Era la sera del 26 novembre 2010 quando si persero le tracce di Yara Gambirasio, una ragazzina di soli quattordici anni, dopo che era uscita dal centro sportivo di Brembate Sopra, in provincia di Bergamo, in cui praticava ginnastica. Esattamente tre mesi dopo il corpo privo di vita di Yara venne ritrovato nel campo di Chignolo d’Isola, un paese vicino.
MASSIMO BOSSETTI
Per questo drammatico caso vennero svolte imponenti indagini investigative condotte dalla procura di Bergamo e dai Ris. Queste portarono all’arresto, il 16 giugno del 2014, di Massimo Bossetti, un muratore di Mapello, a cui corrispondeva uno dei 13 Dna trovati sul corpo della povera ragazzina. Era, quella del Dna, la prova schiacciante per definire il Bossetti colpevole dell’orribile delitto.
Oggi Massimo Bossetti è stato condannato all’ergastolo in modo definitivo da tre sentenze passate in giudicato, ma ancora questa vicenda rimane avvolta in un mistero: perché alla difesa del muratore di Mapello non è stato ancora consentito di periziare quella traccia di Dna trovata sul corpo di Yara e che l’ha inchiodato?
Perché, durante i vari dibattimenti, si è detto che era impossibile reperire quei reperti, mentre si sono poi ritrovati all’ospedale San Raffaele? Ecco una lettera spedita proprio da Massimo Bossetti dal carcere, pochi giorni dopo l’ispezione ministeriale alla Procura di Bergamo e alla vigilia, il 19maggio, di un nuovo passaggio in tribunale, per stabilire il modo in cui verranno consegnati alla difesa i suddetti reperti di Dna.
MASSIMO BOSSETTI
Giovanni Terzi per "Libero quotidiano"
Improvvisamente venerdì 23 aprile mi arriva una lettera dal carcere di Bollate: è di Massimo Bossetti che in quel luogo sta scontandola pena dell’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. È una lettera importante perché mi giunge pochi giorni dopo un’ispezione ministeriale sul caso della morte di Yara Gambirasio su come sono stati mantenuti i reperti del DNA trovati sul corpo della povera ragazza. Per chi scrive e conosce la vicenda a fondo fa impressione parlare, a dieci anni dalla morte della ragazzina bergamasca, ancora di questo caso ed ancora di dna in possesso ora della Procura di Bergamo, ma che era stato dato per “esaurito” in alcune fasi del processo.
massimo bossetti
Una semplice domanda era stata fatta dagli avvocati di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini: «Quando dal San Raffaele quel materiale genetico, unica vera prova per la condanna di Bossetti, è stato trasferito all’ufficio Corpi di Reato del Tribunale di Bergamo, è stato salvaguardato?».
Da tempo i difensori di Bossetti chiedono la ripetizione dell’esame del Dna. Della richiesta di accesso ai reperti si discuterà il prossimo 19 maggio, davanti ai giudici della Corte d’assise di Bergamo. Il presidente della Corte aveva dichiarato inammissibile la richiesta degli avvocati, mentre la Cassazione aveva evidenziato che il presidente non poteva decidere da solo ma era compito dell’intera Corte d’assise.
LE UDIENZE
MASSIMO BOSSETTI
Se da una parte è vero che sono state fatte molte udienze in primo grado, in appello e in Cassazione, che hanno condannato a VITA massimo Bossetti. Ma per dare certezza a questa condanna manca l’unica cosa che doveva essere fatta e non è mai stata fatta, benché sia stata richiesta, ed è una perizia sul Dna fatta dalla difesa del muratore di Mapello. Bossetti sempre si è professato innocente e continua a dire «non posso essere io il colpevole perché non ho mai conosciuto e visto quella ragazza» ma come puo’ dimostrarlo se non gli viene data la possibilità di fare una perizia?
È evidente che se fosse capitato a chiunque di noi, avremmo chiesto la stessa cosa. Al contrario, come dichiarato dall’avvocato Salvagni, «ci siamo dovuti tenere un risultato di una consulenza fatta in autonomia dal Ris dove noi della difesa solo guardando le carte abbiamo trovato 261 anomalie. Il dubbio a questo punto è forte. Se ci fanno fare questi esami credo che la revisione del processo sia dietro la porta. Se invece i reperti sono andati distrutti e non ce li faranno mai analizzare, la questione si complica».
