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    "SUI SOCIAL MI SCRIVEVANO TI SPACCO LA FACCIA, UCCIDO TUO FIGLIO. MI SONO SCOCCIATO E HO INIZIATO A QUERELARE” - ENZO IACCHETTI E LA BATTAGLIA CONTRO GLI HATER: "IL MIO MEDICO MI HA DETTO: LASCIA STARE. CI SONO SVARIATE CAUSE IN CORSO, LE STO VINCENDO TUTTE, E I SOLDI VANNO IN BENEFICENZA" – RICCI (“DICE CHE SI E’ SBAGLIATO. E MI HA SCAMBIATO PER GIANNI CIARDO CON CUI CI SOMIGLIAMO"), IL DERBY (“QUANDO DOVEVO DIVENTARE FAMOSO IO, HANNO CHIUSO IL LOCALE”), IL "MAURIZIO COSTANZO SHOW" E IL CANE LUCINO CHE HA IL COLORE DELLA PARRUCCA DI DALLA...


     
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    Alessandra Comazzi per Specchio – La Stampa

     

    greggio iacchetti striscia greggio iacchetti striscia

    Enzo Iacchetti, 70 anni compiuti il 31 agosto, cresciuto a Maccagno, sponda lombarda del Lago Maggiore, non lontana dalla Luino di Piero Chiara: si racconta con arguzia e malinconica ironia, sì, proprio malinconica. Cominciando dal suo ultimo libro, titolo Non è un libro, ma solo «una raccolta di pensieri acidi e non», che «costa da zero a un milione».

     

    Si acquista con un'offerta, il ricavato servirà a comprare un'ambulanza da 90 mila euro, «100 col ferito dentro, pacchetto completo», e lui di euro ne ha già raccolti 74 mila. «Parlo del Covid, della chiusura stretta, di cui non bisogna dimenticarsi. Tutti i medici che sono morti durante la pandemia, gli infermieri e anche i pazienti che non sono tornati a casa senza capire cosa fosse successo, per me sono tutti parte di Gesù Cristo. Io non rubo, come mi ha sempre insegnato mio padre, non dico delle bugie nere, qualche "bugietta" bianca sì qualche volta, tipo "non sto bene" perché ho voglia di andare a dormire».

     

    enzo iacchetti ezio greggio occhio a quei due enzo iacchetti ezio greggio occhio a quei due

    Che rapporto ha con la fede? Formula dubitativa, o genere «proviamo anche con Dio non si sa mai»?

    «Non arrivo a quel punto lì perché non sono mai stato un leccaculo. Uno che diventa vecchio e diventa fedele, vuol dire che proprio se la fa sotto dalla paura. Certo, non sono indifferente, a casa ho una collezione di crocefissi: uno ha in croce Ilaria Alpi, uno Giulio Regeni. Mi piace andare nelle chiese piccole, sedermi lì, guardare la Croce, pensare alla sofferenza di quel Gesù che per me è un rivoluzionario. E credo nella beneficenza, nella restituzione di qualcosa da parte di chi ha avuto tanto, come me».

     

    E come la mette in pratica, questa restituzione?

    «Anche grazie ai social, paradossalmente. Mi sono scocciato di rispondere alle migliaia di persone che scrivevano ti spacco la faccia, dimmi dove abiti, uccido tuo figlio.

    enzo iacchetti fa cadere un tartufo 3 enzo iacchetti fa cadere un tartufo 3

    Me ne dicevano di tutti i colori, persino che facevo scommesse clandestine, che ero un debosciato, che ero morto. Io rispondevo a tutti, io personalmente. Il mio medico mi ha detto: lascia stare.

     

    Mi sono spazientito, e mi sono messo a querelare. Ci sono svariate cause in corso, le sto vincendo tutte, e i soldi vanno in beneficenza, appunto. Dopo anni, da Facebook mi sono tolto, su Tik Tok c'è Berlusconi quindi basta e avanza, sono su Instagram perché "Striscia la notizia" percorre anche un binario social, mi dicono "dai Enzo pubblica qualcosa". Durante la pandemia ho pubblicato un po' di pensieri, un po' di solidarietà».

     

    E quel tatuaggio che ha sul braccio, «Libera nos domine»?

    «È il titolo di uno spettacolo teatrale di qualche anno fa, il più bello che ho fatto, scritto da me con le canzoni di grandi autori, Guccini, Gaber, Faletti. "Libera nos domine" voleva essere un urlo verso questo fantomatico Padre Eterno, liberaci da tutti gli imbecilli e dal pericolo che stiamo correndo.

