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    CASA IDEA - I NUOVI BUNKER PER I RICERCATI SONO RIFUGI HI-TECH MEJO DELLA CASA DI BATMAN: PARETI MOBILI, NASCONDIGLI “A SCOMPARSA”, BOTOLE SOTTO LA DOCCIA, SISTEMI OLEODINAMICI, ASCENSORI E MONTACARICHI CHE SCENDONO FINO A SEI METRI SOTTO TERRA - PASQUALE APICELLA DETTO "O' BELLOM" AVEVA NASCOSTO CAMERA DA LETTO E BAGNO DIETRO ENORMI BALLE DI FIENO: PER TROVARLI SONO SERVITE FOTO AEREE E RAGGI INFRAROSSI…


     
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    Emiliano Fittipaldi per "l'Espresso"

    RAFFAELE DIANA jpegRAFFAELE DIANA jpeg

    Catello Maresca è un pm di Napoli. Più precisamente, un "cacciatore di bunker". «Già. È questo il lavoro principale quando i magistrati della Dda cercano i boss latitanti: per catturarli bisogna individuare le loro tane, le stanze invisibili dove si nascondono per anni», spiega.

    Maresca di buchi ne ha trovati tanti, spesso vuoti perché già abbandonati dal latitante, a volte con gli ospiti ancora dentro. Nel dicembre 2011 ha fatto il botto: il pm, i colleghi del pool e la squadra mobile della polizia hanno sorpreso l'ultimo dei capi dei Casalesi ancora in libertà, l'imprendibile Michele Zagaria.

    IL COVO DEL BOSS ZAGARIAIL COVO DEL BOSS ZAGARIA

    La storia della cattura è diventata un libro ("L'ultimo bunker"), scritto a quattro mani con Francesco Neri. Il rifugio di Zagaria era a Casapesenna, a pochi chilometri da Casal di Principe. Il bunker Maresca l'ha studiato al microscopio. «È una tana di "seconda generazione". Fino a vent'anni fa i Casalesi costruivano nascondigli piccoli, massimo due metri per due, dietro intercapedini nel muro, con botole che si spostavano a mano, come accessori solo una lampadina».

    Francesco "Sandokan" Schiavone fu il primo a cambiare sistema, e sotto la sua villa si fece costruire un appartamento segreto di tre stanze, bagno e cucina, tutti i comfort e ritratto di Napoleone appeso alla parete. «I bunker di seconda generazione sono molto più grandi, dotati di ogni status symbol immaginabile. Zagaria aveva un plasma di 60 pollici, un altro tv in bagno, stereo e decoder satellitare, sistema di videocontrollo, divano, letto matrimoniale più libri sulla mafia, alle pareti santini e immagini della Madonna».

    MASSIMO DI CATERINO jpegMASSIMO DI CATERINO jpeg

    Se i capi i Cosa nostra in Sicilia preferiscono gli appartamenti di amici in città o case di campagna (vedi Bernardo Provenzano), Casalesi e 'ndranghetisti si sentono più sicuri sottoterra. Gli scavi dei bunker di lusso vanno fatti prima di erigere la palazzina che li coprirà come un guscio.

    «A Caserta e in Calabria esistono operai specializzati nel settore, chiamati "bunkeristi". Devono realizzare un'opera complessa, visto che la tana può arrivare fino a sei metri di profondità rispetto al piano di calpestio. Oltre a ditte amiche, bisogna avere anche coperture in Comune: durante i lavori di costruzione i controlli vengono sistematicamente aggirati», chiosa Maresca.

    LA VILLA DI SANDOKAN SCHIAVONE jpegLA VILLA DI SANDOKAN SCHIAVONE jpeg

    Tecnologicamente parlando, i nuovi rifugi sono all'avanguardia. «A San Marcellino abbiamo trovato un nascondiglio con un ascensore-montacarichi alla Batman, che combaciava con il pavimento di un bagno. Per spostarlo c'era un motore molto potente, tutte le pareti erano insonorizzate». L'appartamento di Zagaria era addirittura "mobile": due binari e un sistema oleodinamico permettevano di farlo spostare di un metro, in modo che - in caso di blitz delle forze dell'ordine - il manufatto si appoggiasse alle mura della casa principale.

    I sistemi sono diversi e ingegnosi: il boss Massimo Di Caterino ha costruito una botola dietro alla doccia che si apriva con un telecomando, mentre il buco di Raffaele Diana era a scomparsa dietro una dispensa. Pasquale Apicella detto "O' bellom" aveva nascosto camera da letto e bagno dietro enormi balle di fieno. «Per trovarli bisogna usare foto aeree, raggi infrarossi, ma soprattutto seguire le tracce dei "sottoservizi" usati nel bunker.

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    Gli scarichi del bagno, i tubi dell'acqua, i consumi dell'elettricità, l'aria condizionata necessaria per il ricircolo: i latitanti devono occultare tutto. Hanno imparato a farlo bene. Noi cacciatori, però, abbiamo imparato a conoscere le prede e le loro abitudini. Può bastare una fenditura sospetta dietro ai battiscopa o un interruttore farlocco a smascherare il trucco e chiudere la partita».

     

     

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