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    "BLOCCATI IN ALBERGO SENZA SOLDI" - I TURISTI RUSSI ACCORSI A MILANO PER LA FASHION WEEK SI SONO RITROVATI DI COLPO CON LE CARTE DI CREDITO AZZERATE E I CONTI DA PAGARE - PER GLI HOTEL DEL CENTRO, IL MERCATO RUSSO E' TRA I PIU' IMPORTANTI: "PER NOI HA SUPERATO DI GRAN LUNGA QUELLO NORDAMERICANO, POSIZIONANDOSI BEN OLTRE IL 20% DELLE PRESENZE"...


     
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    Simona Buscaglia per lastampa.it

     

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    Usciti dalle sfilate, i turisti russi accorsi a Milano la scorsa settimana per seguire la moda, da domenica si sono ritrovati improvvisamente con le carte di credito azzerate e i conti degli alberghi (salati) da pagare. Le sanzioni imposte dall’Europa alla Russia per l’invasione dell’Ucraina, hanno colpito, e duro, perfino nelle tasche di chi era atterrato sotto la Madonnina per una settimana di passerelle e glamour milanese.

     

    «Appena è stato annunciato il blocco delle carte di credito, nel weekend abbiamo avuto dei clienti russi che si sono dovuti attrezzare correndo sabato a prelevare delle somme in contante – spiega Giuliano Nardiotti, direttore del quattro stelle Sina De La Ville – Per fortuna molti avevano pagato già in anticipo con l’agenzia».

     

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    Per gli alberghi del centro, il mercato russo è tra quelli più importanti: «Per noi ha di gran lunga superato quello nordamericano, posizionandosi ben oltre il 20% delle presenze, e attorno al 25% del fatturato – precisa Nardiotti – Il Covid ha cancellato un po’ tutto ma il mercato russo è rimasto forse l’unico, tra quelli extra Ue, sempre presente».

     

    Nemmeno la Fashion Week è riuscita però a dare un sospiro di sollievo agli albergatori: «Avevamo un bel numero di russi che sono dovuti scappare in anticipo e i buyer che sarebbero dovuti venire a ridosso delle sfilate hanno cancellato gli appuntamenti». Ad aggiungersi al quadro delle ricadute dovute alle tensioni internazionali, troviamo i rincari del costo dell’energia: «Eravamo in una situazione di difficoltà per la pandemia, poi è arrivato il caro bollette e ora la guerra – racconta Guido Gallia, direttore dell’Hotel Cavour di Milano – Il mercato russo è al secondo posto nei nostri introiti, se sparisse, insieme a lui se ne andrebbe il 30% circa del fatturato – conclude Gallia – a fronte di una situazione dove siamo a poco più del 50% dei guadagni pre-Covid».

     

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    I russi d’altronde non sono i soli a trovarsi in difficoltà. Il discorso del blocco delle carte di credito vale anche per gli ucraini, pochi, che la scorsa settimana erano arrivati sulle Alpi per sciare. Come nel caso di due famiglie rimaste bloccate agli Appartamenti Vacanze Miramonti di Valtournenche, in Valle d’Aosta: non possono tornare a casa per via della guerra e hanno le carte di credito fuori uso.

     

    «Sono due famiglie di amici, entrambe con figli – racconta il direttore della struttura Valerio Cappelletti –. Erano venute per fare la settimana bianca ai piedi del Cervino. Sarebbero dovuti ripartire domenica. Ora li stiamo ospitando gratuitamente. Hanno amici e parenti nel loro Paese, e sono ovviamente scioccati. Doveva essere una vacanza, si è trasformata in un incubo».

     

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    Preoccupazione anche nel cuore produttivo della Brianza, con il fiore all’occhiello dell’economia del territorio, quello dei mobili, che potrebbe vedere i propri prodotti fermi in magazzino: «I numeri aggiornati fanno riferimento al periodo che va da gennaio a novembre 2021: il valore dell’esportazione verso la Russia di tutta la nostra filiera si attesta intorno ai 400-410 milioni di euro» dichiara Maria Porro, presidente di Assarredo, che rappresenta circa 500 aziende di produttori di mobili italiani.

     

    Ad essere colpito dallo stop è soprattutto il settore dell’arredamento classico: «Molte di queste aziende sono sbilanciate sul mercato russo, che può valere dal 20 al 40% dell’esportazione totale: per loro questo è un momento di grande preoccupazione, anche a causa dei forti rincari che ci sono stati sulle materie prime».

     

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    Tra le aziende brianzole c’è quella di Franco Cappellini, presidente della Cornelio Cappellini: «Noi creiamo prodotti di fascia alta, per i cosiddetti oligarchi, non solo di Mosca, ma anche in altre zone della Russia. Chiaramente quando li si blocca a livello finanziario l’ultimo problema per loro sarà l’arredamento delle case. Noi però abbiamo degli ordini aperti di centinaia di migliaia di euro, che hanno chiaramente degli acconti, il cui saldo può essere però dal 50 al 70 per cento, parliamo quindi di eventuali ricavi in meno anche di oltre 50mila euro a ordine. E se contiamo che dal 10 al 15% del nostro fatturato riguarda il mercato russo, è ovvio che l’impatto potrebbe essere importante. Qualsiasi tensione internazionale coinvolge indirettamente tutto il nostro lavoro. Abbiamo 30-40 dipendenti e siamo solidi al momento ma le conseguenze del conflitto potrebbero essere una battuta d’arresto rispetto a un inizio dell’anno partito invece in netta risalita».

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