1. BERLUSCONI: NO A UN NAZARENO BIS ASSE CON M5S SULL' ITALICUM CORRETTO
Dino Martirano per il “Corriere della Sera”
BERLUSCONI OCCHIALI
Mancano meno di tre settimane al 29 maggio, il lunedì in cui la legge elettorale approderà in Aula alla Camera, e ancora non c' è un testo base sul quale avviare la discussione. Il «telaio» del provvedimento è atteso per oggi ma il presidente della prima commissione, Andrea Mazziotti di Celso (Civici innovatori, vicino al ministro Calenda), almeno fino ieri sera non aveva scelto tra un impianto a forti tinte maggioritarie, gradito al Pd e a pochi altri, e un proporzionale da Prima Repubblica che, a questo punto, sotto il nome di Italicum corretto, non dispiace a un vasto schieramento cui si aggiunge, su input dello stesso Silvio Berlusconi, anche Forza Italia e che già comprendeva grillini, Fratelli d' Italia, Lega, centristi, Sinistra italiana, scissionisti bersaniani.
VERDINI RENZI
Né il primo né il secondo schieramento, comunque, hanno numeri autonomi per imporre la propria ricetta al Parlamento. Ai piani alti del Pd si era pensato di proporre a FI il cosidetto «verdinellum», dal deputato Massimo Parisi vicino a Denis Verdini: 309 deputati eletti con il proporzionale (sbarramento al 5%) e altrettanti con i collegi uninominali senza scorporo.
Ma gli azzurri, fiutata la trappola, ieri hanno definitivamente bocciato la proposta dem: «No al maggioritario perché l' unica legge accettabile è quella che traduce, senza distorsioni, i voti reali in seggi». Lo ha ribadito Silvio Berlusconi: «Non ci sono le condizioni per ripetere un patto del Nazareno con il Pd». Lo ha confermato il capogruppo Renato Brunetta al suo omologo del Pd, Ettore Rosato. Lo ha detto Francesco Paolo Sisto in commissione.
GRILLO SALVINI RENZI BERLUSCONI
Il «niet» di Forza Italia è motivato da un calcolo semplice: il «verdinellum», o sistema tedesco italianizzato, penalizza il partito di Berlusconi nei collegi del Nord (dove vince la Lega), al centro (dove è forte il Pd) e al Sud (dove si impone il M5S). Per cui, profetizza Brunetta, «con questo Mattarellum truccato, pagheremmo un prezzo davvero alto in termini di rappresentanza parlamentare».
ANDREA MAZZIOTTI
Così FI, come testo base, accetta l' Italicum corretto dalla Consulta da estendere ora anche al Senato, con grande gaudio dei grillini: proporzionale con sbarramento al 3%, premio di maggioranza alla lista che supera il 40%, 100 capilista bloccati alla Camera e 50 al Senato, doppia preferenza di genere. Se questo è il testo base è certo, però, che in corso d' opera FI insisterà fino allo sfinimento per trasferire il premio di maggioranza dalla lista alla coalizione. E anche il socialista Riccardo Nencini insiste sul «premio alla coalizione» anche se «in una cornice maggioritaria per garantire la governabilità».
BERSANI D'ALEMA
Il Pd darà una risposta (forse oggi, con Emanuele Fiano che incontra Mazziotti) ma a sinistra Pier Luigi Bersani (Mdp) apre un altro fronte: «Non s' azzardino con i capilista bloccati così da poter scrivere un mese prima delle elezioni i nomi del 70% dei parlamentari». Posizione condivisa dal capogruppo del Misto Pino Pisicchio. E così, per neutralizzare l'«imboscata» dei proporzionalisti, il Pd punta sulle divisioni interne a FI. Ma le osservazioni di Romani («L' Italicum è cambio di linea») evidenziano un' altra trincea: quella dei senatori che non intendono delegare ai deputati l' impostazione della legge da cui dipende anche il loro futuro.
2. SI COMPLICANO I TENTATIVI DI ACCORDO SULLA RIFORMA
Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
AULA SENATO
Lo scontro che si prevedeva sul sistema elettorale sta riaffiorando in modo perfino scontato. È quello tra sostenitori del maggioritario e del proporzionale; e tra i leader di partito che vogliono bloccare i capilista, in modo da portare in Parlamento una quota sicura di fedelissimi, e chi invece vuole rompere questo meccanismo. Il risultato è una sequela di contatti e proposte che però non portano a grandi passi avanti. Per arrivare a un accordo è necessario anche un clima concorde, e questo per ora manca.
boschi ghizzoni
Anzi, aumentano i veleni: non solo tra partiti ma anche al loro interno, come conferma lo scontro che si è consumato ieri dentro Forza Italia sull' ipotesi di un Italicum corretto al Senato: benché in serata Silvio Berlusconi l' abbia «benedetta». E il Pd, accusato spesso di non volere la riforma, ha avuto gioco facile additando i contrasti degli altri.
GRILLO
Un ulteriore elemento di tensione deriva dalla richiesta di censura da parte di M5S e Lega contro la sottosegretaria a Palazzo Chigi, Maria Elena Boschi. Motivo: la sua presunta richiesta all' allora amministratore di Unicredit, Federico Ghizzoni, di valutare l' acquisizione di Banca Etruria, dove il padre era vicepresidente.
Il fatto che i seguaci di Beppe Grillo le chiedano di farsi da parte porta la maggioranza a fare quadrato e a difenderla: sebbene con una compattezza di facciata. In un vertice dem sospettato di cercare un incidente per avere crisi di governo e voto anticipato, la vicenda cambia le priorità. Adesso, l' uscita di scena di Boschi destabilizzerebbe l' esecutivo, si dice. E la richiesta diventa irricevibile. Ma l' annuncio di querele di Boschi e l' assenza di chiarimenti proiettano un' ombra sull' intera vicenda, lasciandola aperta.
OBAMA RENZI
E avvelenano una situazione già esasperata dalle polemiche. La conseguenza politica immediata è che un Pd da qualche giorno al contrattacco, si ritrova di nuovo sulla difensiva. Il suo timore è che una parte del vantaggio dato a Matteo Renzi dalla vittoria alle primarie e dalla visita dell' ex presidente Usa, Barack Obama a Milano, possa svanire. Il sindaco dem della città, Giuseppe Sala, chiede «chiarezza da parte del sottosegretario Boschi, perché non va bene lasciare queste chiacchiere in giro»: linguaggio diplomatico ma chiaro.
BOSCHI E GENTILONI
Si affianca all' offensiva scontata di Grillo, di Matteo Salvini, che incalzano il governo; e, in parte, degli scissionisti di Articolo 1. Ma il premier Paolo Gentiloni conferma piena fiducia alla sottosegretaria. D' altronde, il M5S attacca perché deve uscire dall' imbarazzo per il disastro dei rifiuti a Roma. E il silenzio ostile di una parte del Pd, sebbene significativo, non influirà più di tanto. È il paradosso di un partito che di nascosto magari critica Renzi ma lo consacra leader e lo segue fedelmente. L' impressione è che avverrà anche in quest' ultima appendice del caso Banca Etruria.