Massimo Giannini per “la Repubblica”
La Francia si è salvata. L' Europa si salverà. È l' Italia che rischia ancora. Solo l' accidioso provincialismo tricolore può spingere i tronfi "macronisti de noantri" a cercare nutrimento e conforto nel nuovo statista d' Oltralpe, come già lo cercarono ovunque una sinistra purchessia vincesse qualcosa. Da Guterres a "bambi" Zapatero, dal vulcanico Blair all' amletico Jospin. È chiaro che la vittoria di Macron è manna dal cielo, nell' apocalisse occidentale innescata dal trumpismo-lepenismo e minacciata dal grillo-leghismo. Ma se adesso ci illudiamo di aver scampato tutti i pericoli, siamo fuori strada.
RENZI MACRON
Il primo pericolo che non possiamo scampare riguarda lo stallo politico. Renzi non è il "Macron italiano", perché Macron non è il "Renzi francese". E per quanto il neo-segretario si abbandoni a un improprio "rosicamento" postumo di fronte alle meraviglie del doppio turno alla francese (tagliato a misura per un sistema semi-presidenziale), rimpiangendo il ballottaggio perduto dell' Italicum (affondato dal voto degli italiani insieme alla riforma costituzionale), nessun inquilino dell' Eliseo potrà tirarci fuori dal pantano della legge elettorale nel quale sguazziamo allegramente da dieci anni.
MACRON MERKEL
Se vogliamo tornare alle urne con un meccanismo che garantisca una governabilità "maggioritaria", e non l' ammucchiata proporzionale, l' onore e l' onere di trovare una via d' uscita tocca al Pd. Non in quanto "capro espiatorio raccontato da Daniel Pennac" (come lamenta il leader appena rilegittimato dalle primarie), ma in quanto unico "pilastro" sul quale si regge il sistema istituzionale (come si conviene al primo partito del Paese).
Il secondo pericolo che non possiamo scampare riguarda il risanamento economico-finanziario. Macron non farà mai il "Club Méditerranée" con noi. Ma rifarà l' asse franco-tedesco con la Merkel. E lo farà in nome di un nuovo "paradigma europeista" al quale in questi ultimi anni siamo sfuggiti, e al quale adesso ci dobbiamo riconvertire. Con un occhio mirato alla crescita e all' equità sociale, ma senza fare altro deficit per finanziare mancette e bonus a pioggia.
MERKEL MACRON
Questa "leva elettorale" non ci sarà più concessa, ed è meglio così. L' Europa deve cambiare, in profondità. E l' Italia deve dare il suo contributo, perché torni ad essere la culla dei popoli e non l' incubatrice dei populismi. Ma il tentativo di insinuarsi tra i due Paesi fondatori, la volontà di schierarsi con l' uno per indebolire l' altro, la speranza che quel rapporto si incrini: sono tutte "pie illusioni" (come avverte Enrico Letta nel videoforum a Repubblica Tv) o un "frutto dell' ignoranza" (come scrive Lorenzo Bini Smaghi nel libro "La tentazione di andarsene").
aznar03
Confidare nell' alleato transalpino rischia di farci ritrovare soli, cornuti e mazziati (come successe nel 1996, con lo "schiaffo di Valencia" di Aznar). La Francia ha il secondo debito pubblico in rapporto al Pil (96%, contro il 132% dell' Italia) il secondo debito pubblico denominato in euro (1.670 miliardi, contro i 1.905 dell' Italia) e il secondo peggior deficit dell' eurozona (ben oltre il 3% del Prodotto lordo, contro il 4% della Spagna). Macron ha già annunciato che abbatterà il disavanzo strutturale allo 0,5% nei prossimi quattro anni, con tagli di spesa per oltre 60 miliardi. Noi non abbiamo altre chance, se non il rispetto degli impegni che abbiamo volontariamente sottoscritto (dal Fiscal Compact al pareggio di bilancio in Costituzione).
E non è un problema di "austerità". Se fosse quello, faremmo bene a battere i famosi "pugni sul tavolo", come dice Renzi. Il fatto è che in questi ultimi tre anni l' Italia è l' unico Paese al quale l' austerità è stata risparmiata. Siamo stati gli unici ad ottenere "flessibilità di bilancio" per oltre 19 miliardi di euro. Purtroppo l' abbiamo usata male, sprecando anche l' eccezionale bazooka di Mario Draghi (255 miliardi di bond tricolore comprati dalla Bce). Dal 2014 ad oggi il nostro surplus primario è calato di oltre 1 punto, il debito è salito dal 129 al 133%, la produttività è crollata dello 0,3 e gli investimenti pubblici del 2,2.
DRAGHI
Per questo, sulla manovra d' autunno intorno al quale ruotano le prospettive del governo Gentiloni e di quelli che lo seguiranno, non potremo contare sull' aiuto di Parigi. Ce la dobbiamo sbrigare da soli. Questo Paese, più che inseguire i sogni francesi o gli incubi pentastellati, ha bisogno di verità e di responsabilità. Questo ha fatto Macron, questo dovrebbe fare Renzi. Se inveisci contro "l' Europa matrigna", e poi inneggi alla "mamma italiana", alla fine rischi di ritrovarti orfano.