Andrea Pasqualetto per il "Corriere della Sera"
FUNIVIA DEL MOTTARONE
C'è chi non sapeva che i forchettoni disattivano i freni e ricorda di averli visti con i passeggeri a bordo perché «Tadini voleva così»; c'è chi dice di non aver mai fatto un corso di formazione e chi racconta della corsa di prova del mattino, che serve a controllare la sicurezza dell'impianto prima dell'apertura al pubblico, fatta con i turisti in cabina, anche la mattina del disastro.
GABRIELE TADINI
E c'è chi, al termine dell'audizione, allarga le braccia: «Senta, lo sapevamo tutti che non era normale viaggiare con i forchettoni montati... ma io temevo di perdere il lavoro se avessi detto no».
Loro sono gli addetti della funivia del Mottarone, macchinisti, vetturini, agenti di stazione, bigliettai. Tutti in qualche modo testimoni di questo piccolo mondo in cui è maturato il disastro. Sono in nove, sentiti dagli investigatori, e i loro racconti messi in fila tratteggiano un quadro sconcertante dell'impianto teatro della sciagura.
FUNIVIA STRESA MOTTARONE
Per esempio, Pietro Tarizzo, l'operatore che il giorno del disastro controllò l'integrità delle funi, la racconta così: «Quella mattina, per la corsa di prova, non sono salito da solo ma con altre 12 persone, oltre al mio collega Zurigo. Questa è stata la corsa di prova quella mattina».
gabriele tadini
Il giro che dovrebbe testare l'impianto prima che la gente ci salga aveva dunque la gente a bordo. Possibile? Lo stesso Tarizzo critica la scelta. Per quale motivo l'ha fatta allora? «Perché Nerini ci ha detto "il gruppo sale con voi". E a loro "salite"». Come dire, dovete portare anche loro.
LA FUNIVIA DI STRESA
Tra l'altro, quella notte c'era stato un temporale che avrebbe dovuto suggerire prudenza a chi doveva aprire l'impianto. Ma Luigi Nerini è il titolare, proprietario della Ferrovie del Mottarone che gestisce la struttura, e per Tarizzo non è facile dire di no.
Il patron era dunque lì quella mattina, il primo ad arrivare. «C'erano lui e la signora Patrizia... sono andato a verificare le funi tenditrici. Ho fatto un controllo visivo puntando una pila su tutti i trefoli. Non c'erano anomalie. Dopodiché siamo saliti con le 12 persone sul Mottarone».
INCIDENTE FUNIVIA STRESA MOTTARONE
Gli chiedono se è una consuetudine fare la corsa di prova con i turisti. «No, non lo è ma capita». E fatalmente è successo il giorno del disastro. «Quei 12 passeggeri hanno rischiato la vita in un giro di prova», l'amara deduzione degli inquirenti.
Una certezza ormai c'è: la cabina si è schiantata perché erano stati inseriti i famigerati ceppi, chiamati anche forchettoni, che disattivavano i freni d'emergenza. Ma chi li metteva? E quanti dipendenti sapevano del rischio che comportava quell'operazione con i passeggeri a bordo? Fra i nove dipendenti c'erano diversi livelli di consapevolezza.
luigi nerini
Patrizia Giannini, agente di stazione, l'ha detto chiaro: «Non sono a conoscenza della funzione del forchettone. So solo che venivano messi a fine giornata, a impianto fermo e cabina vuota».
La sua collega Stefania Bazzaro, macchinista, sapeva invece bene quali fossero i rischi del dispositivo inserito. Lei qualche volta li ha anche usati, quando c'erano i passeggeri: «Era Tadini a ordinare l'applicazione dei ceppi sui freni d'emergenza anche durante il regolare funzionamento dell'impianto. Quando gli ho chiesto se dovessi toglierli lui mi ha risposto di lasciarli dov'erano che c'era un problema ai freni».
FUNIVIA STRESA MOTTARONE
Il vetturino Ahmed El Khattabi parla di dimenticanze: «È capitato di far viaggiare i passeggeri nella cabina con i ceppi. Per quanto ne so io succedeva quando l'addetto si dimenticava di toglierli. Ma è severamente vietato farle viaggiare così».
Fra chi sa e chi non sa c'è Fabrizio Coppi, agente di stazione, che ha dichiarato di non avere certezze sul fatto che la cabina possa viaggiare con persone a bordo e ceppo inserito: «Credo di no. Io li ho messi e tolti diverse volte. Ricordo di aver chiesto chiarimenti a Tadini, quando mi ordinò di non levarli. Disse: prima che si rompa una traente o una testa fusa ce ne vuole».
FUNIVIA STRESA MOTTARONE
A Coppi rimase impressa anche un'altra frase, questa del titolare Nerini, a proposito di pericoli: «All'inizio mi disse "stai tranquillo che tanto non succede niente". Il mese dopo fui costretto a calare 38 persone da una cabina bloccata».
In fatto di formazione del personale, tema sul quale la Procura di Verbania insiste molto, Coppi dice di non aver fatto corsi particolari: «Ho imparato sul campo, dal personale più esperto». Come del resto il suo collega Alessandro Zurigo, prima vetturino e poi bigliettaio: «Feci solo un affiancamento con Tadini per una settimana».
strage funivia del mottarone
Altri, qualcosa hanno fatto. È il caso del figlio del gestore, Federico Nerini, 22 anni, agente di stazione: «Ho effettuato un corso sulla sicurezza e antincendio qualche mese dopo la mia assunzione e un apprendistato in Dad di un mese».
E della macchinista Bazzaro, la quale spiega che normalmente «per svolgere le mie mansioni si viene affiancati a un operatore per un periodo e dopo si effettuano delle prove tecniche: Io ho effettuato queste prove quasi subito».
funivia del mottarone 3
In definitiva, questi dipendenti dicono che, nonostante perplessità e timori, dovevano obbedire: forchettoni, giro di prova, formazione. Il motivo? «Io sono stagionale e temevo di perdere il posto», ha sintetizzato Tarizzo.
strage funivia del mottarone 2
Poi succede la sciagura, uno di loro viene sfiorato dalla fune caduta, gli altri sanno di aver rischiato la vita. E corrono a prestare soccorso. Come Massimo Ogadri, vetturino in servizio quel giorno: «Dal Mottarone ho visto del fumo salire in cielo dopo il pilone. Sono andato da solo sul posto, ho visto la vettura schiantata contro gli alberi. Mentre mi avvicinavo ho trovato il primo cadavere, a una trentina di metri dal pilone a terra, dove c'erano i segni del primo impatto con il suolo... Sono entrato nella cabina, ho trovato un uomo che respirava ancora, ci ho parlato per qualche attimo. Poi è morto davanti a me».