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    1. I PRIMI OTTANT’ANNI DI TINTO, IL “CINE-COLOGO” DEL CINEMA ITALIANO COLPISCE ANCORA! 2. “SESSUOFOBI, CRITICA, CHIESA E FEMMINISTE MI VOLEVANO MORTO. IO, CARLA BRUNI E ODIFREDDI, GLI UNICI SCOMUNICATI D’ITALIA, LO PUÒ LEGGERE IN LATINO SUL SITO DEL PAPA 3. ‘’ELVIRA BANOTTI MI ATTESE A NAPOLI CON PLOTONI DI OSSESSE E STRISCIONI: “A MORTE BRASS”. POI NON SI TRATTENNE E SALÌ SUL PALCO. MI DIEDE UN PUGNO MENTRE LE COMPAGNE MI BERSAGLIAVANO DI GHIANDE URLANDO MAIALE. MIA MOGLIE IN PRIMA FILA GRIDAVA PIÙ DI LORO: “FAGLIELO VEDERE, TINTO! TIRATELO FUORI COSÌ SCAPPANO” 4. “SOGNAVO LA LOREN NE “LA CHIAVE” MA PONTI SBOTTÒ: ‘HAI LO SPERMA NEL CERVELLO?’ 5. “LA SANDRELLI NON MI HA RINNEGATO, LA KOLL ERA FANTASTICA, LA GALIENA AVEVA POCO PELO LÌ E LA DELLERA FECE IMPAZZIRE BERLUSCONI. MARIA SCHNEIDER TENTÒ DI FREGARMI”


     
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    Alessandro Ferrucci e Malcom Pagani per "il Fatto Quotidiano"

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    Tinto Brass fa un altro giro nel parco della luna. Adolescente nei bordelli veneziani: "Erano 33, li conoscevo tutti, fin dai 16 anni. Al più economico, lo Scalone, ero di casa. Tornavo dalla caccia pervaso dalle voglie e con un documento falso andavo dalla mia puttana preferita". Maggiorenne alla stazione di Milano: "Sporco e povero, a vagabondare dopo il turno ai mercati generali".

    Rapidissimo vecchio in un regale borgo medievale sulla Cassia, tra antichi manifesti elettorali per i radicali: "Meglio un culo che una faccia da culo", teiere di bronzo e salici piangenti. Mentre ride, protegge l'età con una coperta e fa ballare la rossa montatura degli occhiali, vede con altre lenti e torna bambino proprio all'alba degli 80. Esserci arrivato, esorcismo riuscito: "Sapete in quanti me l'hanno augurata?".

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    La prematura dipartita?
    Visto il mio Action, Morandini si superò sul Giorno: "Brass deve essere eliminato". Sessuofobi, critica, Chiesa e femministe mi han sempre massacrato. Io, Carla Bruni e Odifreddi, siamo gli unici scomunicati d'Italia, lo può leggere in latino sul sito del Vaticano.

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    E le femministe?
    Elvira Banotti mi attese a Napoli con plotoni di ossesse e striscioni: "A morte Brass". Poi non si trattenne e salì sul palco. Mi diede un pugno mentre le compagne mi bersagliavano di ghiande urlando maiale. Mia moglie in prima fila gridava più di loro: "Faglielo vedere, Tinto! Tiratelo fuori così scappano".

    "Tinta" Cipriani, figlia del suo tempo e dell'Harry's Bar.
    Donna fantastica. Mi presentai all'Harry's con i muscoli in vista: "Vorrei invitarla al cinema, danno Monsieur Verdoux". Accetta. Entriamo. Chaplin mi rapisce e dimentico i miei doveri di maschio.

    Tinto BrassTinto Brass

    Lei delusissima.
    Rimanemmo anche al secondo spettacolo. Con piena soddisfazione. La mia Tinta sapeva dove andare e aveva le idee chiare. Quando le chiesi di seguirmi a Parigi sprecò due sole lettere: "No".

    Tinto Brass partì ugualmente.
    La città della mia vita. Libertà. Invenzione. Divertimento. Le proiezioni alla Cinémathèque. Le notti a parlar di cinema chiudendo i bistrot con Chagall. Le cene con Truffaut, Godard e la banda di belle speranze chiamata Nouvelle Vague.

    Chi preferiva?
    Truffaut era disimpegno, Godard rabbia. Uno più allegro, l'altro più interessante. Jean Luc non avrebbe mai girato Effetto Notte, ma poteva tranquillamente inquadrare un cazzo enorme in primo piano. Andavo a Parigi tutte le volte che potevo. Stavo per collaborare con Ivens e intanto lavoravo come aiuto regista per Il Generale Della Rovere. Rossellini girava con la mano sinistra, era in un momento di sopiti entusiasmi e si annoiava terribilmente. Io anche. Lo convinsi a spedirmi in Francia perché sapevo dove trovare immagini splendide della Milano occupata alla Pathè. Sette giorni di gaudio.

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    Però è tornato.
    Sono nato in Italia. Papà era il Vice Podestà di Venezia. Figlio di un'ebrea geniale, vigilava su una famiglia fascista, ma relativamente libertaria. I soldi per andare al bordello li ricavavo dal "furto" dei suoi libri. Un giorno entra dal rigattiere, ne apre uno e trova la sua sigla.

