• Dagospia

    “SOTTO IL VESTITO NIENTE” (E DIETRO MOLTI MISTERI) – 40 ANNI FA USCIVA IL ROMANZO-SCANDALO SULLA “MILANO DA BERE” E SUL MONDO DELLA MODA, FIRMATO DIETRO PSEUDONIMO DA PAOLO PIETRONI, ALLORA DIRETTORE DI “AMICA”. C'ERANO DENTRO AFFARI SPORCHI, SESSO, DROGA – ORA IL TESTO VIENE RIPUBBLICATO E L'AUTORE NE SVELA TUTTI I SEGRETI: “PENSO CHE A DARE PIÙ FASTIDIO SIANO STATE LE ALLUSIONI ALL'OMOSESSUALITÀ DEGLI STILISTI” – IL GIALLO SUL FILM CHE ANTONIONI NON RIUSCÌ A GIRARE (LO DIRESSE INVECE VANZINA): “GLI FU IMPEDITO" – VIDEO


     
    Guarda la fotogallery

     

    Estratto dell'articolo di Marco Cicala per “il venerdì di Repubblica”

     

    paolo pietroni paolo pietroni

    […]  La Milano da bere. Quella-Milano-là degli anni Ottanta. Un luogo comune assai capiente. Sentina di molti, perfino troppi "ismi", spesso consociati, almeno nell'immaginario collettivo: individualismo, rampantismo, yuppismo, edonismo, affarismo, craxismo, berlusconismo...

     

    "Questa Milano da vivere, da sognare, da godere. Questa Milano... da bere" recitava lo slogan ideato dal pubblicitario Marco Mignani (1944-2008) per uno spot televisivo dell'amaro Ramazzotti che sarebbe diventato epitome di un'epoca ruggente e secondo alcuni leggendaria. Epoca nella quale, tra l'altro, con il prêt-à-porter, la moda italiana fece tremare il mondo. […]

     

    sotto il vestito niente libro 1983 sotto il vestito niente libro 1983

    Qualche cifra? "Per rendersi conto di quanto si fossero moltiplicati gli affari, basta pensare che se nel 1971 i negozi di abbigliamento in Italia erano 24 mila, dieci anni dopo erano diventati 82 mila, circa tre volte di più" ricorda la storica Sofia Gnoli in Moda. Dalla nascita della haute couture a oggi (Carocci editore).

     

    Ebbene, quarant'anni fa, quella rivoluzione dell'industria e del costume chiamata "Made in Italy" veniva punzecchiata nella sua baldanza, talvolta sfacciata e predatoria, da un libro piccolo però urticante. Nell'autunno 1983 usciva da Longanesi Sotto il vestito niente, strano giallo ambientato nel milieu della moda milanese, ma soprattutto dei suoi plurimi e non sempre commendevoli segreti.

     

    Il cadavere scomparso di una modella italoamericana, un commissario che indaga tra loschi editori e giornalisti del mondo-fashion, mannequin più o meno sbandate, misteriosi gruppi di terroristi-rapitori che, ispirandosi al rodato copione del caso Paul Getty, inviano un presunto pezzo d'orecchio del presunto ostaggio. E poi omosessualità (ancora tabù), spionaggio, droga, porno, sado-maso... perfino un povero cagnetto trovato impiccato con un branzino in bocca. Sullo sfondo del tutto, il duello tra due maxi-stilisti: Luca Zarbonni, detto "Zar", e Salvatore Vassalli, il "Duca". La sfida sembrava un'allegoria dell'antagonismo Armani-Versace.

    una sfilata fendi del 1986 una sfilata fendi del 1986

     

    In Italia e nei Paesi in cui fu tradotto, Sotto il vestito niente vendette mezzo milione di copie, irritando non poco il cosiddetto "sistema-moda". Lo firmava tale Marco Parma. Firma che odorava di pseudonimo lontano un miglio. Pseudonimo di chi? Sui giornali partì la caccia all'oscuro dissacratore. Senza necessariamente crederci, si fecero i nomi della socialite Marta Marzotto, del sociologo Francesco Alberoni, del saggista Giordano Bruno Guerri, della moglie di Fanfani - signora Maria Pia - del premiato tandem Fruttero&Lucentini, addirittura del socialista Claudio Martelli.

     

    paolo pietroni nel 1982 fotografato da fabrizio ferri paolo pietroni nel 1982 fotografato da fabrizio ferri

     Tra i giornalisti, molti sospetti si addensarono sull'allora direttore di Amica Paolo Pietroni. Il quale, una decina d'anni dopo, avrebbe infine rivelato: Marco Parma? C'est moi.

     

    Ora che Sotto il vestito niente torna, sempre da Longanesi, nelle librerie, lo incontriamo nel suo appartamento milanese. Classe 1940, Pietroni ha diretto, inventato o reinventato una sfilza di giornali di successo (Max, Sette, Class, Specchio...). Ha scritto pièce teatrali e una decina di romanzi. Ma giocoforza è uno solo ad aver segnato il suo destino. Qui ce ne racconta i retroscena meno noti e anche un filo disdicevoli.

