Paolo Giordano per il Giornale
rolling stones madrid
In effetti cosa si può dire a un (quasi) 79enne che alle 10 di sera entra sul palco con il suo bolero di raso rosso e fa subito accendere uno stadio? Quando Mick Jagger apre ufficialmente il Sixty Tour dei Rolling Stones qui al Wanda Metropolitano ci sono 53mila spettatori che, accidenti, si stanno chiedendo se è l'ultima volta che vedranno la madre di tutte le band, quella che è nata ai tempi dei Beatles ma macina ancora record su record e, casomai ce ne fosse bisogno, anche tanti, ma proprio tanti soldi.
E lui, sir Mick, si muove come per dire cari signori io ci godo a farvi divertire. «I Rolling Stones non faranno mai un tour d'addio. Questo è il loro mestiere e continueranno a farlo fino alla fine», dice Patrick Woodroffe che da quarant'anni è il loro «show designer» e li conosce meglio di chiunque altro: «Quando si lasceranno, allora tutto il pubblico dirà che quello di prima era stato il loro ultimo tour».
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Parla sotto il palco che è lungo 55 metri e altro 17 mentre tutti i tecnici stanno preparando gli ultimi dettagli prima che, one two three four!, inizi uno dei rituali più irrituali della storia del rock: un gruppo di ultrasettantenni che suona canzoni vecchie spesso di mezzo secolo e lo fa davanti a un pubblico senza età.
Dall'iniziale Street fighting man a Jumping Jack Flash, da Symphaty for the devil a Gimme shelter a Satisfaction fino a Living in a ghost town uscita durante il lockdown. Inutile dire il boato ogni volta. Sono loro, questi sopravvissuti, la conferma che l'iper giovanilismo è obbligatorio soltanto sui social. Se, per dirla con McLuhan, «il medium è il messaggio», qui il messaggio è più giovane del medium, ossia dei Rolling Stones: la musica che piace non invecchia manco se ha le rughe di Keith Richards (qui con un brutto berretto tinta lavanda) e pure le sue dita artrosiche che vagano sempre più lente sul manico della chitarra. Eppure quel suono è il «suo» suono e lo riconosci subito, appena attacca. Dopotutto il Wanda Metropolitano, lo stadio dell'Atletico Madrid, sembra fatto apposta per accogliere questo concerto rock di una «certa età». «Uno che ha acquistato il biglietto, appena entra allo stadio e vede il palco deve dire wow!». E in effetti.
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Non sarà l'allestimento più spettacolare dei Rolling Stones e quello del tour di «40 Licks» era senza dubbio più maestoso. Qui c'è una sorta di megaschermo con i colori tipici della band e una lunga passerella che arriva fino al cuore della platea. Niente di più. Ma in fondo chissenefrega.
Questo, che parte dopo i mini concerti di Sidonie e della Vargas Blues Band con John Byron Jagger che è il nipote di Mick, figlio del fratello Chris, anch'egli sul palco), è il tour della effettiva rinascita dopo la scomparsa di Charlie Watts perché quello dell'anno scorso era partito giusto poche settimane dopo la morte. Non a caso Jagger dice quasi subito: «Questo è il nostro primo tour senza Charlie». Ed è simbolico che il primo tour europeo senza l'amico di sempre inizi proprio nel giorno in cui Ron Wood (tinta di capelli implacabile) compie 75 anni tondi tondi. Ora alla batteria c'è Steve Jordan, che conosce i pezzi a memoria, ma il suo marchio non è quello di Charlie Watts, così asciutto, così jazz. Durante lo show Charlie viene ricordato qui e là già dall'inizio, senza un vero tributo preciso, perché così piace agli Stones, che sono musica prima di tutto il resto. Specialmente in questo momento.
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In fondo, il tour dei Rolling Stones non è soltanto il giro di concerti della band che fattura come una multinazionale. «È un segnale che la vita sta finalmente tornando alla normalità», dice Woodroffe. Ma quanto costa questo kolossal? Se nessuno parla, almeno lui allude: «Una volta ho organizzato il The Red Piano Tour di Elton John nel quale solo il pianoforte costava più di un milione di euro. Qui è molto di più, è un enourmous amount of money», dice lui e non c'è bisogno di traduzione. Idem per il concerto: parla la lingua più semplice, quella che si capisce subito, quella del ritmo. Non a caso circa seicentomila spettatori in Europa la conoscono così bene da aver acquistato i biglietti per quello che potrebbe essere l'ultimo giro degli Stones sulla pista del rock. Quindi l'importante è goderselo. Perché se sarà davvero l'ultimo lo scopriremo soltanto dopo, tanto loro non lo ammetteranno mai.
Charlie Watts