Enrico Marro per il "Corriere della Sera"
card del reddito di cittadinanza
L'Anpal prova a fare un po' di chiarezza, con in numeri, rispetto alle polemiche che circondano il Reddito di cittadinanza come strumento di inserimento al lavoro. La conclusione che se ne può trarre è che anche se non si è trattato di un fallimento, molto c'è da migliorare. Raffaele Tangorra, commissario straordinario dell'Agenzia del ministero del Lavoro, ha spiegato che su oltre 1,8 milioni di beneficiari dell'assegno di povertà considerati inseribili nel mercato del lavoro meno di un terzo, cioè 546.598, ha avuto almeno un contratto di lavoro. Tanti o pochi?
reddito di cittadinanza
Sicuramente pochi in termini assoluti, in pratica solo tre ogni dieci della platea potenzialmente attivabile. Ma un numero significativo tenendo conto del bassissimo grado di occupabilità di queste persone. Come detto, su un totale di 3,6 milioni di beneficiari del Reddito di cittadinanza, solo 1,8 milioni sono stati indirizzati ai Centri per l'impiego e si tratta comunque di persone con «caratteristiche di occupabilità deboli», dice il rapporto dell'Anpal: «Più della metà non ha acuna esperienza lavorativa negli ultimi tre anni». E per quelli che invece hanno avuto un'occupazione, «in un quarto dei casi di tratta di disoccupati di lunga durata, cioè da più di un anno».
reddito di cittadinanza
Ci sono poi 320mila che hanno ottenuto il sussidio di povertà pur avendo un contratto di lavoro. Sono i precari, i «working poor», lavoratori poveri appunto. In questo quadro, non desta sorpresa che i due terzi dei 546mila che hanno ottenuto un contratto lo hanno avuto a tempo determinato e nel 35% dei casi di durata inferiore al mese, nel 34% fra un mese e tre mesi e solo nell'1% superiore a un anno, mentre i contratti a tempo indeterminato e di apprendistato non hanno superato il 14%. «In oltre il 90% dei casi le competenze richieste sono basse o medio-basse».