Estratto dell’articolo di Francesca Caferri per "la Repubblica"
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Nelle strade di Ramallah non ci sono cartelloni elettorali. Nessuna scritta, nessuno striscione se non quelli che ricordano le migliaia di palestinesi uccisi nell’offensiva israeliana a Gaza, e i ritratti ufficiali di Mahmud Abbas, il presidente che dal 2005 guida l’Autorità nazionale palestinese (Anp). «Il tempo è scaduto, serve un cambiamento», dicono senza distinzione di età, sesso o appartenenza politica i palestinesi quando chiedi loro di Abu Mazen, il nomignolo con cui è conosciuto.
BOMBARDAMENTI ISRAELIANI SU GAZA
Difficile non capirli: il leader, 89 anni, è stato eletto nel gennaio 2005, in seguito alla morte di Yasser Arafat e mai più confermato, pur restando sempre in carica. Solo una volta, nel 2021, si è andati vicini a un nuovo voto, ma ad annullarlo ci ha pensato lui stesso di fronte al rifiuto di Israele di far votare i palestinesi di Gerusalemme Est, che vivono sotto il controllo dello Stato ebraico. Una mossa interpretata dai critici come un modo per una vittoria ad Hamas, come già avvenuto a Gaza nel 2006, relegando il suo partito (Fatah) all’opposizione.
marwan barghouti 1
Il risultato è che a Ramallah, come a Nablus e Jenin - le altre città palestinesi della Cisgiordania, non lontane da qui ma sempre più distanti dal 7 ottobre, a causa dei controlli dell’esercito e degli ostacoli disseminati ovunque dagli estremisti ebrei - di elezioni non si parla: presidenziali o legislative che siano.
mohammed dahlan
Eppure mezzo mondo le vorrebbe, con in testa gli Usa, che su un governo palestinese rafforzato e legittimato puntano per uscire dall’enigma di cosa fare di Gaza una volta finita la guerra. Alla spinta americana si è accodata l’Europa ma anche i Paesi della regione, Emirati e Arabia Saudita in primis, entrambi impegnati a sostenere sottobanco i rispettivi candidati alla leadership, Mohammed Dahlan, ex uomo forte di Fatah a Gaza cacciato da Hamas nel 2007, e l’ex premier Salam Fayyad.
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In un’intervista al New York Times ieri Dahlan ha lanciato la sua formula per il futuro di Gaza: «No Abbas, no Hamas, serve gente nuova».
Ma al di là delle speranze internazionali non ci sono discussioni ufficiali su liste o alleanze.
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dallo spettro della corruzione e dalle accuse di complicità con Israele, resta lontano solo Marwan Barghouti, ex responsabile militare di Al Fatah, leader della Seconda Intifada, ma anche sostenitore degli Accordi di Oslo: da 22 anni è in carcere in Israele con l’accusa di aver partecipato ad azioni che hanno portato alla morte di 5 israeliani.
Il suo nome è al centro di tutte le trattative su un accordo sugli ostaggi e su un nuovo rilascio di prigionieri palestinesi, ma chi le segue da vicino dice l’ipotesi che torni libero in tempi brevi è remota.
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Eppure l’idea diffusa a Ramallah è che solo lui, per la sua storia personale, per aver pagato un prezzo tanto alto alla causa palestinese, sarebbe in grado di mettere d’accordo tutti e di competere con la popolarità di Hamas. Tre quarti dei palestinesi, secondo un sondaggio di qualche settimana fa, sostengono il movimento, un aumento netto rispetto ai dati precedenti al 7 ottobre. La motivazione è una: aver riportato la questione palestinese al centro dell’agenda mondiale.
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abu mazen 2 salam fayyad RAFAH - STRISCIA DI GAZA BOMBARDAMENTI ISRAELIANI SU GAZA abu mazen 1