Chiara Bruschi per “Il Messaggero”
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Mentre il paese si prepara ad affrontare una delle crisi economiche più dure degli ultimi anni, con un'inflazione galoppante e un aumento dei costi di consumi, tasse ed energia, gli inquilini di Westminster riceveranno un aumento di stipendio.
I membri del parlamento britannico vedranno le loro entrate annue salire di oltre 2mila sterline, 2.212 per l'esattezza. Da 81.932 sterline percepiranno 84.144 sterline. Lo ha reso noto l'Independent Parliamentary Standards Authority (Ipsa), autorità che decide gli stipendi pubblici indipendente dal governo e dal parlamento stesso.
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L'incremento andrebbe inevitabilmente a beneficiare anche Boris Johnson, che cumula i due stipendi di parlamentare e di primo ministro. L'ente ha precisato che si tratta dello stesso aumento percentuale 2,7% - che hanno avuto tutti gli altri dipendenti del settore pubblico.
Una decisione presa dopo due anni di stallo durante la quale per i membri del parlamento si è verificato un «aumento considerevole della mole di lavoro». È Ed Davey, leader dei Liberal Democratici, a fare la voce grossa, sottolineando come molte persone saranno «giustamente arrabbiate», riferendosi «alle famiglie che dovranno affrontare un aumento considerevole del costo della vita».
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Queste le sue parole: «I membri del parlamento non hanno bisogno di un aumento così come i lavoratori in tutto il paese non hanno bisogno di un aumento delle tasse», ha sottolineato.
IL PREMIER
Meno incisivo era stato lo stesso Boris Johnson lo scorso gennaio, che aveva espresso parere contrario a una eventuale decisione dell'Ipsa di aumentare gli stipendi dei parlamentari, senza essere ascoltato.
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«Ci aspettiamo che tengano presente le attuali circostanze aveva detto un portavoce del primo ministro riferendosi alla crisi economica ma a parte questo, crediamo sia giusto che l'Ipsa prenda le sue decisioni come un organismo indipendente».
Il portavoce non ha mai precisato se Johnson abbia deciso di rinunciare al suo aumento o no. Anche il leader dell'opposizione laburista Keir Starmer, alla luce della crisi economica cominciata proprio con la pandemia, si era detto contrario all'incremento, chiedendo all'Istituto di interrompere qualsiasi variazione degli stipendi.
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«Credo che i parlamentari non abbiano bisogno di un aumento e dovremmo dire tutti insieme che non ci serve e che quindi non dovrebbe essere introdotto. L'organismo è indipendente ma come leader dell'opposizione voglio dire che non penso dovremmo avere un aumento».
Tuttavia per il direttore dell'Ipsa Richard Lloyd, si tratta di una scelta giusta e motivata dalle circostanze degli ultimi due anni: «I parlamentari hanno un ruolo vitale per la nostra democrazia e questo deve vedersi anche nella loro retribuzione. È giusto che vengano pagati equamente per la responsabilità e il lavoro dietro le quinte che svolgono nell'aiutare i loro cittadini, lavoro che è aumentato drammaticamente lo scorso anno».
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IL CAROVITA
Parole che tuttavia stonano con le notizie non certo rassicuranti sulla crisi energetica e sull'aumento vertiginosi dei costi dei consumi e dell'inflazione che a dicembre aveva toccato il record del 5.4%: l'energia aumenterà da aprile e i prezzi dei consumi sono già lievitati, mentre i contributi cresceranno dal prossimo mese del 1,25% per i lavoratori e per le imprese.
Una spirale che difficilmente migliorerà in seguito alle conseguenze della guerra in Ucraina e delle sanzioni inflitte alla Russia.