Sandra Cesarale per il Corriere della Sera -Roma
RED HOT CHILI PEPPERS
«Chi siamo?» si chiedevano i Red Hot Chili Peppers in ottobre, quando portarono il loro spettacolare tour a Bologna. Irriverenti come sempre, oltre a farsi la domanda si diedero anche la risposta: «Siamo quelli di sempre. Ogni tanto litighiamo e urliamo, ma poi ci abbracciamo».
I Red Hot Chili Peppers sono stati i cattivi ragazzi del funk-rock che hanno percorso un bel tratto sulla strada dell' autodistruzione. Oggi, superati i cinquant' anni, i tre peperoncini «originali» rimasti - Anthony Kiedis (voce), Flea (basso, cori), e Chad Smith (batteria) - hanno messo la testa a posto. «Sono schiavo della mia sobrietà. Faccio yoga, mangio bene e ogni due anni partecipo alla Maratona di Los Angeles», ha assicurato Flea. John Frusciante, il bello e dannato mago della sei corde, ha abbandonato di nuovo il gruppo ed è stato sostituito nel 2010 da Josh Klinghoffer.
«Abbiamo cercato più volte di capirlo. Se ne è andato, è tornato, se ne è andato di nuovo... Ci siamo chiesti le prime volte: come faremo senza John? Poi abbiamo trovato la forza di andare avanti con un altro chitarrista. E Josh è diventato un vero Pepper».
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È questa la line up della band che domani sarà in concerto a «Rock in Roma» per la prima delle due date italiane (venerdì saranno a Milano): quarantamila biglietti bruciati in pochissimo tempo. Non ci sono più posti (solo in piedi) nell' arena di Capannelle che, c' è da giurarlo, sarà bollente, ad alta gradazione di rock' n'roll.
Questo tour segue la pubblicazione (un anno fa) di «The Getaway» (undicesimo album in studio della band), arrivato a cinque anni di distanza da «I' m With You» e segnato dalla fine della lunga collaborazione con il produttore Rick Rubin, sostituito da Danger Mouse. Nel disco compare anche Elton John che al piano in «Sick love». «Lo amo da sempre - ha ricordato Kiedis -. Quando avevo 11 anni a Los Angeles sono entrato a casa di Bernie Taupin, che è il suo autore storico e ho visto il pianoforte di Elton John. Quando gli abbiamo chiesto di suonare nel nostro album ha risposto: dimmi quando».
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«The Getaway» (salito subito in vetta alle classifiche) è stato in realtà accolto da giudizi altalenanti. Alle critiche i Red Hot hanno risposto: «Sperimentiamo, ma vogliamo rimanere noi stessi. C' è chi pensa che siamo diventati più pop? Non ce ne siamo accorti. C' è chi dice che siamo più pacifici?
Non sappiamo, per noi la passione e l' entusiasmo sono gli stessi. C' è stata un' evoluzione, ma non abbiamo scelto consapevolmente una direzione: ascoltiamo molta musica diversa e vogliamo evolverci, ma non puoi scegliere quello che vuoi fare, noi suoniamo in base a quello che siamo». E ha aggiunto: «Quando Flea dice che il rock è morto, pensa a chi, a differenza nostra, fa musica senz' anima».
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Loro - band da sessanta milioni di dischi venduti, sei Grammy Awards vinti, l' ammissione nella Rock' n'roll Hall of Fame nel 2012 e 34 anni di carriera alle spalle - non si sentono ancora vecchie glorie («Non ci vedrete suonare in nessun concertone celebrativo, siamo ancora musicisti da festival in piena regola»). Divertenti e rumorosi puntano dal vivo a uno show fisico e musicalmente violentissimo.
Kiedis e Flea, come al solito, ci tengono a mostrare addominali e bicipiti scolpiti, Klinghoffer sta ancora cercando una sua via per non sembrare la brutta copia di Frusciante e Chad Smith, nascosto alle spalle dei compagni, è un sicuro punto di riferimento.
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Lo schermo alle spalle della band si accende di colori sgargianti e mostra i volti disegnati dei quattro componenti della band che paiono assumere curiose smorfie. Ma in un concerto della band californiana è soprattutto la potenza del suono che conta. E anche questa volta il quartetto non si trattiene. In ordine sparso si ascolteranno «Dani California», «The Zephyr Song»,«Around the World», «Californication», «By the Way».
E, ovviamente, anche le nuove «Dark Necessities», «Dreams of a Samurai», «Go Robot», oltre a un paio di cover che i Rhcp cambiano ogni sera pescando a piene mani dalla storia del rock e del pop mondiale: Jimi Hendrix, The Stooges, Stevie Wonder.
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«Ascolto tanta musica diversa, merito di mio nipote che ha vent' anni e vive con me da quando ha perso suo padre. È il mio dj: dal country al rap, sento ogni cosa».
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