1. ORA MARINE LE PEN «CHIAMA» GIORGIA MELONI: «UNIRSI, OCCASIONE IMPERDIBILE»
meloni le pen
Estratto dell’articolo di Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
[…] Marine Le Pen […] Che cosa pensa delle avances sempre più aperte della presidente della Commissione Ursula von der Leyen a Giorgia Meloni? E lei collaborerebbe con una destra allargata guidata da von der Leyen?
«La presidente della Commissione sa che il suo tempo è finito e cerca di comprare voti. Ma per quel che ci riguarda mai […] voteremo per Ursula von der Leyen, che ha condotto una politica disastrosa per i popoli europei. È arrivato il tempo di chiudere definitivamente il suo mandato tossico».
E che cosa si sente di dire a Meloni?
giorgia meloni - in mezzora
«Penso che io e lei siamo d’accordo sulle questioni essenziali, tra le quali c’è il riprendere controllo dei nostri rispettivi Paesi. Poi sono i popoli che decidono, questo dobbiamo sempre ricordarlo. Ma adesso è il momento di unirsi, sarebbe davvero utile. Se ci riusciamo possiamo diventare il secondo gruppo del Parlamento europeo. Penso che un’occasione così non dobbiamo lasciarcela sfuggire».
Ora che ha tagliato i ponti con la AfD tedesca e i suoi eccessi, sarà più facile allargare le collaborazioni in Europa? La presa di distanze sua e di Salvini dalla AfD serve anche a questo?
«No, non abbiamo rotto i rapporti perché serviva a questo, non era una mossa strumentale. Semplicemente non era più possibile andare avanti con la AfD, e a un certo punto, quando non è più possibile, bisogna dire stop». […]
giorgia meloni ursula von der leyen vertice italia africa
2. “PATTO UE SENZA I SOCIALISTI”. LA PROMESSA È UNA FAKE NEWS E LA PREMIER PUÒ RESTARE SOLA
Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
Il centrodestra maggioranza nel Parlamento europeo è semplicemente una “fake news”. Giorgia Meloni si lamenta spesso e ingiustificatamente di presunte notizie non vere che la riguardano. […] la sua campagna elettorale con il sogno di una alleanza che […] faccia a meno della sinistra può essere coltivato solo nella propaganda che precede l’apertura delle urne. Ma la sua ultima mossa può avere un solo effetto: lasciare l’Italia fuori dal gruppo di comando dell’Ue.
giorgia meloni - in mezzora
Una coalizione di centrodestra in grado di eleggere il presidente della Commissione europea, infatti, è sia politicamente sia numericamente impossibile. Basta leggere i numeri attuali dell’Eurocamera e quelli dei sondaggi più accreditati […]. Vediamo i seggi. Secondo le ultime stime, il Ppe (i Popolari di cui fa parte anche Forza Italia) ne dovrebbero conquistare circa 183. Ecr (i Conservatori con Fratelli d’Italia) 86, Identità& Democrazia (la destra ancora più estrema con la Lega e la francese Le Pen) 84. In totale 353.
Il Parlamento europeo sarà formato da 720 deputati, quindi la maggioranza è fissata a 361. Ne mancano otto. In teoria. Perchè il Ppe ha già dichiarato, attraverso il suo presidente, Manfred Weber, e la sua “spitzenkandidat” Ursula von der Leyen, che non ci potrà essere alcuna intesa con l’estrema destra. Sicuramente non con quella di Salvini e del transalpino Rassemblement National.
Quindi bisogna eliminare almeno gli 84 eletti di ID. Nelle elucubrazioni oniriche di molti europarlamentari della destra italiana si suggerisce di sostituirli con i rappresentanti di Renew, gruppo liberale idealmente guidato da Emmanuel Macron. Che dovrebbe, però, eleggere a sua volta 86 membri. Quindi la coalizione arriverebbe a 355. Ancora non basterebbe dal punto di visto aritmetico.
giorgia meloni ursula von der leyen kiev
Ma se si offre uno sguardo alla compatibilità politica, i liberali sono assolutamente contrari a qualsiasi tipo di collaborazione con Ecr. È stato esplicito a questo riguardo giovedì scorso lo “spitzenkandidat” di Renew, l’italiano Sandro Gozi […]. Senza contare, poi, che una parte consistente del Ppe, i partiti del nord Europa e quello polacco, si innervosiscono soltanto all’idea di allearsi con la destra conservatrice. Il primo ministro popolare di Varsavia, Donald Tusk, considera ad esempio il suo primo nemico il Pis, il partito del suo predecessore Morawiecki, che è proprio iscritto all’Ecr.
meloni le pen
Il Pse, ossia i socialisti, dovrebbero confermarsi il secondo gruppo in Parlamento con 140 seggi. In questo quadro, dunque, non esiste alcuna alleanza maggioritaria davvero praticabile senza il Ppe e/o senza il Pse. Non a caso la cosiddetta “maggioranza Ursula” […] si basa su popolari, socialisti e liberali (i quali in questo quadro si confermerebbero il terzo partito con Ecr) che insieme anche a giugno dovrebbero raggiungere quota 409. Oltre la soglia minima di 361. E comunque, in realtà, non rassicurante perché nell’aula di Strasburgo va considerata una forte dispersione di voti.
antonio tajani manfred weber congresso forza italia
Quindi […] chiunque aspiri a farsi eleggere alla presidenza della Commissione dovrà passare da questa coalizione: Ppe, Pse, Renew. Con qualche aggiunta. Una parte dei popolari e l’attuale presidente della Commissione vorrebbero arruolare solo i parlamentari meloniani di Fratelli d’Italia, non tutto l’Ecr. Altri, come i socialisti, pensano ad allargare i confini della coalizione ai Verdi che potrebbero eleggere 48 parlamentari.
GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN A FORLI
L’obiettivo dichiarato da Meloni ieri è quindi irraggiungibile a meno di rovesci elettorali al momento imprevedibili. Si tratta dunque di una mossa dialettica ingannevole perché dal 10 giugno in poi la premier italiana dovrà semmai decidere di consegnare i suoi parlamentari “gratuitamente” per l’elezione del nuovo/a presidente della Commissione. Non entrare ufficialmente nell’alleanza ma non essere esclusa da essa.
La linea «mai con la sinistra» rischia di condurla direttamente in un “cul de sac” che isola il Paese. Con un paradosso cui il governo italiano ci ha già abituati, ad esempio in occasione dell’approvazione del nuovo patto di Stabilità. Meloni ha dato il via libera in Consiglio e Fratelli d’Italia lo ha negato in Parlamento. Sul vertice della Commissione potrebbe replicarsi l’incoerenza: Palazzo Chigi concorda un candidato in Consiglio, Fdi rinuncia ad associarsi in aula alla sinistra.
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