     

    […]

     

    sotto il vestito niente di paolo pietroni copertina sotto il vestito niente di paolo pietroni copertina

    L'idea del giallo era dell'editore Mario Spagnol.

    "Voleva un thriller ambientato nel mondo della moda. Ma soprattutto lo voleva in fretta, prima che qualche concorrente lo bruciasse sul tempo. Lo propose a qualche giornalista ben introdotto in quel mondo. La materia era delicata... Spagnol incassò un paio di rifiuti e poi si rivolse a me".

     

    All'epoca dirigevi Amica e accettando ti esponevi a qualche rischio.

    "Per questo chiesi come condizione l'anonimato, una copertura assoluta da parte della casa editrice. Non volevo che il romanzo danneggiasse me, in termini di denunce, e quelli con cui lavoravo, in termini di eventuali ritorsioni sulle entrate pubblicitarie. Spagnol mi assicurò che la copertura sarebbe stata totale. Anche di fronte all'Agenzia delle entrate. "Pagherai le tasse, ma il tuo nome non verrà fuori". Fu di parola. Nell'estate '83 scrissi il libro in vacanza, di getto. Lo consegnai a settembre. La prima stesura fu quella definitiva".

     

    sotto il vestito niente film carlo vanzina sotto il vestito niente film carlo vanzina

    Da romanziere che cosa ti attraeva dell'universo-moda?

    "Principalmente la sua duplicità, che in fondo è quella della bellezza, con il suo volto luminoso, apollineo, e il suo versante oscuro, dionisiaco. Negli anni in cui a Milano esplodeva il prêt-à-porter vedevi spuntare ovunque funghi straordinari, sgargianti, coloratissimi, ma pure segretamente velenosi".

     

    Da giornalista inserito in quell'ambiente, ne raccontavi specialmente i risvolti torbidi. Immagino che per farlo tu abbia avuto le tue "gole profonde". Che cosa ti rivelarono?

    "Cose che nel tempo sarebbero diventate di pubblico dominio. Per esempio che, in parte, l'impero della moda si affermava ed estendeva con il denaro nero delle organizzazioni criminali. In particolare per quanto riguardava l'apertura di negozi nelle strade più chic delle grandi città, New York, Parigi...

     

    Mi parlarono anche di connessioni con il traffico d'armi e con il mercato della droga, che tuttavia non coinvolgevano le grandi firme, ma il sottobosco degli accessori, cinture, scarpe, profumi... Penso comunque che a dare più fastidio siano state le allusioni all'omosessualità degli stilisti contenute nel libro".

     

    MICHELANGELO ANTONIONI MICHELANGELO ANTONIONI

    Quarant'anni dopo stentiamo a crederlo. Perché quell'aspetto doveva rimanere segretissimo?

    "Si temevano, credo, le reazioni della clientela femminile. Dopotutto che cosa era stata l'esplosione del prêt-à-porter? Una rivoluzione che aveva permesso a tante donne della media borghesia di comprare vestiti fino ad allora riservati a un'élite, pezzi unici, inaccessibili alle loro tasche. Il prêt-à-porter offriva invece la possibilità di acquistare abiti concepiti in grandi atelier. Non proprio pezzi unici, ma quasi".

     

    Spiegami meglio il nesso con l'omosessualità.

    "Per capirlo bisogna calarsi nella mentalità del tempo. Ripensiamo agli Stati Uniti, a Hollywood, a tutte le operazioni di mascheramento architettate dalle major per nascondere l'omosessualità di certi divi, tipo Rock Hudson, considerati simboli di virilità e seduzione".

     

    Albeggiavano gli anni tremendi dell'Aids.

    "Sì, ma l'omosessualità era ancora ritenuta qualcosa di spaventoso, di dannosissimo sul piano del ritorno commerciale. Ho l'impressione che, mutatis mutandis, paure analoghe percorressero in Italia l'ambiente della moda. Si temeva che l'omosessualità facesse perdere clienti tra le donne".

    giorgio armani giorgio armani

     

    Sotto il vestito niente tracciava anche un ritratto crudo del mercato delle modelle. Lo dipingeva come una sorta di "tratta".

    "Anche qui bisogna fare un passo indietro. Nei primi anni Ottanta le modelle cominciano a diventare protagoniste delle sfilate. Fino ad allora erano state anonime indossatrici volanti che negli atelier sfilavano davanti a qualche compratrice dell'alta società. Con l'avvento del prêt-à-porter cambia tutto".

     

    La modella si conquista un nome e un cognome, ma a caro prezzo...

    "Nelle settimane della moda, Milano si riempiva di ragazze spesso straniere e spiantate. Le piazzavano in residence o alberghetti di bassa categoria. E alle sfilate erano prede di giornalisti che promettevano loro copertine, di rampolli dell'imprenditoria emergente, di manager con mogli o fidanzate influenti e spendaccione".

     

    Il tutto irrorato dalla coca.

    "Tanta".