MARITA COMI E MASSIMO BOSSETTI
In questo momento decisivo mi arriva la lettera di Massimo Bossetti. «Caro Signor Terzi, finalmente si avvicina quanto da anni mi è sempre stato impedito di svolgere. Sono fiducioso in questa udienza che mi darà la certezza di una svolta decisiva a questo caso. Credo nella giustizia, anche se fino adesso non mi ha dato la possibilità di dimostrare la mia innocenza ed è un bene che ora me ne dia atto. Spero che questi reperti siano stati conservati correttamente come più volte ho chiesto perché solo, e ripeto solo, attraverso l’esame di questi potrà essere evidenziato il clamoroso errore giudiziario!!! Io sono INNOCENTE e non smetterò mai ne di gridarlo ne di lottare per dimostrarlo. E vi dico con tutta la mia forza che Yara non ha ancora avuto giustizia!!! I giorni passano a rilento tutti sempre uguali a se stessi: bui, vuoti e silenziosi, come pagine bianche sfogliando un libro piano piano. Ed ecco che quei giorni si trasformano in mesi, ed i mesi in anni.
MARITA COMI E MASSIMO BOSSETTI
L’estenuante angoscia del tempo passato lontano da chi, mio malgrado, mi è rimasto lontano; lontano da ciò che amo, nel profondo della disperazione voglio ancora cavalcare la speranza. La luce che entra dalla finestra non basta per scalfire il buio, il vuoto, lo sconforto e quel senso di abbandono, che regna intorno a me. Ormai quasi tutto mi è stato sottratto; l’affetto dei miei cari, l’amore dei miei amatissimi figli che diventano grandi senza avere al loro fianco la propria figura paterna. Sempre più lontani ma vicini attraverso la forza del pensiero.
MARITA COMI E MASSIMO BOSSETTI
Anche su di me rimane un profondo vuoto nel cuore, nell’anima dove solo il dolore e la sofferenza mi fanno ogni giorno compagnia avendomi strappato, per sempre dalla mia vita e portandomi via quanto più al mondo che amo. La presenza dei miei figli è vita per me. Questo è un motivo in più per cui non smetterò mai di lottare. Ed è per questo, anche, che voglio uscire a testa alta da questa assurda e tragica vicenda e non per qualche possibile cavillo giudiziario. Continuerò a gridare trascinandomi in silenzio tutte le delusioni, le ferite e le crepe che mi portò nel cuore e non mi fermerò MAI finché avrò fiato per farlo! Con affetto, la saluto cordialmente. Massimo Bossetti».
yara gambirasio massimo bossetti
L’avvocato Salvagni da sempre vicino sia dal punto di vista legale che umano a Massimo Bossetti così spiega il momento decisivo, dal punto di vista giudiziario, che si sta vivendo: «La cosa è molto semplice. Noi siamo stati autorizzati nel novembre 2019, quindi a processo finito e già in esecuzione, ad effettuare le analisi sui reperti. Analisi che non sono mai state autorizzate durante il processo. Abbiamo sempre chiesto una perizia ma, come detto, non è mai stata concessa. Poi quando abbiamo chiesto le modalità operative per l’effettuazione di questi esami ci hanno detto che la nostra domanda era inammissibile.
foto satellitari chignolo d isola yara gambirasio massimo bossetti
Allora ci siamo rivolti alla Cassazione che ci ha dato ragione. Nel frattempo, visto che i mesi passavano, abbiamo chiesto di sapere come venivano conservati i reperti. Perché è l’unica possibilità di difesa che ha Massimo Bossetti. Non sapendo come venivano conservati, in quanto il presidente del tribunale ci aveva detto che lui non ci avrebbe risposto, allora abbiamo mandato una comunicazione al Ministero della Giustizia, chiedendo di accertarsi di questo fatto. Purtroppo più di così non so cosa dire. A me non è stato comunicato dell’eventuale ispezione o di qualcosa di simile. Però, prendo atto che se davvero c’è o c’è stata, spero che ci sia stato un accertamento sulla corretta conservazione dei reperti».
massimo bossetti
MOMENTO DECISIVO
Ad oggi nulla è stato comunicato sul fronte di potenziali anomalie riferite a come sono stati custoditi i reperti di Dna, ma certo è che per Massimo Bossetti l’udienza del 19 maggio diventa davvero decisiva. C’è bisogno di avere chiarezza in questa drammatica vicenda che ha tolto la vita alla piccola Yara, che il 21maggio avrebbe compiuto ventiquattro anni, ma per farla l’unico modo è dare la possibilità alla difesa di Bossetti di fare la controprova sui reperti di Dna che l’accusa dichiara siano del muratore di Mapello. Pensate se un giorno chi vi accusa di un orribile crimine non vi facesse vedere la prova del reato condannandovi all’ergastolo. Cosa pensereste? Come sempre ho detto Yara Gambirasio merita «il colpevole oltre ogni ragionevole dubbio» e non «un colpevole».
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