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    PEGGIO DELLE BESTIE! LA VITA DI INFERNO DEI MIGRANTI DI CUTRO: DOPO ESSERE SOPRAVVISSUTI AGLI SCAFISTI E AL NAUFRAGIO, VENGONO TRATTATI COME ANIMALI NELL’EX CARA DI CROTONE - PANCHINE AL POSTO DEI LETTI, BAGNI PROMISCUI, DONNE PRIVATE DELLA POSSIBILITA’ DI FARE LA DOCCIA, I LEGALI DENUNCIANO: “I 98 SOPRAVVISSUTI SONO IN CONDIZIONI DISUMANE E VENGONO TRATTENUTI IN FORMA ARBITRARIA IN DUE CAPANNONI INADEGUATI CHE VANNO CHIUSI…"


     
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    Estratto dell'articolo di Giuseppe Legato per “La Stampa”

     

    sopravvissuti naufragio cutro trattenuti nell'ex cara di crotone sopravvissuti naufragio cutro trattenuti nell'ex cara di crotone

    Nove giorni fa l'imbarcazione turca Summer Love partita il 22 febbraio da Smirne si è schiantata in una secca a pochi metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro: più di 70 morti, di cui 16 bambini. Una strage. Dal giorno dopo i 98 sopravvissuti sono ospitati nei locali dell'ex Cara di Crotone, una struttura travolta anni fa dall'articolata inchiesta del procuratore Nicola Gratteri e che oggi torna al centro della bufera. Perché, pare di capire da autorevoli testimonianze di chi c'è stato dentro, «ospiti» è la parola sbagliata. «Sono trattenuti in forma arbitraria in due capannoni inadeguati non solo per chi è scampato a un naufragio terribile, ma per qualunque essere umano. Vanno chiusi».

     

    La voce della professoressa Alessandra Sciurba, docente all'università di Palermo e coordinatrice della Clinica legale Migrazione e diritti, racconta l'altra faccia della tragedia di Steccato di Cutro. «Da un lato c'è un paese che si commuove, dall'altro ci sono persone che si vedono negati i propri diritti».

     

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    Insieme a Franco Mari, parlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra è entrata l'altroieri in quei locali che – assicura – «sarebbero utili come spazio coperto per un gregge di pecore». Precisazione: «Mi creda: siamo rimasti allibiti da quanto abbiamo visto: è una situazione che forse si può accettare in emergenza per 4 ore dopo lo sbarco. Il resto è illegale».

     

    Così dunque stiamo trattando i "survived", uomini, donne e bambini riusciti ad arrivare a riva senza farsi inghiottire dal mare nella maledetta notte del 25 febbraio: «Ci sono una quarantina di letti con materassi di gomma piuma senza lenzuola, altri cinquanta o sessanta dormono su panche di ferro; donne e uomini condividono lo stesso bagno, ergo, per le signore, è impossibile fare una doccia. Hanno solo le ciabatte estive, le scarpe che sono arrivate sono calzature sbagliate. Nei capannoni non c'è riscaldamento». Ancora: «Non possono uscire quando vogliono, non possono andare a trovare le salme dei loro parenti se non scortati dalle forze di polizia, non possono condividere il lutto con i parenti arrivati da tutto il mondo».

     

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    Il punto è che non si capisce in quale regime tecnico-politico sono trattenuti lì dentro: «Se fosse un hotspot ci vorrebbe la convalida di un giudice e invece non c'è». Su questo aspetto si è a lungo concentrato, negli ultimi giorni, il lavoro di un pool di legali e accademici dell'Asgi, associazione che si concentra sugli aspetti legali dell'immigrazione tra cui diritti umani e diritto marittimo internazionale.

     

    naufragio migranti coste calabria cutro naufragio migranti coste calabria cutro

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