel 2020 4.408, l'anno scorso 2.226. E per fortuna che, a fine dicembre, persino il premier Mario Draghi l'aveva messa giù dura: prima del Consiglio europeo ha ricordato che «le già sporadiche redistribuzioni tra i Paesi europei dei migranti sbarcati in Italia si sono interrotte con l'introduzione delle restrizioni pandemiche» e che serve «una gestione condivisa, rapida ed efficace dei rimpatri».
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