Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per la Stampa
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Sono giorni che si sentono quotidianamente al telefono. E lo fanno sapere entrambi perché nessuno, né da Palazzo Chigi né dal Quirinale, vuole che il lungo colloquio di ieri tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni venga caricato troppo di ansia e drammatizzato. Tanto più che la premier, subito dopo, annulla la sua trasferta a Udine, per il comizio di chiusura della campagna elettorale delle Regionali, creando, in un primo momento, il panico tra gli alleati e tutta una serie di interrogativi sulle ragioni della sua improvvisa defezione.
Il contesto è quello che è: l'Italia di fronte al baratro del fallimento sul Piano nazionale di ripresa e di resilienza, l'Europa che vigila severa, convinta che il governo di destra non stia rispettando tutti gli impegni, le polemiche – dure - sul codice degli appalti appena approvato, e l'attacco della Lega scagliato contro il presidente di un'autority indipendente, come l'Anticorruzione. E poi i migranti, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi che sembra ogni giorno più isolato, e il condono inserito nel decreto bollette.
sergio mattarella giorgia meloni
Hanno tanto di cui parlare, Mattarella e Meloni. Non è un incontro come un altro. La premier ha bisogno di una sponda rassicurante e di mostrare pubblicamente che l'asse con il Colle è solido, che il presidente della Repubblica non le è ostile. Ma anche il Capo dello Stato ha fretta di vedere Meloni, perché un chiarimento è necessario. Mattarella vuole avere la certezza che il governo non scivoli verso uno scontro aperto con Bruxelles, che i sovranisti non tornino ai loro istinti primari.
GIORGIA MELONI SERGIO MATTARELLA
La realizzazione del Pnrr è un obiettivo epocale, troppo importante per la stabilità degli equilibri dell'intera Unione. «La vera emergenza» del momento, di cui sono consapevoli tutti e due, non può essere semplicemente liquidata come una complicata eredità del precedente governo. È il senso di quello che Mattarella consiglia a Meloni, dopo le interlocuzioni degli ultimi giorni che ci sono state tra il presidente, l'ex premier Mario Draghi e il commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni, proprio sull'allarme per i ritardi dell'Italia scattato a Bruxelles e la reazione difensiva dei ministri meloniani e leghisti.
sergio mattarella e giorgia meloni alla scuola nazionale dell amministrazione 2
Il piano europeo è la principale portata del pranzo al Quirinale. Parlano anche di altro ma è su questo che si soffermano. Dalle ricostruzioni fatte trapelare, si intuisce che è proprio sui toni che si concentra la preoccupazione di Mattarella. Non vanno esasperati, verso l'Ue, ma anche verso Draghi, accusato dal ministro degli Affari europei Raffaele Fitto di aver imbottito il Pnrr di progetti «irrealizzabili». Meloni non nasconde le difficoltà, e la frustrazione di fronte «a oggettivi ostacoli», a «storici ritardi» sulla capacità di spesa dell'Italia che, si difende la premier, non possono essere addossati al suo governo. Mattarella, raccontano le fonti a lui più vicine, non ha intenzione di commissariare né di strigliare la leader di Fratelli d'Italia.
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