    Si arrabbiò?
    "La prossima volta chiedimeli", così disse. Il Paese era un po' rigido, la necessità di frequentare assiduamente i casini, irrinunciabile. Tra me e mio padre i rapporti furono alterni. I miei mi cacciarono di casa. Cambiarono le serrature. Mi consideravano un irrecuperabile. Litigammo: "Spero di non vedere più la tua faccia da stronzo". Per anni papà è stato un estraneo. Sono andato a trovarlo prima che morisse. Sapevo di dovergli dire qualcosa di importante, ma non lo feci. Se ne andò poco dopo. L'ultimo pianto della mia vita.

    Tinto Brass e Debora CaprioglioTinto Brass e Debora Capriogliotinto brass 06scenatinto brass 06scena

    Sua madre?
    Non andai neanche al funerale. Non credo nella liturgia del rapporto di sangue. Ci si piace, ci si detesta, non ci si sceglie, soprattutto.

    Al cinema è diverso.
    Sulle mie attrici non tolleravo intrusioni. Le sceglievo io, come facevo con la biancheria intima che indossavano in scena, ma non sempre ho realizzato i miei desideri. Ne La chiave avrei voluto Sofia Loren. Carlo Ponti sbottò: "Hai per caso lo sperma nel cervello?".

    Optò per Stefania Sandrelli.
    Alla proiezione assiste senza dire una parola e fugge via. Penso sia rimasta disgustata e mi preparo al peggio. Poi leggo i giornali. Lei sfrontata, allegra: "Son felice di aver dimostrato di saper recitare anche con il culo". Le voglio bene. È stata l'unica a non rinnegarmi. L'avrei voluta dirigere ancora.

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    Invece?
    La chiave, un trionfo, l'aveva resa irraggiungibile. Per il film le avevo corrisposto 16 milioni. La volta successiva me ne chiese 600. La mandai affettuosamente a cagare.

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    Claudia Koll?
    Prima della deriva mistica, favolosa. Ai provini sapeva come muoversi e come spogliarsi. Al pari di Serena Grandi e di Anna Galiena. Quest'ultima venne qui per Senso 45, tirò una tenda e scatenata, si denudò: "Ho poco pelo lì". Il film non riuscì, in certi casi voleva la controfigura, e io: no! La considero la meno intelligente di tutte quelle che ho incontrato.

    Cova rancore?
    Mai. Né rancore né rimpianti. A volte mi incazzo, se devo mandare a fare in culo qualcuno lo faccio e sul set sono severo. In Io Caligola, dopo mesi di accordi alla lettera, Maria Schneider tentò di fregarmi. Pretendeva di indossare una tunica cucita fino ai piedi. Grido come un pazzo: "Stop, stop, stop". La caccio. Mi fece causa denunciandomi ad Amnesty International per violazione dei diritti umani.

    Però.
    Poveretta. Pensi che su Paprika le ragazze erano entusiaste: "Recito volentieri per lei perché almeno nella finzione bisogna essere un po' porche". Poi la vita è la vita e il cinema, solo cinema.

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    Francesca Dellera?
    Gioiosa. Vitale. Berlusconi vide le foto di Capriccio e se ne incapricciò. Tormentava l'addetto stampa: "Come posso incontrarla?". La trovo e allora iniziarono le chiamate a me e a mia moglie: "Che devo fare? Lo incontro?". E noi all'unisono: "Vai cara".

    Mai avuto storie con le sue attrici?
    Neanche una. Quello che accadeva dopo il film era solo a favore del marketing.

    Ma come, proprio lei? Impossibile...
    Invece è proprio così, ho una forma di timidezza malcelata. Non dico di essere stato monogamo (e scoppia a ridere), ma il lavoro è un'altra cosa.

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    È vero che voleva portare in tv la culologia?
    Verissimo. Roberto D'Agostino mi aveva omaggiato in Mutande Pazze e io pensai di proporre una rilettura della più soave delle visioni. Quella che porto nel cuore e nel cognome. Vero Caterina?

    (Al suo fianco siede Caterina Varzi, sorridente avvocato calabrese, attrice, musa, amante: "La donna che amo di più" flauta Tinto e ora anche biografa. Per Tea, in primavera è in uscita "Maio vedo più in là". Un libro che raccoglie 80 anni di avventure)

    "Brass the ass". Il Culo.
    Il culo è più onesto della faccia, ma a volte il culo coincide con la faccia stessa. Poi guardate, il mio caso è strano. È come se il Cantico del culo avesse cancellato tutto il resto. Il cinema serio, la sperimentazione, la cultura, i miei inizi. Quando era direttore a Torino, Moretti mi chiamò per discutere del mio Chi lavora è perduto. Fu adorabile. Ci eravamo sempre combattuti. Avevo stroncato il Caimano e mi era scappato un giudizio poco benevolo sul suo cinema.

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    Cosa aveva detto?
    Che aveva funzioni lassative. È stato spiritoso, Nanni. Come Sordi e la Vitti conosciuti nel '64 sul set de Il disco volante, o le domeniche con Antonioni, tra il ping-pong e la gioia pura. Michelangelo era un amico fraterno, ma di cinema non parlavamo mai. Io consideravo Deserto Rosso soporifero e battute come "Mi fanno male i capelli" imperdonabili, ma gli volevo veramente bene.

    Tra un mese compie 80 anni. Malinconia?
    (Si ferma. Arriccia il naso. Muove gli occhiali, gli brillano gli occhi) All'ultimo che me lo ha detto, gli ho tolto il saluto.

     

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