Wilma Petenzi per il “Corriere della Sera”
samet imishti
Il 13 novembre hanno festeggiato. L’odio jihadista seminava morte e orrore per le strade e nei locali di Parigi, loro esultavano. «Parigi a lutto la torre senza le luci 158 morti... Questo è solamente l’inizio». L’esaltazione per gli attentati in Francia è solo l’ultimo di una serie di messaggi postati su Facebook. Hanno minacciato il Papa: «Ricordatevi che non ci sarà più un Papa dopo questo, questo è l’ultimo».
L’Occidente: «L’Europa verrà disgregata». E la moglie ebrea dell’ambasciatore americano in Kosovo: «Questa miscredente merita la punizione con la sharia». Sulla pagina del gruppo «Con te o senza di te il califfato è ritornato!» l’odio per gli occidentali non era mascherato: tanti messaggi, ma l’azione terroristica poteva concretizzarsi in ogni momento.
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Il più attivo alla tastiera, un kosovaro di 44 anni, Samet Imishti, muratore a Chiari, nel Bresciano, rientrato a Pristina lo scorso aprile. Il più attivo e il più pericoloso, secondo gli inquirenti che ieri hanno concluso l’operazione «Van Damme» (intercettati i kosovari si vantavano «Non siamo né Rambo, né Van Damme, noi facciamo sul serio»).
Per Samet Imishti sono scattate le manette per «apologia del terrorismo e istigazione all’odio razziale», mentre altri due connazionali sono stati espulsi e un macedone rischia la sorveglianza speciale per cinque anni. Sul social l’arrestato aveva pubblicato anche la foto del figlioletto, la kefiah rossa in testa: «Sarà lui il nuovo califfo».
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L’ha pure immortalato di spalle, a tracolla un fucile di precisione alto quasi quanto lui. È la stessa arma ritrovata ieri mattina nella sua abitazione, insieme a una pistola di fabbricazione slava, quando è iniziata, dopo mesi di indagini, la perquisizione degli uomini della Digos della questura di Brescia insieme ai colleghi della polizia dell’antiterrorismo del Kosovo.
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A pesare per Imishti anche i rapporti pericolosi, la conoscenza con Lavdrim Muhaxheri, figura di riferimento della brigata balcanica che combatte con l’Isis.
A cascata sono finiti nei guai anche altri kosovari legati a Imishti. A Chiari, gli investigatori della Digos diretti da Giovanni De Stavola e coordinati dal sostituto procuratore Leonardo Lesti, sono entrati a casa del fratello Ismail. Nell’abitazione c’era la base logistica di Samet: per mesi ha chattato al computer tra quelle quattro mura diffondendo messaggi di odio.
A Ismail la polizia ha consegnato un provvedimento di espulsione firmato dal ministro dell’Interno per terrorismo. Espulsione firmata dal questore di Brescia Carmine Esposito anche per il figlio Mergil, rintracciato a Savona, mentre a Arzignano, in provincia di Vicenza, per il macedone Arben Suma il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ha chiesto la sorveglianza speciale per cinque anni e il ritiro del passaporto. Gli investigatori hanno perquisito anche altri due kosovari a Perugia, anche loro legati al gruppo sul social.
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«L’indagine non è ancora conclusa» ha precisato il procuratore della Repubblica Tommaso Buonanno. Ulteriori accertamenti sono in corso anche perché i due fratelli Imishti hanno precedenti per carte di credito clonate e emissione di assegni a vuoto. La Procura vuole capire se la coppia raccogliesse soldi per finanziare il terrorismo.
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