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    I RUSSI VOGLIONO USARE MATTIA SORBI COME PRIGIONIERO DI GUERRA? – IL GIORNALISTA ITALIANO FERITO SUL FRONTE DI KHERSON DOVEVA GIA' ESSERE DIMESSO MA I MEDICI HANNO DECISO DI TENERLO RICOVERATO ANCORA QUALCHE GIORNO – I SERVIZI ITALIANI TEMONO CHE MOSCA POSSA SFRUTTARE L'OCCASIONE PER UN RICATTO, PROPRIO A RIDOSSO DELLE ELEZIONI – ANCHE LA SCELTA DEI RUSSI DI DIFFONDERE IL FILMATO DAL LETTO DI OSPEDALE NON VIENE RITENUTO UN SEGNALE DI DISTENSIONE – L'IPOTESI DI UN'ESFILTRAZIONE APPARE IRREALIZZABILE... – VIDEO


     
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    1 – I MEDICI NEGANO LE DIMISSIONI. I DUBBI DEI NOSTRI 007

    V. Ma. per il “Corriere della Sera”

     

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    La linea concordata era quella della massima riservatezza. Perché il timore è che i russi vogliano sfruttare l'occasione dell'esplosione sulla mina e il successivo ricovero per avviare una trattativa con l'Italia per dimettere dall'ospedale il giornalista Mattia Sorbi è molto forte.

     

    E dunque diplomazia e intelligence avevano stabilito di non rendere pubblica la notizia proprio per evitare che venisse sfruttata ai fini della propaganda di Mosca. Il via libera all'uscita dal nosocomio era prevista per ieri, massimo oggi. Ma quando i medici hanno comunicato che sarebbe stato meglio rimanere almeno due o tre giorni, lo stesso Sorbi ha deciso di far sapere che cosa era successo.

     

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    Ora il caso è sulla ribalta internazionale. Da un lato questo consente di rendere pubblica ogni mossa e soprattutto ogni eventuale passo falso di Mosca. Dall'altro rischia però di trasformare la vicenda in un braccio di ferro con il giornalista trattato come un prigioniero di guerra. Un pericolo che diventa concreto dopo la tensione di questi giorni tra Italia e Russia, con le accuse lasciate dall'autorità nei confronti del nostro Paese - prima amico fedele e adesso schierato con le autorità ucraine e con l'Unione europea sulla linea delle sanzioni economiche e della consegna delle armi - di tradimento.

     

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    Anche la scelta di diffondere il filmato dal letto di ospedale da parte del ministero della Difesa non viene ritenuto un segnale di distensione, così come le parole della portavoce secondo la quale «dall'Italia non abbiamo ricevuto nessuna richiesta per il rimpatrio». In realtà non solo è stato chiesto di poterlo trasferire in una zona più sicura appena le condizioni di salute lo consentono, ma il negoziato è in corso proprio per evitare che Sorbi possa diventare merce di scambio proprio come avviene per i prigionieri di guerra.

     

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    La frase inserita nel comunicato del ministero degli Esteri guidato da Luigi Di Maio non è affatto casuale: «Lavoriamo per farlo tornare». È un'espressione che viene utilizzata quando c'è una trattativa in corso, quando un italiano all'estero non è libero di muoversi e dunque deve ottenere il permesso di chi lo custodisce per far ritorno a casa. Uno dei canali che si sta utilizzando in queste ore passa per il console onorario a Krasnodar Pierpaolo Lodigiani, sperando che non si sia costretti ad alzare il livello del negoziato.

     

    2 – IL RIENTRO DI MATTIA SORBI IN ITALIA È UN CASO: IL RICATTO DI MOSCA ALLA VIGILIA DEL VOTO

    Estratto dall'articolo di Fabio Tonacci per “la Repubblica”

     

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    Un italiano ferito è in mano russa, nella città più delicata del fronte e nel momento peggiore. Perché lì, a Kherson, è in corso la controffensiva ucraina per strappare la città alle forze che l’hanno invasa. Perché qui, in Italia, si è nel pieno di una campagna elettorale che ha nella postura da tenere con Mosca e con il suo zar Vladimir Putin uno degli argomenti più divisivi. E perché nella campagna è coinvolto personalmente il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, al quale piomba sul tavolo una grana diplomatica internazionale a pochi giorni dal voto. […]

     

    Il ministro Di Maio ha però un’insospettabile carta da giocare: il console onorario di Krasnodar, in Russia. Si chiama Pierpaolo Lodigiani e ha amici e buoni contatti proprio all’interno dell’ospedale di Kherson che, nelle prime ore, accettano di fare da intermediari.

     

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    L’idea iniziale è organizzare un’esfiltrazione per motivi sanitari: del resto Sorbi non è un soldato quindi non è un prigioniero di guerra. Si potrebbe fare, se non fosse che è ferito gravemente e non può affrontare i 606 chilometri che lo separano da Rostov sul Don, da dove puntare su Mosca e da lì prendere un aereo per Roma, né è in condizioni di riattraversare il fronte. Non è trasportabile via terra. Passano le ore, le ore diventano giorni, e i russi capiscono che l’italiano ferito alla gamba può essere un’inaspettata merce di scambio.

     

    La notizia sui social

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    La notizia della sua scomparsa comincia a circolare sui social network nella serata di mercoledì. Nella mattinata di ieri sulla stampa italiana compaiono i dettagli: è vivo ma il suo autista è deceduto. A quel punto, esplode la propaganda del Cremlino. Sul canale telegram del ministero della Difesa postano il filmato girato da una tv filorussa in cui si vede Sordi raccontare, per sommi capi e con un filo di voce, quel che è accaduto. Attribuisce il ferimento allo scoppio di una mina. […]

     

    La ricostruzione, priva di riscontri, è accompagnata dalle parole della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zacharova: «Dall’Italia nessuno ci ha contattati». E non sono parole a caso. Di solito quando un cittadino italiano ha bisogno di assistenza in uno Stato estero la Farnesina invia al governo di quello Stato una nota verbale. Che, per Sorbi, Roma non ha mandato e Mosca non ha ricevuto. Se si rivolgesse al Cremlino per un italiano ferito a Kherson, infatti, riconoscerebbe di fatto alla Federazione russa la sovranità su quella regione d’Ucraina occupata.

     

    controffensiva ucraina a kherson controffensiva ucraina a kherson

     

    «Temiamo però che la cosa diventi oggetto di negoziato nella campagna elettorale», dicono a Repubblica autorevoli fonti di governo. Per Di Maio, che non ha mai nascosto il supporto a Zelensky e che ancora in queste ore rivendica la propria distanza da Mosca, è come giocare una mano di poker sul tavolo del baro. Riportare Sorbi a casa senza piegarsi ai ricatti di Putin.

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