     

    Ricordiamoci che siamo al centro di centinaia di guerre che si stanno sempre più avvicinando. Russia-Ucraina, Israele-Palestina, Afghanistan-Pakistan, prima i Balcani, in Africa muoiono continuamente bambini, noi ammazziamo una donna ogni due giorni e mezzo. Quando mi dicono: guarda il bicchiere mezzo pieno, non ce la faccio. Non sono un pessimista, ma penso che se il bicchiere è mezzo pieno vuol dire che il vino non è buono, altrimenti il bicchiere sarebbe tutto vuoto.

    iacchetti chiambretti iacchetti chiambretti

     

    A Dogliani, dove sono andato per il Festival della tv, mi hanno dato un buon bicchiere di vino, ma non l'ho lasciato mezzo vuoto, ci ho messo un attimo, glu-glu-glu, è andato giù che è una meraviglia. Allora: non si tratta di essere pessimisti, si tratta di essere coscienti. Secondo me siamo fortunati a essere qua, in questo nostro paese unico al mondo, ma stiamo attenti perché il cerchio si stringe. Io sono molto preoccupato».

     

    Anche dalla politica?

    «Di sicuro dobbiamo andare a votare, ricordiamoci che son morte delle persone per darci questo diritto. Lo ricordo sempre a Martino, mio figlio, che è proprio un buon giovane con belle caratteristiche morali, è uno che sa ascoltare. Mi piace, mio figlio».

     

    La tv ha le sue responsabilità?

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    «La televisione fa il "Grande Fratello" perché molti lo guardano, se nessuno lo guardasse farebbero vedere un bel film. Noi che facciamo la televisione non dobbiamo pensare che la gente è un gregge di pecore, dobbiamo preparare un'alternativa, se no la tv invecchia e fra 20 anni non c'è più. Noi facevano 12 milioni 10 anni fa, adesso se ne facciamo 5 ci pagano la cena».

     

    Quando si è reso conto che faceva ridere?

    «In prima media. Però io non facevo ridere, non so neanche se faccio ridere adesso. E non volevo mica fare il comico. Volevo fare il musicista. Alle medie, senza mai prendere lezioni, suonavo tutti gli strumenti che la mia professoressa mi portava. Tra l'altro è ancora viva, ha 103 anni, vive sempre a Maccagno. Quando facevo la seconda media andò da mio papà, e gli disse: "Questo bambino deve fare il conservatorio". E mio padre le rispose: "Il bambino è allergico al pomodoro"».

     

    Era surreale il suo papà?

    «Mi ripeteva: "La professoressa vuol mandarti a fare le conserve al conservatorio", in realtà non poteva pagarmi una scuola costosa a Milano. Ma io volevo tanto suonare, mi sembrava di poter fare solo quello, nella vita. A ragioneria facevo il cretino e mi riusciva anche bene perché un anno mi hanno bocciato per cretinismo e allora ho detto: provo col cabaret».

     

    E come la prese suo padre?

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    «Male. Tra noi c'erano contrasti forti, reali, per nulla scherzosi. Lui aveva una piccola bottega dove vendeva vini, io stavo in casa con i genitori e i miei due fratelli, ma ero un ribelle scalmanato, scappavo. Proprio non voleva che facessi quel lavoro lì, diceva che era un brutto ambiente, e non aveva nemmeno tutti i torti, mi voleva ragioniere, in banca. Un classico. Ma adesso lo capisco, e mi sento in colpa. Lui è morto di tumore a 57 anni, io ne avevo 23: non ho mai provato a parlargli veramente».

     

    Con sua madre, invece?

    «Mia mamma era complice. Mi passava la chitarra dalla finestra, mentre scappavo. È mancata a 90 anni, è riuscita a vedere che con questo lavoro ci campavo, l'ho anche portata al Costanzo Show in prima fila, le hanno fatto un grande applauso».

     

    Ecco, il Maurizio Costanzo Show: quanto è stato importante per lei?

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    «Tantissimo. È stato la svolta. Avevo cominciato con il cabaret, il mitico Derby di Milano, nel 1978. Giravano 12, 13 comici, non di più, quando uno diventava famoso, facevano i provini per prenderne un altro, in circuito. Quando sono arrivato io erano appena diventati famosi Cochi e Renato, Paolo Villaggio, Felice Andreasi, un genio assoluto, mai ricordato a sufficienza. Poi sono diventati famosi Abatantuono, Giobbe Covatta. Quando dovevo diventare famoso io, hanno chiuso il locale. Vado a fare il provino da Costanzo a Canale 5, la prima volta scartato, la seconda preso, avevo 39 anni. Sono state decisive le mie canzoni in 30 secondi. Ho fatto 187 puntate in 4 anni e a Costanzo devo moltissimo. Intanto però guardavo "Striscia" e dicevo: sarei perfetto vicino a Greggio».

