Estratto dell'articolo di Ubaldo Scanagatta per ubitennis.it
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Dispiace davvero che nel torneo che per la prima volta si avvicina come giorni di gara ai due Masters 1000 più prestigiosi, quelli del Sunshine Double Indian Wells e Miami, il maltempo abbia fatto di tutto per rovinare la festa del Foro Italico. Che è diventato sempre più bello, ma con il sole lo sarebbe stato molto di più. Speriamo nei prossimi giorni di poterlo ammirare in tutta la sua bellezza, anche se i tennisti italiani si vedono ormai solo su Supertennis e Sky. Era meglio vederli giocare.
Già, dispiace proprio che a turbare quella che poteva essere una quindicina davvero memorabile – anche se la programmazione degli incontri poteva essere a mio avviso migliore e la situazione dei campi anche (ieri a Djokovic è scappato un “Questi sono campi di m…” all’ennesimo cattivo rimbalzo) – ci abbiano messo uno zampino stavolta maldestro anche i tennisti italiani che purtroppo, loro malgrado, non sono stati all’altezza delle aspettative e per la prima volta dal 2019 – e come già nel 2016 e nel 2017 – non ci hanno regalato neppure un rappresentante azzurro fra uomini e donne nei quarti di finale. Altro che sfiorare il trionfo di Panatta nel ‘76, la finale di Zugarelli nel ’77 con Gerulaitis e quell’altra di Panatta nel ’78 con Bjorn Borg.
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Facendo percorso a ritroso, Jannik Sinner aveva raggiunto i quarti un anno fa, sconfitto da Tsitsipas (7-6,6-2). Lorenzo Sonego era stato in semifinale nel 2021: aveva battuto Thiem e poi Rublev, si era arreso a Djokovic in 3 set. Matteo Berrettini raggiunse i quarti nel 2020 quando perse con Ruud.
Insomma abbiamo fatto purtroppo il passo del gambero dopo essersi tutti – noi compresi – riempiti la bocca con proclami sul Rinascimento del tennis italiano.
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Non c’è dubbio che la grande delusione è legata alla inattesa sconfitta di Sinner con Cerundolo, tennista capace di battere già 3 top-ten in carriera ma non così irresistibile da giustificare il duplice 6-2 che gli ha inflitto.
Grande delusione perché le aspettative nei suoi confronti erano enormi, dopo due semifinali e una finale nei primi 3 Masters 1000 dell’anno.
Sembrava quasi che se non avessero vinto il torneo i primi due favoriti, Alcaraz e Djokovic, oppure Djokovic e Alcaraz a seconda dei gusti, il terzo favorito fosse lui, Sinner, anche a causa di un inizio d’anno non travolgente di Tsitsipas e, ancor più, di Ruud. Mentre Medvedev, che ora che deve affrontare il qualificato (e n. 101 ATP) Hanfmann, ha legittime ambizioni di dire la sua anche per il titolo, in 4 partecipazioni romane non aveva vinto una partita e non poteva davvero godere di grandi aspettative.
Allora questo Sinner è davvero forte come si suol dire nei nostri confini oppure no? La risposta la potrebbe dare Albert Einstein: è tutto relativo.
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Certo che è forte. E’ n.8 del mondo. E resterà probabilmente fra i top-ten a lungo. Molto più a lungo di Panatta, Barazzutti e Fognini. Probabilmente anche di Berrettini che c’è già stato di più di quei tre appena citati, anche se aiutato in parte da qualche circostanza favorevole, come il congelamento delle classifiche per via del Covid.
Ma quanto è forte? Beh dipende con chi lo si confronta. Per motivi forse influenzati dal certificato anagrafico lo si è fin qui spesso posizionato sui livelli di Carlitos Alcaraz e Holger Rune.
Ecco, per ora si può, si deve dire che forse si è esagerato per amor patrio e per digiuno di campioni azzurri da… Panatta in poi. Perché i risultati di Alcaraz, uno Slam e 4 Masters 1000, già n.1 ATP passato e prossimo, sono ben diversi e il fatto che Jannik lo abbia battuto in 3 occasioni su 6, a Umago, Wimbledon e Miami dopo averci perso con il matchpoint a favore all’US open significa che Alcaraz soffre il suo tipo di gioco, il bombardamento da fondocampo, e che quindi la distanza non è enorme sul piano personale, ma conta anche tutto il resto. E a vederli giocare si vedono tante altre differenze, tanti più limiti in Jannik piuttosto che in Carlitos.
