Giacomo Amadori per "la Verità"
piero amara
Lo storico greco Plutarco avrebbe certamente dedicato un capitolo delle sue Vite parallele ai pm Paolo Storari e Stefano Fava, due magistrati molto diversi, ma accomunati dall'essere diventati i più fieri avversari di Piero Amara, uno dei «collaboratori di giustizia» più controversi della storia repubblicana. Noi abbiamo comunicato via Whatsapp a lungo con l'avvocato di Augusta prima che venisse arrestato, l'8 giugno scorso, su richiesta della Procura di Potenza per corruzione in atti giudiziari e in quel dialogo a puntate era affiorato il risentimento di Amara nei riguardi di Fava e Storari, colpevoli di non essersi bevuti la favola del suo pentimento e di averne chiesto, senza successo, l'arresto.
PAOLO STORARI
Il chiacchierato legale, nel suo percorso di presunta collaborazione, si è preoccupato di evitare il carcere e di mettere in salvo il tesoretto accumulato grazie agli affari della Napag Srl (a lui riconducibile) con l'Eni, business che gli sono costati una denuncia per truffa da parte della compagnia petrolifera.
Per quasi due anni Amara non aveva concesso interviste alla Verità, mentre aveva accettato gli inviti di Piazza pulita («Corrado Formigli è stato un signore») e di Report. Il motivo di tanta diffidenza nei nostri confronti? Lo ha confessato lo stesso Amara al telefono: «Sa perché non le parlavo prima?» ci ha chiesto. «Per la posizione troppo pro Fava del vostro giornale». Poi ha aggiunto: «La vicenda Napag è una minchiata che non finisce mai». Tradotto: i soldi della Napag non sono i miei, al contrario di quanto sostiene Fava.
PAOLO IELO
Amara ha ripetutamente promesso di consegnarci materiale che confermasse le sue dichiarazioni, salvo poi cancellare tutti gli appuntamenti con diverse scuse. Il 3 giugno scorso, a un'ora dal rendez-vous, ha annullato il faccia a faccia con queste parole: «L'avvocato Mondello (Salvino, ndr) e l' avvocato Montali (Francesco, ndr) mi hanno vietato assolutamente di intrattenere rapporti con qualunque giornalista o commentatore sino alla decisione del Tribunale di sorveglianza. Non so ancora a cosa è dovuto questo improvviso ordine ma, per mia serenità, devo rispettare il diktat dei miei legali».
PAOLO STORARI CON IL SUO AVVOCATO
I quali, dunque, preferiscono mandare il loro assistito allo sbaraglio in tv (come è accaduto il 27 maggio su La7), che dare il benestare a una chiacchierata informale con un giornalista sospettato di essere «pro Fava».
Salvino Mondello sarebbe, come si legge nel libro Giustiziamara di Enzo Basso, ex compagno di liceo e testimone di nozze del procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, la toga che aveva bocciato la richiesta di arresto per bancarotta presentata da Fava nei confronti di Amara. Il 31 gennaio 2019 Ielo aveva elencato le ragioni per cui, a suo giudizio, occorresse risparmiare le manette all' indagato: «Ricordiamoci che dobbiamo affrontare un dibattimento con Amara teste di accusa (). In questo contesto una misura cautelare per Amara mi sembra un atto che ci indebolirebbe».
PAOLO IELO
Una lezione di garantismo: i processi vanno vinti, anche a costo di utilizzare testi discutibili. Ielo diede anche un'altra motivazione: «Avevamo chiesto ad Amara () tutte le corruzioni giudiziarie onde evitare ulteriori richieste cautelari. Chiedere adesso la misura per bancarotta significa uscire dal perimetro dell' accordo originario».
Purtroppo, nonostante questa grandissima apertura di credito, Amara non ha raccontato ai pm romani molte presunte corruzioni giudiziarie, che ha preferito denunciare in altre Procure. Avvalorando così i sospetti di Fava. Ma se Amara mal sopporta la toga di origini calabresi, è chiaro che non stimi neppure Storari, il quale è stato il bersaglio preferito del legale arrestato durante le conversazioni che abbiamo intrattenuto con lui: «Io penso che Storari sia una persona per bene, ma è un coglione» è sbottato.
piero amara 3
«L'indagine di Milano doveva andare a un magistrato meridionale perché tu non puoi convocare una persona e domandare: "Tu fai parte di una associazione?"». «Errore» che avrebbe commesso Storari mentre indagava sulla loggia Ungheria. Al contrario, Amara si è sperticato in complimenti per l'aggiunto di Milano Laura Pedio: «È proprio di un'intelligenza mostruosa» ha sentenziato.
Ma torniamo alle vite parallele. Negli anni scorsi Fava e Storari si ritrovano a indagare su Amara, avvocato introdottissimo negli ambienti giudiziari: Fava a partire dal 2016, Storari dal 2019. Entrambi si convincono che Amara, seppur sostenga di aver avviato un percorso di collaborazione dopo il suo primo arresto (avvenuto nel febbraio del 2018), continui a mentire e a commettere reati.
piercamillo davigo al tg2 3
Entrambi predispongono quindi una richiesta cautelare contro Amara (per reati che vanno dalla bancarotta all'autoriciclaggio e alla calunnia) e Fava anche un'istanza di sequestro di un'ingente somma di denaro bonificata dall'Eni alla Napag. Entrambi registrano un atteggiamento critico verso le proprie iniziative da parte dei procuratori di Roma e Milano, Giuseppe Pignatone e Francesco Greco, e degli aggiunti Ielo, Rodolfo Sabelli, Fabio De Pasquale e Pedio poiché Amara era «teste di accusa».
giuseppe pignatone
Entrambi inviano delle mail e delle note scritte formalizzando la propria ferma determinazione a procedere contro Amara. Entrambi si trovano a parlare delle vicende dell'avvocato siciliano con l'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo (Fava durante due pranzi al ristorante, Storari a casa dell'ex campione di Mani pulite), il quale avrebbe condiviso la loro valutazione sulla gravità della situazione esortandoli ad andare avanti. Entrambi sono stati esautorati dalla trattazione dei procedimenti che riguardano Amara.
david ermini giovanni salvi
Entrambi sono stati indagati (a Perugia e Brescia) e sottoposti a procedimento disciplinare da parte del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi che, invece, non ci risulta abbia deciso di agire nei confronti dei procuratori e degli aggiunti di Milano e Roma, nonostante Amara sia stato arrestato dalla Procura di Potenza proprio perché avrebbe continuato a delinquere anche dopo l' inattendibile collaborazione avviata con gli inquirenti capitolini, meneghini, ma anche perugini e messinesi.
Chissà se adesso qualcuno si preoccuperà di restituire l'onore a Fava e Storari, essendo sempre più evidente che la loro unica colpa è stata quella di aver cercato di smascherare un probabile impostore con troppi sponsor dentro alla magistratura.