     

    marta marzotto marta marzotto

    Sulla copertina di Sotto il vestito niente c'era la foto di una di quelle ragazze, l'americana Donna Broome. Era la sorella di Terry, anche lei modella, che l'anno successivo, 1984, avrebbe sconvolto le cronache uccidendo a revolverate Francesco D'Alessio, quarantenne della Milano bene, e suo "stalker". La moda iniziava a macchiarsi di sangue. Sarebbero seguiti il delitto Gucci e l'omicidio Versace. In qualche modo il tuo libro fu profeta di sventure...

    "Non so. Di certo raccontava i contrasti, le contraddizioni che quel mondo spazzava sotto al tappeto".

     

    Contrasti che piacquero a Michelangelo Antonioni, il quale voleva ricavarne un film.

    "Insieme allo sceneggiatore Tonino Guerra,  Antonioni venne qui a casa mia l'11 giugno dell'84, ricordo la data perché fu il giorno della morte di Enrico Berlinguer. Antonioni mi disse che il libro lo aveva intrigato, ma mi chiedeva di aiutarlo a cambiarne il finale, non lo trovava abbastanza cinematografico".

     

    milano da bere nasce con la pubblicita milano da bere nasce con la pubblicita

    Che aveva in mente?

    "Un finale omerico. Con i due stilisti rivali che si scontrano all'ultimo sangue come Ettore e Achille. Ognuno con il suo seguito di modelle, amazzoni-guerriere. Quella rilettura di Antonioni mi pareva geniale. Mi dissi pronto a collaborare alla riscrittura".

     

    Nell'estate '84 il regista si aggira per Milano scegliendo le location. Ma nel mondo della moda avverte da subito una certa ostilità al progetto. Intervistato da Repubblica e Corriere, dice in sostanza: non voglio danneggiare la rispettabilità di nessuno, né identificare i protagonisti del romanzo con gli stilisti, però non li sento collaborativi. E infatti quel film non si fece. Perché?

    "Per questioni di budget, mi dissero all'epoca. Antonioni aveva chiesto agli stilisti 200 vestiti gratis, che gli vennero rifiutati. Allora si rivolse al produttore Achille Manzotti perché li comprasse. La risposta fu no. L'acquisto avrebbe fatto sballare i conti".

    MILANO DA BERE ANNI 80 MILANO DA BERE ANNI 80

     

    In seguito però tu hai scoperto un'altra versione della faccenda.

    "Nel 2007, Salvatore Di Paola, che in quegli anni era consulente di produzione per Manzotti, mi disse che il film non era andato in porto perché il sistema-moda s'era messo di traverso e aveva sborsato 250 milioni di lire affinché non si facesse".

     

    Ma poi si fece lo stesso: nell'85, regia di Carlo Vanzina. Oggi qualcuno lo considera un cult. Anche se del libro conservava solo il titolo.

    "Della trama non venne mantenuto nulla. Manzotti poteva permetterselo. Gli avevamo ceduto tutti i diritti senza mettere paletti, porre condizioni circa il rispetto della storia. Fu un errore".

     

    in ricordo di carlo vanzina 4 in ricordo di carlo vanzina 4

    Alla prima milanese del film di Vanzina gli stilisti non si presentarono. Si vociferò che non fossero stati invitati e che quei posti vuoti in prima fila erano un trucco per dare risalto scandalistico all'evento. Ti risulta?

    "A me risulta che vennero invitati, ma non andarono".

     

    […]

     

    Nell'88 e nel 2011 da Sotto il vestito niente sono germinati due dimenticabili sequel che con il romanzo avevano ancora meno a che spartire. Forse la chiave, l'algoritmo del successo fu proprio quel titolo?

    "Penso di sì. Fu Spagnol a farmelo notare. Diceva che quel "niente" attraeva con la sua ambiguità. Rimandava al successo volatile delle modelle e all'eros di quelle ragazze-bambole. Ma richiamava anche la differenza insuperabile tra donna e uomo. L'essenza della femminilità della quale il maschio non potrà mai impadronirsi. Perché quel "niente" è qualcosa di cui la donna è sovrana assoluta. Che sia madre o che non faccia figli, la donna è potenzialmente generatrice di vita. Dunque "immortale". L'uomo no. Il maschio può costruire cattedrali, ponti o case editrici nella speranza che qualcosa gli sopravviva. Però non ce la fa, muore.Mentre la donna in qualche modo è eterna".

     

    sotto il vestito niente. l’ultima sfilata. sotto il vestito niente. l’ultima sfilata.

    Alta metafisica.

    "Che dirti? Spagnol spiegava così il segreto del titolo".

     

    Oggi che fai?

    sotto il vestito niente – l’ultima sfilata 1 sotto il vestito niente – l’ultima sfilata 1

    "Continuo a scrivere. Nel 2020 ho pubblicato un altro romanzo. Su Tex Willer. Ma c'era il lockdown e non se l'è filato quasi nessuno".

    sotto il vestito niente l’ultima sfilata 2 sotto il vestito niente l’ultima sfilata 2 sotto il vestito niente – l’ultima sfilata sotto il vestito niente – l’ultima sfilata

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport