Matteo Pandini per “Libero Quotidiano”
Mentre Salvini e Maroni bisticciano (sulla linea politica, sulle alleanze, su Parisi, su Mattarella, perfino sul commissario alla ricostruzione post-terremoto) è assordante il silenzio di Luca Zaia.
SALVINI A PONTE DI LEGNO
Perché tace?
Ci sono due interpretazioni. Le linguacce sostengono che il governatore veneto stia aspettando in riva al fiume, facendo scannare i due litiganti in attesa di godere. Obiettivo: prendersi il partito o la candidatura a premier o chissà cos' altro.
Per supportare la tesi, spunta un precedente. Cioè il caso-Tosi. Quando il sindaco di Verona litigava con una fetta di Liga Veneta, anche prima di scazzottarsi con Salvini, Zaia aveva aspettato un bel po' prima di esporsi pubblicamente contro Flavio. Alla fine, però, il governatore l' aveva spuntata dimostrando un' abilità tattica da democristiano scafato.
MARONI
I suoi amici più intimi, invece, raccontano un' altra storia: Zaia è defilato perché è sempre più allergico alla notorietà, è completamente disinteressato alle beghe di partito, sarebbe felice di dedicarsi agli amati cavalli e - nel frattempo - deve governare il Veneto. Non esattamente robetta.
E poi.
Zaia rimpiange di non potersi comportare da cittadino normale. Per esempio in ferie: se non evita la folla si ritrova con gente che gli scatta foto, cerca di attaccare bottone, si dà di gomito: «Hai visto chi c' è?». Addirittura, con i fedelissimi, il Nostro è solito dire: «Non vi rendete conto del valore dell' anonimato!», frase che ha orecchiato da un' intervista a Obama.
Per supportare la tesi dello Zaia intollerante alle risse politiche e concentrato solo sul Veneto, c' è un indizio. Occupa il tempo libero scrivendo un libro, in cui teorizza che l' Italia è un Paese ingovernabile.
Le origini
SALVINI MARONI
Quello che è certo è che la storia di questo trevigiano corre parallela con quella della Liga Veneta, anche se poi si sono incrociate prestissimo. Zaia è originario di Bibano di Godega di Sant' Urbano, circa 6 mila anime vicine a Conegliano, dove il futuro governatore nasce il 27 marzo 1968. Il padre è il meccanico del paese, mentre la madre è una casalinga. Cinque anni dopo arriverà una sorella.
Il giovane Luca inizia a smanettare nell' officina di papà già dai tempi delle elementari, e ancora oggi la giudica una scuola di vita. Motivo: le macchine non parlano. Per scovare il problema, quando i motori non sono farciti di elettronica, è necessario lavorare di cervello.
Ai quei tempi, quasi tutti i meccanici del Trevigiano acquistano viti e carburatori dallo storico magazzino della famiglia Gobbo. Gian Paolo, nipote del nonno-fondatore, diventerà una colonna della Lega Nord nella terra di San Marco.
LUCA ZAIA E RENZO BOSSI
La famiglia Gobbo, già negli anni Ottanta, distribuisce manifesti e volantini della Liga ai numerosi clienti. In breve tempo, in parecchie officine i poster con donne scollacciate vengono affiancati dai manifesti contro «Roma ladrona».
Nelle officine, oggi come allora, gira un mucchio di gente. All' epoca, quel passaparola era efficace come i social network di oggi. Ma perché quasi tutti i meccanici trevigiani e veneti diventano leghisti?
Quando era necessaria la revisione del veicolo, era obbligatorio recarsi alla Motorizzazione. Gli esperti di carburatori e batterie, che per portare a casa gli schei avevano sacrificato gli studi, esibivano quasi tutti la quinta elementare o poco più. E per dare il via libera all' auto dovevano rapportarsi con «l' ingegnere», ovvero il funzionario quasi sempre meridionale.
LUCA ZAIA - Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali
Spesso, stando ai loro racconti, i meccanici si affannavano davanti ai cancelli fin dall' alba, perché prenotare era impossibile e le macchine da controllare un' infinità. Gli artigiani veneti restano al volante in attesa del controllo, mentre i funzionari si presentano con tutta calma: quando cominciano le verifiche trattano con disprezzo quel popolo con le mani callose e sporche d' olio.
È la molla che fa salire parecchi veneti sul Carroccio. Il meccanico Zaia inizia così ad avvicinarsi alla politica. E studia. Si diploma in enologia a Conegliano. Poi si trasferisce a Parma e quindi a Udine. Si laurea in Scienze della produzione animale con due tesi. Una, specialistica, è sull' impatto ambientale dei reflui zootecnici (per capirci, feci e urina delle vacche), l' altra sull' alimentazione del cane sportivo.
Il ricovero
Fa l' obiettore di coscienza e assiste i bimbi con difficoltà (ai tempi non c' erano le maestre di sostegno). Cerca di evitare la visita obbligatoria all' ospedale militare. Rimanda oggi e rimanda domani, un giorno è costretto a recarsi alla clinica di Padova. E gli presentano il conto. Parcheggia la sua vistosa Renegade, sicuro di cavarsela in un' oretta, ma davanti al medico viene fatto spogliare e lo fregano.
MATTARELLA E ZAIA
«Bene Zaia, lei è ricoverato». Gli rifilano una branda col materasso bucato. Lui si vendica facendo impazzire il personale: per un colpo di fortuna, in tasca ha ancora il passepartout che utilizza con le porte della scuola dove fa l' obiettore. L' aggeggio funziona pure con le serrature dell' ospedale! E lui si diverte a spalancare gli usci che conducono alle docce, consentendo a chiunque di infilarsi sotto l' acqua tutti i giorni anziché un paio di volte la settimana. «Chi ha aperto?!?» ringhiano i capoccia senza ricevere risposta.
Ai tempi dell' università, Zaia s' inventa un lavoro. Quello del pr. Non balla, non canta, non si ubriaca, non si droga. Riempie le discoteche. Incrocia animatori della notte che all' epoca sono illustri sconosciuti: Fiorello, Amadeus, Monella, Jovanotti, Pieraccioni.
È il Veneto dove i capannoni iniziano a moltiplicarsi, gli schei girano, impazzano nuovi generi musicali e nascono associazioni singolari come «i genitori anti-rock». In inverno il pr Zaia imperversa nel Trevigiano, d' estate si trasferisce a Caorle. È qui che inizia a presentarsi con i capelli all' indietro: lui giura che usa solo l' acqua, a Roma non gli credono e quando diventerà ministro lo chiameranno Er Pomata. Alla fine degli anni '80 conosce la fidanzata che diventerà sua moglie, Raffaella.
ZAIA
Nei primi anni '90 incontra Bossi. Succede a Codognè, quando lo Stato spedisce un boss al confino obbligato. La Liga polemizza, e dopo pochi giorni arriva Bossi: «Basta essere schiavi di Roma». Il popolo dei meccanici e delle cameriere, come erano dipinte le venete nelle commedie degli anni '70 e '80, si spella le mani.
La prima volta
Novembre '92. Zaia fa il grande salto. Nel suo paese la Liga Veneta vuole presentarsi alla elezioni per la prima volta, ma non trova candidati. Zaia si fa avanti. Viene eletto. Diventa capogruppo. Tre anni dopo ci sono le Provinciali di Treviso. Fa incetta di consensi ed entra in giunta. Assessore all' agricoltura. Il presidente, tal Giovanni Mazzonetto, non è leghista ma gli affida l' assessorato all' Agricoltura.
Budget annuale: 140 milioni di lirette, più o meno 70mila euro. Zaia parla poco e non molla il Carroccio, nonostante le scissioni che agitano il partito nel Nordest. Come lui fa Gian Paolo Gobbo, che a un certo punto resterà l' unico consigliere regionale fedele a Bossi. Nel '98 Zaia diventa presidente della Provincia a trent' anni - record - riconfermandosi nel 2002 dopo aver chiesto a Bossi di andare da solo, senza Forza Italia. I quattrini scarseggiano, e Zaia s' ingegna: per eliminare le erbacce che assediano le tangenziali le fa brucare dagli asini.
zaia salvini maroni
Poi organizza una maxi-campagna sulla sicurezza stradale: ai tempi, il Trevigiano aveva il record italiano per mortalità sulle strade. Zaia punta sulla prevenzione: fa portare fuori dai locali le macchine incidentate, spaventando il popolo della notte, e realizza rotatorie al posto degli incroci.
La sua è una ossessione, tanto che circolano barzellette. Eccone una: Zaia incontra due signore con un cane e domanda: che razza è? La proprietaria non risponde, e quando resta sola con l' amica confessa: non gli ho detto che è un incrocio, altrimenti Zaia me lo trasforma in una rotonda!