     

    Voi avete debuttato insieme nel 1994. Come si lavora con Greggio e con Antonio Ricci?

    «Ricci sconvolgerebbe il festival di Dogliani. Se lo si invita nelle Langhe quando c'è il tartufo, vedi come corre, lui è anche ligure»

     

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    E Greggio?

    «Greggio è un compagno di classe. È un burlone, fa gli scherzi. Io ho un carattere un po' diverso. E abbocco ancora. Poi questa storia di Juve e Inter, non le dico. Lui mi massacra spesso. Perché quando siamo in onda, se c'è Juve-Inter, vince la Juve, e allora mi fa un mazzo così. Quando non siamo in onda vince l'Inter e non posso mandargli altro che un messaggino. Lavorare con lui è un piacere».

     

    Quanto incidete sul copione?

    «Quasi niente. Arriviamo alle 6 del pomeriggio, è già tutto pronto. Noi ci trucchiamo, ci laviamo i capelli, Ezio un po' meno perché ce li ha a spazzola; c'è un camerino più bello del mio appartamento, ci starei lì anche a dormire. Poi alle 7 e un quarto arriva il copione, andiamo in onda e alle 20,15 abbiamo finito. Questi due anni di Covid sono stati tremendi perché stavamo sempre mascherati, nonostante i tre vaccini il Covid è arrivato lo stesso.

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    Superato. Poi non c'era il pubblico. Greggio e io torniamo il 12 dicembre, a fine mese arrivano Argentero e Siani. Argentero: sarete contente, voi ragazze».

     

    Tra lei è Greggio, lei è un po' il clown bianco, che punta su sguardi e mimica facciale?

    «Ho capito che lui era troppo forte, non potevo reagire con la capacità di improvvisazione imparata al Derby. Le faccine mi hanno salvato. Perché Ezio è una macchina. Mi sono detto: se gli rispondo magari si offende. All'inizio avevo un contratto di una settimana. Poi di un anno, poi di 29 anni. Anche se Antonio dice che mi ha scambiato per Gianni Ciardo, il comico pugliese, ci somigliamo. Voleva mettere un comico del Sud con un comico del Nord, e si è sbagliato. Non mi ha mai dato la soddisfazione di dirmi che gli piacevo».

     

    Dopo tutti questi anni, non è stufo di Greggio, di Ricci, della luce della telecamera, di interviste?

    «Ogni tanto sono stanco. Non è vero che a 70 anni, adesso, è come averne 50. Per niente. A 70 anni ne hai 70. Poi che ci sia qualche medicina in più, che fa del bene, sì. Ma ci sono dei giorni in cui mi sento molto stanco e 10 anni fa non lo ero, ma nemmeno tre anni fa lo ero. Questo periodo di pandemia mi ha un po' stroncato. Ma sono felice perché c'è tanta gente che mi vuole bene».

     

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    Lei si riconosce nel ritratto del comico triste, il malincomico?

    «Eh, basta parlare con i miei parenti. È vero che i comici in privato non sono allegri, sì. C'è sempre quello che fa lo sbruffone pure a cena, ma lo fa perché si sente fragile».

     

    Lei è anche attore di sit com, «Benedetti dal signore», «Il mammo». E il teatro?

    «Il teatro mi piace di più. Quelli della mia età comprano la "Settimana enigmistica" per non farsi venire l'ictus. Siccome io non so neanche qual è la capitale dell'Ungheria, cos' ho fatto? Ho cominciato a imparare dei copioni a memoria. E quando ne ho imparato uno, provo a dirlo sul palco. Prima della televisione già facevo il teatro, per cui, quella è la mia Settimana enigmistica».

     

    E adesso cosa prepara?

     «Per la prossima primavera prepariamo "Bloccati nella neve", di Peter Quilter, con Vittoria Belvedere. Siamo una coppia diseguale. Lei ha 50 anni, io sono il vecchio della commedia. C'è un lockdown a causa della neve, nessuno può uscire di casa: lei invece bussa alla mia porta, entra e mi cambia la vita. Io ho chiesto di baciarla alla fine della commedia ma il regista ha detto: no. Non si sa se ci innamoreremo».

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    Ricci dice sempre che un trucco, in tv, è mandare in onda i cani: nella fattispecie il suo. Che ne pensa?

    «Che i cani sono meravigliosi. Io ho portato il mio Willy sul bancone di Striscia, adesso c'è Lucino, che si chiama così perché me l'ha regalato una mia vicina di casa quando era appena morto Lucio Dalla. Lui ha il colore della sua parrucca». 

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