Monica Guerzoni per il Corriere della Sera
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«Arrivare al 2023», questo per Andrea Orlando è il problema. Preoccupato per le fibrillazioni nella maggioranza, il ministro del Lavoro condivide il richiamo di Draghi ai partiti e li sfida a venire allo scoperto: chi è davvero disposto a sostenere il governo di unità nazionale fino al termine della legislatura?
Ministro, il premier sferza i partiti perché non è stato eletto al Colle? O teme che la stabilità sia a rischio?
«Penso che il richiamo di Draghi ai partiti sia giusto. Adesso si capirà chi ha insistito per preservare l'azione di governo convinto che sia una questione essenziale e chi invece ha posto il tema in modo strumentale».
Il Pd si è diviso, non tutti hanno lavorato perché Draghi fosse eletto al Quirinale.
«Il Pd ha dato dimostrazione che, alla preoccupazione manifestata, corrisponde anche un impegno a proseguire l'esperienza del governo».
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La preoccupa più Salvini, che potrebbe uscire per inseguire Meloni, o Conte, che guida un M5S nel caos?
«Mi preoccupano entrambi, ma per ragioni diverse. Per quanto riguarda Salvini spero per l'interesse nazionale che non rincorra Meloni anche strizzando l'occhio a posizioni antieuropeiste e no vax in un momento cruciale per l'attuazione del Pnrr e per la sconfitta della pandemia. Per quanto riguarda il M5S non parlerei di caos, ma di un passaggio difficile che mi auguro si risolva con un rafforzamento dell'alleanza progressista».
Il testo della riforma Cartabia potrebbe uscire stravolto dalle Aule di Camera e Senato?
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«Mi auguro di no. Da ex ministro della Giustizia vedo che la politica tende a sopravvalutare aspetti che non sono esaustivi del problema del funzionamento della giurisdizione. La proposta che va avanti dopo gli emendamenti Cartabia al testo Bonafede tocca molti passaggi critici, ma è sbagliato pensare che il problema della magistratura si risolva solo fermando le porte girevoli e scrivendo una legge elettorale nuova».
I pregi della riforma?
«Aver superato la commistione di funzioni del Csm, tra amministrativa e disciplinare, è un passo avanti. Ma per risolverla del tutto ci vorrebbe la legge costituzionale proposta dal Pd. Mi auguro trovi adesioni l'idea di un'alta corte che eserciti il disciplinare su tutte le magistrature, sottraendolo agli organi di autogoverno. Positive sono anche le norme contro le nomine a pacchetto, terreno su cui sono cresciute le distorsioni di questi anni».
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E gli aspetti negativi?
«Il tema vero è il funzionamento delle correnti e qui qualunque norma non raggiunge del tutto l'obiettivo».
Il Pd è in imbarazzo perché la riforma è troppo dura sulle porte girevoli?
«Le norme possono essere affinate perché rischiano di risolvere in modo uguale situazioni che hanno un profilo diverso. Il magistrato che ha fatto campagna elettorale viene trattato come chi è stato chiamato per la sua terzietà in un governo tecnico».
Palazzo Chigi ha provato a far passare una deroga per casi come Garofoli e Lamorgese?
LETTA FRANCESCHINI
«La norma ad personam non c'è mai stata perché la riforma non è retroattiva. Ma penso sia ragionevole distinguere tra chi ha fatto una campagna e chi viene chiamato a svolgere una funzione tecnica in un governo».
Si salderà un asse in Parlamento per ammorbidire le norme sulle porte girevoli?
«Io spero di sì. Il provvedimento va difeso anche con queste imperfezioni, ma il tema andrebbe affrontato».
FI annuncia battaglia sul sistema elettorale delle toghe. E il Pd? Non rivendicate mani libere in Aula?
«No, il Pd si è impegnato a votare in ogni caso il testo. Draghi ha tenuto a circoscrivere la peculiarità di questo passaggio, ma deve essere un'eccezione. Se le mani libere diventano la norma e tutto quello che esce dal Cdm viene fermato o stravolto in Parlamento, nessuna proposta diventerà mai legge. E il governo finisce».
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Il premier è stato molto duro con il M5S sul superbonus. Cosa fare per scongiurare le truffe?
«La preoccupazione di Draghi è condivisibile. Non cancellerei uno strumento che ha avuto una funzione utile, ma è necessario studiare dei correttivi. Dobbiamo porre attenzione al tema della sicurezza perché aver fatto crescere in modo esponenziale la domanda edilizia ha fatto nascere imprese improvvisate, con conseguenze purtroppo riscontrabili sul numero degli incidenti. Ho proposto di subordinare il rilascio del contributo per il 110% al fatto che le imprese applichino i contratti sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative».
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La campagna elettorale per le Politiche si avvicina. Il Pnrr è a rischio, o si arriverà a fine legislatura?
«Spero che nessuno voglia prendersi la responsabilità di strappare. Chi dovesse farlo si assumerebbe il peso di una perdita di risorse senza precedenti per il Paese. È proprio in questa zona grigia che si possono determinare incidenti parlamentari o politici. La nuova emergenza su cui dobbiamo concentrarci è come mettere Comuni, Regioni e amministrazioni centrali dello Stato in grado di spendere bene e sugli obiettivi giusti questi soldi e vincere una sfida epocale dopo anni di mancati investimenti».
Nel campo largo del Pd c'è posto per Renzi e per Conte?
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«Dovremmo partire dai temi su cui costruire questa alleanza, lotta alle disuguagliane, lavoro, sviluppo sostenibile. Non mi convince nessuna formula che escluda pezzi di aree potenzialmente antagoniste alla destra sovranista, ma non mi convincono nemmeno arruolamenti a prescindere dai contenuti».
Alle amministrative andrete col M5S, o no?
«Il campo progressista per vincere deve rappresentare le istanze di cambiamento che vengono dalla società, anche quelle più radicali emerse negli ultimi anni. La prova sarà vedere come si svilupperanno le alleanze a livello locale. In primavera in vista delle Politiche dovremo andarci con una alleanza pienamente strutturata e non potremo permetterci le geometrie variabili dello scorso anno. Il problema del Pd è coniugare il suo ruolo di pilastro di governo e di motore del Pnrr con un messaggio forte di cambiamento e riscatto del mondo del lavoro e dei settori popolari della società. Altrimenti finiremo per essere identificati con l'establishment».
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Nascerà il centro, ora che Draghi si è tirato fuori?
«Mi sembra si stia prestando troppa attenzione a una specie di talent sulla ricostruzione del centro. Quanto a Draghi, credo vada preso sul serio il suo invito a concentrare le energie sugli ambiziosi obiettivi del 2023».
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