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A partire dalla peste del XIV secolo i ratti hanno la pessima fama di essere “portatori di malattie”. Ma oggi un nuovo studio spiega come in realtà gli animali che si muovono nelle fogne di città non siano più sporchi e più malati dei loro parenti che vivono in zone rurali.
Lo studio condotto da un gruppo di ricerca guidato da scienziati della Georgetown University, Washington DC, pubblicato su Nature Ecology and Evolution, riconsidera questa brutta idea che abbiamo dei ratti cittadini.
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«Abbiamo scoperto che le specie urbane ospitano più patogeni. Ma la ragione è nel modo stesso in cui studiamo l’ecologia delle malattie: avendo esaminato più animali delle nostre città, abbiamo trovato più parassiti» afferma l’autore dello studio Greg Albery.
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Confrontando i mammiferi delle aree urbane (ratti, volpi, piccioni) con quelli di zone rurali, si evince che il ratto di città non è tanto più sporco del suo omologo di campagna e non hanno più possibilità di ospitare malattie infettive.
Certamente la pandemia di Covid ha riacceso l’attenzione sul tema.
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Gli scienziati da tempo sospettano che le città potrebbero essere punti caldi, potenziali focolai di future epidemie, proprio a causa di animali come ratti, volpi o piccioni.
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Dopo aver esaminato 3000 specie di mammiferi, i ricercatori hanno scoperto che gli animali urbani possono ospitare circa 10 tipi di malattie in più rispetto ai non urbani. Eppure, hanno capito che c’è un problema di distorsione del campionamento. Le specie urbane sono state studiate molto più approfonditamente dalla letteratura scientifica.
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