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    "I LIMITI DELLA JUVE SONO SUPERIORI ALLE CAPACITA’ DEL GENIALE ALLEGRI" – ZAZZARONI: “MAX DOVEVA ANDARE AL REAL O ALL’INTER. È TORNATO ALLA JUVE IMPOVERITA DALL’OPERAZIONE RONALDO. IN ESTATE HA INCISO POCO SULLE SCELTE DI MERCATO.  LA SQUADRA CHE GLI È STATA AFFIDATA PRESENTA UNA SERIE DI GIOCATORI TROPPO SIMILI TRA LORO PER LIVELLO E RENDIMENTO. PER QUESTO MAX SI AFFANNA A CAMBIARE DISEGNO, STRATEGIA, UOMINI E RUOLI SENZA OTTENERE…"


     
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    Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport

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    Massimiliano Allegri ha molte colpe. Le elenco proprio per la stima - enorme - che nutro nei confronti suoi e, più in generale, degli stravincenti: sei scudetti, un po’ di coppe e due finali di Champions perse con il Real di Ronaldo e il Barcellona di Messi non sono riconducibili alla fortuna. 

      

    La prima. È tornato alla Juve quando avrebbe potuto (dovuto, opinione personale) preferirle il Real o l’Inter. Al di là del fascino esercitato da Agnelli e dal senso di rivincita provato, non mi ha convinto la spiegazione che Max ha fornito: voleva restare vicino al figlio piccolo, il suo unico affetto… stabile. Il ruolo non autorizzerebbe scelte del genere, ovvero strettamente familiari: è molto ben pagato e comporta notevoli responsabilità nei confronti dell’azienda e dei tifosi che pagano. Per di più la storia del calcio è ricca di controindicazioni eccellenti: il ritorno di Lippi alla Juve (il come back in Nazionale meriterebbe un discorso a parte), quelli di Sacchi e Capello al Milan, l’avventura-bis di Spalletti alla Roma, segnata in particolare dai contrasti personali e societari con Francesco Totti. 

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    La seconda, legata alla prima. Pur non essendo portato per i ritorni di fiamma, si è unito di nuovo alla Juve che in passato aveva criticato, una società nella quale non sembrava credere più. L’ha peraltro ritrovata più povera per via della pandemia e della ronaldìa. Non poteva certamente bastare l’uscita di Paratici per aggiustare le cose. 

     

    La terza. Consapevole dei limiti di spesa e della caratura del gruppo-squadra, in estate ha inciso poco sulle scelte di mercato, accontentandosi di Pogba e Di Maria. Bremer è arrivato grazie alla cessione di de Ligt. 

    La quarta. È sotto sfiga e anche questa è una colpa, per alcuni. Ha perso subito Pogba e Di Maria, i potenziali alza-livello. Per non dire dell’impossibilità di disporre fino a gennaio di Chiesa. Ingiustificabile la decisione del francese di non operarsi subito. 

     

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    La quinta. Si è fidato eccessivamente delle sue capacità e sensazioni. Ripeto: lo considero uno degli allenatori più geniali in circolazione, talvolta però la genialità può sconfinare nella presunzione. Ogni vero genio è destinato ad essere ingenuo, diceva von Schiller. Fatico a credere che Allegri lo sia, ingenuo, ma - certo - stavolta si è spinto un tantino oltre la logica.

     

    La squadra che gli è stata affidata - ribadisco che si nota poco la sua mano - presenta una serie di giocatori troppo simili tra loro per livello e rendimento. Per questo Max si affanna a cambiare disegno, strategia, uomini e ruoli senza ottenere risultati accettabili. I titolari potenziali di questa Juve, gli indiscutibili, dovrebbero essere Szczesny, Bremer, Danilo, Bonucci, Rabiot, Locatelli, Cuadrado, Vlahovic, Pogba, Chiesa e Di Maria. Il portiere, Pogba e Chiesa sono infortunati, Rabiot anche, Di Maria è appena rientrato, Locatelli e Vlahovic non attraversano un buon momento di forma, Cuadrado non ce la fa più a essere Cuadrado. Fin qui, il migliore è stato Milik. Anche Perin ha svolto al meglio il ruolo di vice. Tra i più utilizzati è il giovane Miretti, che per crescere avrebbe bisogno di essere impiegato con una frequenza più studiata. Il resto del gruppo rientra nella categoria “questo o quello per me pari sono”.

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    Eppure - dico non per assumerne la difesa - Allegri è al centro di una diatriba imprenditoriale, più che calcistica, che non è facile risolvere all’antica - come vorrebbero anche molti juventini dentro e fuori - con il classico siluro liberatorio. La battuta di Arrivabene al tifoso, poi “corretta” dall’autore, è tutta un programma. 

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