Estratto dell’articolo di Giulia Pompili per “il Foglio”
GAL LUFT
Il principale accusatore di Hunter Biden, cioè l’uomo sulla cui testimonianza si basa l’intera teoria contro il figlio del presidente americano portata avanti dai repubblicani, è un uomo in fuga. Gal Luft, 57 anni, con doppia cittadinanza americana e israeliana, è il direttore esecutivo di un think tank piuttosto noto in America, l’Institute for the Analysis of Global Security (Iags), attivo nel settore della politica energetica e con diverse consulenze a Washington.
Il 17 febbraio scorso è stato arrestato dagli agenti dell’Interpol su richiesta degli Stati Uniti all’aeroporto internazionale di Larnaca, a Cipro, prima di imbarcarsi su un volo diretto in Israele. Un mese dopo è scomparso.
hunter biden
L’imbarazzo dei repubblicani […] è aumentato la scorsa settimana, quando i procuratori federali di Manhattan hanno pubblicato gli otto capi di imputazione contro il professore: Luft era in realtà un lobbista per conto della Cina, ma sotto copertura, cioè non registrato regolarmente.
E poi […] aiutava Pechino […] anche a vendere i suoi missili alla Libia e a evadere le sanzioni iraniane sul petrolio. Secondo il documento dell’Fbi, nel 2016 Luft avrebbe reclutato e pagato un ex funzionario del governo, allora consigliere del presidente eletto Donald Trump, per “sostenere pubblicamente alcune politiche” favorevoli alla Cina.
hunter biden
La vicenda, più che politica, è rocambolesca. Due giorni dopo il suo arresto a Cipro, Luft è stato rilasciato su cauzione in attesa dell’estradizione, e ha scritto su Twitter che il suo arresto è politico: “Il dipartimento di Giustizia vuole silenziarmi per proteggere Joe, Jim e Hunter Biden”.
Il 28 marzo la polizia di Cipro ha confermato che Gal Luft è scomparso. Non si è più presentato a firmare, come avrebbe dovuto fare due volte a settimana, e la sua auto è stata abbandonata. Il suo avvocato cipriota ha rilasciato diverse interviste dicendo di temere per la sua incolumità, ma il 5 luglio scorso è stato lo stesso Luft a fugare ogni dubbio.
HUNTER JOE BIDEN GAL LUFT
Ha mandato al New York Post, tabloid della News Corp. di Rupert Murdoch e su posizioni molto anti Biden, un video di quattordici minuti da una località sconosciuta nel quale spiega la sua verità: dice per la prima volta che quattro anni fa aveva incontrato a Bruxelles sei funzionari dell’Fbi e del dipartimento di Giustizia e “mi sono offerto volontario per informare il governo degli Stati Uniti di una potenziale violazione della sicurezza e di informazioni compromettenti su un uomo in lizza per diventare il prossimo presidente. Ma adesso sono braccato dalle stesse persone che ho informato, e potrei vivere in fuga il resto della mia vita”.
Gal Luft avrebbe dovuto essere il testimone chiave della commissione d’inchiesta appena formata al Congresso […] per indagare sugli affari loschi del figlio di Biden, Hunter, in Cina. Luft è accusato di aver passato informazioni e lavorato per un’organizzazione finanziata dal conglomerato cinese Cefc China Energy in cambio di fondi per il suo think tank. E, guarda caso, sarebbe sempre il Cefc China Energy che secondo i repubblicani avrebbe “corrotto” Hunter Biden.
GAL LUFT
[…] I repubblicani post-Trump sono disposti a credere a chiunque accusi i Biden, e Pechino sfrutta al meglio questa ossessione complottista. Allo stesso tempo, però, i repubblicani accusano Biden di essere troppo tenero con la Cina, e di averlo fatto anche per preservare gli interessi economici di Hunter, in realtà mai dimostrati.
Con Gal Luft è in corso un cortocircuito: se davvero venisse ritenuto colpevole di essere a libro paga di Pechino, i repubblicani anti cinesi avrebbero ascoltato un consigliere su posizioni vicine al Partito. Ma in realtà sarebbe stato sufficiente leggere i suoi interventi pubblici e i titoli degli articoli del suo think tank per capire le sue posizioni pro Pechino.
Del resto, Gal Luft è venuto in Italia nel 2019, a parlare alla Link, l’università di Mifsud, con legami con la Russia e i servizi. Forse non del tutto un caso.
hunter biden alla mostra