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    IL COVID DA' ALLA TESTA - I RICERCATORI DI OXFORD HANNO SCOPERTO CHE IL VIRUS PUO' AVERE UN IMPATTO FORTEMENTE DELETERIO SUL CERVELLO, MISURABILE IN PERDITA DI MATERIA GRIGIA E DANNI AI TESSUTI - GLI SCIENZIATI HANNO SOTTOPOSTO A SCANSIONI CEREBRALI, SIA PRIMA CHE DOPO IL COVID, 785 SOGGETTI TRA I 51 E GLI 81 ANNI E HANNO RISCONTRATO LA RESTRIZIONE DEL VOLUME E IL DETERIORAMENTO NELLE ZONE LEGATE ALL'OLFATTO...


     
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    Silvia Turin per il corriere.it

     

    Diminuzione cervello pazienti Covid 3 Diminuzione cervello pazienti Covid 3

    Il dipartimento di neuroscienze cliniche dell’Università di Oxford ha pubblicato lunedì su Nature uno studio che dimostra come il Covid possa avere un impatto fortemente deleterio sul cervello, misurabile in perdita di materia grigia e danni ai tessuti.

     

    La caratteristiche dello studio

    La ricerca ha coinvolto per la prima volta persone sottoposte a scansioni cerebrali sia prima di contrarre il Covid sia alcuni mesi dopo: sono stati 785 soggetti i cui dati sono stati raccolti dalla UK Biobank (un archivio di prove cliniche provenienti da mezzo milione di persone in Gran Bretagna).

     

    Diminuzione cervello pazienti Covid Diminuzione cervello pazienti Covid

    Ciascuno dei partecipanti è stato sottoposto a due scansioni cerebrali a circa tre anni di distanza, oltre ad alcuni test cognitivi di base. Tra le due scansioni, 401 partecipanti sono risultati positivi al coronavirus, tutti infettati tra marzo 2020 e aprile 2021. Gli altri 384 partecipanti hanno formato il gruppo di controllo perché non erano stati infettati, ma avevano caratteristiche simili ai soggetti del primo gruppo per età, sesso, anamnesi e stato socioeconomico.

     

    Lo studio, che ha coinvolto persone di età compresa tra 51 e 81 anni, ha riscontrato la restrizione di volume e i danni ai tessuti principalmente nelle aree cerebrali legate all’olfatto, che però sono anche coinvolte in altre funzioni.

     

    Diminuzione cervello pazienti Covid 2 Diminuzione cervello pazienti Covid 2

    La seconda scansione cerebrale (per gli infetti) è avvenuta in media quattro mesi e mezzo dopo il Covid: costoro hanno perso più materia grigia (in diverse regioni del cervello) dei partecipanti non colpiti da Covid.

     

    In particolare, tra lo 0,2% e il 2% in più. Hanno anche perso più volume cerebrale in generale e hanno mostrato più danni ai tessuti in alcune aree. La malattia da Covid per loro era stata leggera. Nessuno è stato ricoverato in ospedale (tranne 15 individui per cui i danni al cervello sono sembrati anche maggiori).

     

    Non sono stati riscontrati deficit funzionali

    La causa dei cambiamenti cerebrali non è chiara. Gli autori hanno menzionato teorie tra cui l’infiammazione, la cui prova è stata trovata in altri studi, o la «privazione sensoriale» per la possibile perdita del senso dell’olfatto. In realtà questa è solo un’ipotesi, dato che una limitazione significativa allo studio è che i ricercatori non avevano informazioni sui sintomi da Covid nelle persone prese in esame, incluso se avessero perso o meno il senso dell’olfatto.

     

    COVID CERVELLO COVID CERVELLO

    Al netto della marcata differenza fisica nel cervello tra infetti e non e nonostante i test cognitivi eseguiti, non è chiaro quali siano davvero le implicazioni dei cambiamenti nel volume di materia grigia e non sono state dimostrate da questo studio correlazioni causa-effetto con danni permanenti o disfunzioni di pensiero, memoria o altre funzioni cerebrali.

     

    I test cognitivi somministrati, infatti, non sono stati sufficientemente approfonditi per provare deficit significativi. I danni erano localizzati per lo più su neuroni olfattivi, altre regioni (ad esempio legate alla memoria) non hanno mostrato alcuna alterazione a livello funzionale. La principale valutazione cognitiva in cui i pazienti Covid hanno mostrato un deficit è stata un tipo di esercizio che fa connettere i punti e che coinvolge lettere e numeri alternati: i pazienti Covid hanno impiegato più tempo per completare l’attività, il che potrebbe suggerire punti deboli nella messa a fuoco, nella velocità di elaborazione e in altre abilità, ma - è bene ripeterlo - non è un test risolutivo per la valutazione.

     

    Cosa non sappiamo

    terapia intensiva covid terapia intensiva covid

    Le domande aperte sono ancora molte: la prima, come si è scritto, è se vi siano danni collegati alla riduzione di materia grigia, la seconda è se questo impatto deleterio possa essere parzialmente invertito o se questi effetti persisteranno a lungo termine.

     

    Ad esempio le differenze nelle scansioni del cervello tra persone infette e non infette aumentavano con l’età, possibile indicazione di una migliore capacità di recupero da parte dei giovani.

     

    Altri dati non investigati riguardano i ceppi virali e l’effetto della vaccinazione: l’influsso del Covid sugli organi potrebbe mutare a seconda della variante di coronavirus contratta, poiché Omicron ha, tra i sintomi, una perdita dell’olfatto molto inferiore, si potrebbe ipotizzare un minore impatto anche sul cervello. Infine, la maggior parte dei pazienti infetti ha contratto il Covid entro aprile 2021.

     

    vaccino vaccino

    Collegando questo dato alla campagna vaccinale in Gran Bretagna è difficile pensare che fossero stati vaccinati, anche se non è dato saperlo, ma sarebbe interessante, perché in alcuni casi di Long Covid la vaccinazione ha attenuato i problemi, anche cognitivi, e ha avuto un ruolo nel bilanciare gli effetti a lungo termine della malattia da Covid.

     

    Cosa sappiamo del post Covid

    Quel che è noto da tempo è che il Covid non è un’influenza, ma una malattia multiorgano e multisistemica che può danneggiare varie parti del corpo e può lasciare importanti strascichi. L’anno scorso, un sondaggio pubblicato dai Centers for Disease Control and Prevention Usa (CDC) ha rilevato che quasi due terzi degli americani risultati positivi hanno riportato almeno un sintomo a lungo termine più di quattro mesi dopo essere stati infettati: il 55,5% includeva «disfunzioni cognitive», come difficoltà di concentrazione o perdita di memoria.

     

    variante omicron topi variante omicron topi

    Le complicazioni neurologiche sono state documentate durante e dopo la malattia da numerosissimi studi: ridotta concentrazione, mal di testa, disturbi sensoriali, depressione e persino psicosi possono persistere per mesi dopo l’infezione, come parte di una costellazione di sintomi chiamata Long Covid che può colpire anche i giovani con malattia iniziale lieve.

     

    I meccanismi fisiopatologici del Long Covid non sono ancora del tutto chiari, sebbene l’evidenza implichi principalmente una disfunzione immunitaria. Con milioni di persone colpite dal virus, le complicazioni del sistema nervoso pongono ulteriori sfide alla salute pubblica che si protrarranno per anni e che riguardano la riabilitazione e il recupero delle capacità funzionali.

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