Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “La Stampa”
volodymyr zelensky antony blinken
Joe Biden considera incrollabile l'impegno statunitense per l'Ucraina, e le condizioni che ha indicato chiaramente all'inizio del conflitto mai sono venute meno. La prima riguarda la contrarietà nell'inviare soldati americani sul campo di battaglia; la seconda sono le restrizioni imposte a Zelensky nell'utilizzo delle armi Usa che fluiscono in Ucraina: vietato impiegarle per colpire obiettivi in Russia.
Con l'ultimo prelievo di armi - venerdì - sono 51,7 miliardi i soldi che Washington ha mobilitato per la sicurezza dei Kiev. Il segretario di Stato Antony Blinken invece comincia ad avere dei pensieri su un potenziale impiego di armi Usa oltre confine. Il New York Times qualche giorno fa li ha riassunti nel fatto che dopo il recente viaggio a Kiev, il capo della diplomazia Usa potrebbe premere su Biden per allentare alcuni vincoli.
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Non c'è un piano scritto, non c'è nemmeno una bozza al momento e dentro il Truman Building la maggioranza dei diplomatici sarebbe sulla via della prudenza; ma è chiaro che lo strappo del segretario di Stato, il consigliere più vicino al presidente su certi temi, avrebbe ripercussioni.
[...] Non è un mistero che al Pentagono prevalga un certo scetticismo. Negli oltre due anni di conflitto in Ucraina, gli strateghi americani hanno sempre destinato armi e munizioni guardando le esigenze sul campo di battaglia più che i meri desiderata di Zelensky (si pensi al caso F-16) proprio per evitare escalation, ritorsioni di Putin e una degenerazione del conflitto.
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Si è progressivamente passati da Javelin e Stinger, poi agli Abrams, ai lanciatori Nasams e con la consegna del 12 marzo scorso agli Atacms con vettori da 300 chilometri, tabù sino a pochi mesi fa. Quindi un aumento delle capacità è sempre stato garantito. Anche se Brown dice che «non esiste un sistema d'arma magico» e che l'approccio «deve essere integrato». Ovvero servono personale, addestratori, strategia e armi in una visione organica.
Gli Atacms sono stati usati il 17 aprile per colpire in Crimea. Lì la Russia ha moltissime basi e depositi da cui lancia offensive. «La Crimea è dell'Ucraina», la linea degli americani e quindi bersagliare lì i russi è legittimo. Luke Coffey, analista dell'Hudson Institute, ha sottolineato che la priorità ucraina oggi deve essere proprio ridurre la capacità offensiva russa dalla Crimea. E molti commentatori militari, come l'ex generale dell'Esercito Ben Hodges, concordano: «La Crimea è il terreno decisivo del conflitto».
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Il nodo riguarda Kharkiv e in genere il confine orientale dove l'offensiva russa è forte. Ci sono dei segnali evidenti sulle difficoltà ucraine di resistere e controbattere al martellamento russo. Mosca ha migliorato le sue capacità di guerriglia elettronica. Oggi riesce a intercettare, deviare, distruggere moltissimi dei vettori, droni, razzi della controparte. [...]
I proiettili teleguidati da 155 mm Excalibur nel settembre del 2022 avevano un'efficacia del 70 per cento, oggi scesa al 6 per cento. In secondo luogo, la difesa aerea di Kiev intercetta sempre meno missili, il mese scorso appena il 30 per cento di quelli lanciati contro obiettivi ucraini. Spostare il fronte più in là, in territorio russo, è una necessità strategica per Kiev che potrebbe così anticipare gli attacchi senza doversi limitare a provare a respingerli con sempre meno efficacia.
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[...] Fra le misure difensive qualcuno ritiene possa rientrare anche colpire i caccia russi oltre confine impegnati nel bombardamento dell'Ucraina. Il segretario della Difesa Lloyd Austin interrogato su questo aspetto è stato evasivo.
JOE BIDEN E VOLODYMYR ZELENSKY AL VERTICE NATO DI VILNIUS lanciarazzi atacms 4 volodymyr zelensky joe biden - meme by osho