Miriam Romano per “Libero quotidiano”
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Il suo nome, Patron, in ucraino vuol dire pallottola. Indossa il giubbotto antiproiettile dell'esercito e il collare azzurro. Gli occhi piccoli e vispi e le orecchie che si drizzano anche al minimo soffio del vento. Con la coda eretta sta sull'attenti. Un vero soldato. Anzi, uno dei migliori. Dall'inizio della guerra ha trovato e fatto disinnescare quasi 90 ordigni, mine o bombe.
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Un record per chiunque, tanto più per un cane di due anni come lui. Un Jack Russell, bianco e fulvo, alto meno di mezzo metro. Nella squadra di artificieri fa il suo compito e riceve in cambio un pezzo di formaggio. Una nota colorata in mezzo agli spari e alle bombe.
In Ucraina c'è la guerra anche per gli animali. Quattro zampe morti, animali soldato e animali profughi. Cani e gatti diventati di colpo randagi, tremano allo scoppio dei fucili.
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Mici che si riparano tra le macerie. Cani che fiutano i marciapiedi e si abbeverano nelle pozze d'acqua. Sfilano i carri armati, i soldati imbracciano le armi e gli animali osservano spauriti il mondo che cambia. Schivano colpi, scappano, i loro ululati al cielo chiedono una tregua. E i soldati russi, per non avere noie, spesso sparano.
Di questo conflitto, ricorderemo per la prima volta, in mezzo agli orrori, anche le foto dei bambini stretti nelle stazioni insieme ai propri cani. Un ragazzo siede sulla banchina della metropolitana di Kiev, con le borse che ha riempito in fretta e furia e in braccio stringe il suo cane. In mezzo a una coppia, seduto, c'è un barboncino.
Un uomo scavalca un nastro di protezione, in una mano ha un trasportino con un gatto, nell'altra una boccia di vetro con dentro un pesce.
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STRAGE DI RANDAGI
In Ucraina l'attenzione per i quattro zampe è un amore ritrovato. Non è sempre stato così. Nel 2012, quando l'Ucraina insieme alla Polonia si preparava ad ospitare l'Europeo di calcio, era stata fatta una strage di cani randagi per liberare le strade e prepararle a ospitare l'evento. Presi a bastoni e fucilate, uccisi sommariamente con veleni, solo per permettere qualche partita di pallone. Più di 10mila vittime in pochi mesi.
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Oggi, invece, salvare gli animali dalle bombe russe è una missione. Domenica, otto canguri del bioparco di Kharkiv sono stati fatti evacuare, dopo che le bombe hanno colpito la struttura. Le immagini del loro viaggio in un furgone, pieno di fieno e paglia, parlano da sole: gli sguardi incuriositi e uno di loro che, con la testa fuori dal finestrino, fissa la strada.
L'Oipa International, pochi giorni fa, è entrata in Ucraina e ha consegnato tre tonnellate di cibo e materiali per gli animali con un camion partito dalla cittadina di Gdynia, in Polonia.
Tre giorni di viaggio per arrivare a Leopoli. «Noi non ce ne andiamo, non c'è modo di spostare gli animali in sicurezza». È la risposta unanime che giunge dai rifugi in Ucraina. Scarseggiano cibo, acqua ed elettricità. Ma la resistenza dei volontari non si piega.
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L'associazione "Leidaa" di Michela Vittoria Brambilla è riuscita a portare in salvo decine di cani e gatti randagi, vaganti tra le macerie, nascosti in rifugi di fortuna. Superato lo stress delle 50 ore di viaggio, sarebbero pronti per l'adozione, ma l'arrivo degli animali profughi in Italia, al momento è davvero complesso.
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Il Direttore generale della veterinaria del Ministero della Salute, Pierdavide Lecchini, ha trasmesso una nota a Regioni e Province autonome che vieta l'introduzione in Italia di cani e gatti liberi sul territorio provenienti dell'Ucraina, per evitare la possibilità di diffusione della rabbia. Una decisione che le associazioni animaliste hanno definito «discriminatoria» e si preparano a dar battaglia. «Il Ministro Speranza dica di sì ai randagi», è il messaggio univoco.
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ITALIANO BLOCCATO
Migliaia di animali dello zoo Mykolaiv di Kiev, il più grande di tutta l'Ucraina, sono intrappolati e rischiano la vita sotto le bombe russe. Quattro sono già cadute sul sito, alcuni animali sono morti, altri rimasti feriti. Il timore che accada di nuovo fa sussultare a ogni rumore. Le gabbie tremano, gli acquari traballano. Ma non c'è alcuna possibilità di evacuazione, lo zoo si trova proprio sul fronte e il freddo complica le cose.
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E infine, ci sono storie come quella di Andrea Cisternino, un italiano di grande coraggio. Da anni è in Ucraina a curare il rifugio Kj2, vicino a Kiev, e nonostante gli orrori della guerra non ha fatto le valige. Resiste, insieme a 453 animali delle specie più diverse. I vicini gli portano acqua e cipolle, beve l'acqua del pozzo, bollita, e si prepara alla nascita di un puledro, aspettando un convoglio di aiuti dall'Italia. A lieto fine è di certo la storia dell'orso Vova, che con lo scoppio della guerra si è salvato da una prigionia ventennale.
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Viveva in mostra come intrattenimento fuori da un ristorante nella regione di Khmelnytskyi, nell'Ucraina occidentale, chiuso in un box di cemento. C'è voluta una petizione nazionale per far approvare la legge che ha dichiarato illegale la detenzione di orsi e grandi felini per intrattenimento. Vova è stato liberato e portato nel santuario per animali di Domazhyr.
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