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Quali limiti ha Jannik se comparati? Cito in ordine sparso (e confuso) le qualità di maggior completezza di Alcaras per: tocco di palla, fluidità naturale del gioco, esplosività dei colpi, forza fisica, atletismo e capacità di recupero, varietà e quindi imprevedibilità, duttilità tattica, dal serve&volley (anche con continuità come ha saputo dimostrare contro Medvedev senza mai sembrare un pesce fuor d’acqua sottorete), alla resilienza del maratoneta. Anche quando serve Carlitos è capace di alternare battute potenti a quelle con il kick, variando di continuo gli angoli, lo spin. I suoi dropshot non sembrano mai costruiti, innaturali… al contrario di quelli di Jannik, il cui tennis spesso dà la sensazione di essere robotico, anche se è indubbio che nell’ultimo anno i progressi siano stati tanti.
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Rune e – non lo dice solo il suo Pigmalione Mouratoglou – è un altro talento decisamente più naturale di Jannik. È più completo, serve meglio, smorza meglio, sa alternare pallate a cambi di ritmo… alla Gattone Mecir, ha un tennis intelligente, istintivo a momenti ma anche ben ragionato in altri.
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Ha già vinto un Masters 1000 –anche se quello di Bercy è il più farlocco dei Masters 1000 – è in anticipo sulla tabella di marcia di Jannik, ha certamente grande personalità, anche se non sempre atteggiamenti gradevoli. Ma mi ricorda abbastanza McEnroe. La gente non aspettava altro che Mac sbroccasse. Sarà così anche con Rune. Il modo in cui ha disposto di Djokovic, nonostante la interruzione dovuta al piovasco che gli è forse costata il secondo set, la dice lunga sulle sue qualità mentali, di testa. Anche il modo in cui batté Sinner a Montecarlo del resto lo dimostrò.
Lui ha già centrato obiettivi che Jannik ha solo sfiorato. Jannik sembra anche essere spesso (troppo spesso?) vittima di guai fisici. Non è un tennista naturale, non è un atleta naturale. Ma ha talmente voglia di arrivare che potrà sconfiggere questi handicap. Lo abbiamo visto in grado di esprimere notevolissime qualità di combattente in certe situazioni, ma purtroppo anche di sembrare talvolta incapace di reagire quando – come contro Cerundolo – è incappato in una cattiva giornata. Come se non riuscisse a liberarsi psicologicamente da una situazione che lo sorprende e lo trova impreparato.
Alcaraz ha perso con Marozsan ma prima di perdere le ha provate tutte. Èstato avanti 4-1 nel tiebreak poi perso 7-4, perché anche lui è giovane e ha delle pause. Ma ha lottato e cercato di cambiare tattica. Mentre Jannik è sembrato sgonfio, si è lasciato andare, senza trovare in sé la forza di reagire. Anche lui è giovane, probabilmente prima o poi supererà queste situazioni, le rovescerà. Ma per ora non è così. Sono ancora tante le cose, anche tecnicamente, che non gli riescono. Sul servizio deve ancora lavorare tantissimo, sulle volée anche. Il salto di qualità che tutti sognano, lui per primo, deve ancora avvenire. Sta imparando, non è… ancora imparato.
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Saltando di palo in frasca… chi si lamenta per l’eliminazione prematura dei grandi favoriti(del ranking per i primi due, del pubblico per il numero 8) rilegga però quello che era successo al Masters 1000 di Madrid. A Roma Medvedev, Ruud, Tsitsipas, Rune, n.3,4,5 e 7 sono ancora in gara (se Cerundolo non fa fuori anche il n.4). A Madrid avrebbero pagato per avere un cast dello stesso livello nelle fasi finali, anche se il personaggio Struff ha entusiasmato per la sua storia..quasi romantica. Il lucky loser che arriva in finale e fa soffrire perfino Alcaraz. Qui a Roma siamo messi meglio. A me piacerebbe assistere a una finale Rune-Tsitsipas. E a voi?
Chiudo esprimendo tutto il mio dispiacere per il forfait di Rafa Nadal al Roland Garros. Non sembrerà il vero Roland Garros. Roma avrà un nuovo campione quest’anno. Forse anche il Roland Garros.
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