I morti al volante diminuiscono: da circa 200 all' anno crollano a una cinquantina.
L' incidente
Una sera, tornando verso casa, Zaia vede una macchina che sbatte contro un muro. Fumo e scintille. Il guidatore - che si scoprirà essere un albanese - è incastrato. Zaia stacca il polo della batteria per evitare il rischio incendio. Il tizio si salva.
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Eppure, il Nostro ammacca l' immagine di paladino della sicurezza stradale quando - nel 2007 - dei poliziotti in borghese lo multano per eccesso di velocità. Quasi 200 all' ora sulla A 27. Tutti lo sfottono: ma come, hai rotto l' anima con spot e rotonde e guidi come in Formula 1?
Lui decide di rifare la patente da zero, come forma di auto-flagellazione. Prende anche quella per i camion con rimorchio. Esame di guida affrontato - e superato - insieme ad alcuni rumeni. Nel 2006 assiste in diretta alla morte dell' imprenditore Giorgio Panto, con cui aveva appena pranzato sull' isola di Crevan: Zaia e altre persone salgono su una barca mentre Panto usa l' elicottero. Precipita in laguna. Inutili i soccorsi.
FLAVIO TOSI E SIMONA VILLANOVA IN COMPAGNIA DI LUCA ZAIA jpeg
Nel 2008 i vertici della Lega chiedono al Nostro di fare il ministro dell' Agricoltura ma lui - impegnato a mettere in piedi un bed and breakfast con la sorella - temporeggia. Poi accetta.
Scatena un putiferio cercando di trasferire l' agenzia per la sicurezza alimentare da Foggia a Verona. Nel 2010 si candida governatore del Veneto, nonostante l' ira del predecessore azzurro Galan, mentre iniziano a circolare pettegolezzi sui rapporti burrascosi con Tosi. Vince le elezioni e si dice contrario alla pillola abortiva e alle adozioni gay. Nel 2015 si ripresenta, ma chiede a Salvini di disinnescare Tosi che da leader della Liga Veneta aveva posto una serie di condizioni.
I critici di Zaia gli rinfacciano di non essersi mosso pubblicamente contro il sindaco di Verona, ben prima che la situazione precipitasse.
La lite con Tosi
Fatto sta che Zaia resta in sella, col sindaco di Verona che va per la sua strada. Supera il 50%. Zaia è un leghista atipico perché misure le parole.
Luca zaia e fans
Evita le tv nazionali, dribbla i quotidiani, preferisce i media locali. Ma anche lì, con moderazione. Clamorosa la differenza, dal 2010 in avanti, con l' omologo governatore leghista del Piemonte Cota. Quest' ultimo imperversava nei talk show e in via Bellerio, Zaia restava nell' ombra.
Gli avversari gli rinfacciano di aver chiesto fondi governativi per sostenere l' alluvione del Veneto del 2010 perché «è una vergogna spendere 250 milioni per i quattro sassi di Pompei». Ha denunciato alcuni servizi meteo che «danneggiano il turismo veneto prevedendo pioggia» anche se poi splende il sole. Una volta s' è lamentato di una fiction poliziesca: gli agenti più simpatici e brillanti erano romani e napoletani. L' unico scemo del commissariato era di Venezia. «Non siamo Zulù» ha poi ringhiato nel 2011 al regista Patierno che accusava i leghisti di razzismo.
OLIVIERO TOSCANI
Ha polemizzato con Oliviero Toscani che ha accusato il Nordest d' essere terra di ubriachi. Ha già detto ai dirigenti regionali che vuol realizzare il programma entro il 2018: le elezioni venete si terranno due anni dopo. Il Nostro, che spinge per il referendum autonomista, potrà ricandidarsi. Resta la domanda. Perché tace?
Nel libro che sta scrivendo, si lamenta perché le Regioni non possono mettere la Fiducia come avviene in Parlamento. Un meccanismo che rallenta i lavori. Anche per questo, giurano i suoi amici, è stufo. E sogna di divertirsi col suo cavallo di 28 anni.
Le linguacce ribattono che Zaia è un lumbard dai modi Dc: fa politica da una vita, altro che allergia alla notorietà! Uno che qualche volta ci azzecca (Bossi) ha detto che sarebbe il candidato premier ideale.